Sindaco e presidente hanno chiesto più volte scusa per il pasticcio sugli atti della TARI
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- Pubblicato Sabato, 03 Ottobre 2020 09:23
- Scritto da Gianni Nicastro
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di Gianni Nicastro
Non è mai successo che in consiglio comunale un sindaco e un presidente del consiglio abbiano insistentemente chiesto scusa a tutti per il ritardo con cui sono stati allestiti gli atti di un punto in discussione. Atti, tra l’altro, relativi a un provvedimento ritenuto da tutti, maggioranza e opposizione, importante ed approvabile nell’interesse dei cittadini. E’ successo nell’ultimo consiglio comunale, quello del 30 settembre scorso. La disarmante superficialità e imperizia dell’amministrazione, insieme al mutismo della maggioranza, hanno dato al consigliere comunale Roberto Romagno, già sindaco di Rutigliano, la possibilità di assurgere a coscienzioso, responsabile e competente oppositore con tutte le défaillance dei suoi dieci anni di amministrazione.
Romagno ha colto in castagna sindaco, presidente del consiglio e maggioranza, sul punto del Piano finanziario e delle tariffe TARI i cui tempi dell’istruttoria degli atti pongono seri dubbi di legittimità in relazione a quanto imposto dal regolamento del consiglio comunale e delle commissioni consiliari. «Mi consenta di dire -ha detto, con tono grave, l’ex sindaco rivolto all’attuale sindaco- che oggi il consiglio comunale sta celebrando una delle peggiori scene mai interpretate in questo consesso». Romagno ha snocciolato le ragioni di queste sue affermazioni. «Lei ha sempre parlato di partecipazione, confronto, condivisione, mi deve permettere di dire che tutto questo, in questa occasione non c’è stato, né tanto meno c’è stata data la possibilità di esprimere il nostro pensiero» sul provvedimento e le tariffe TARI in discussione. Ma, la cosa più grave, sempre secondo Romagno, è che «probabilmente questa volta si è giocato un po’ troppo con l’intelligenza e la dignità dei consiglieri comunali, tutti, di opposizione e di maggioranza».
Le accuse sono state chiare. Una conferenza dei capigruppo, che ha messo all’ordine del giorno il punto sulla TARI, andata deserta -ha detto Romagno- e priva degli atti necessari; la 1ª commissione consiliare convocata il 28 settembre, due giorni prima la celebrazione del consiglio comunale e non tre, come precisamente statuisce il regolamento; non solo. Non si è capito da chi sia stata convocata, dal momento che il suo presidente, il consigliere Diego Difino, ha riferito in aula che non è stato lui a convocarla. Il parere dei revisori dei conti che è arrivato alle 12:00 dello stesso giorno del consiglio comunale fissato per le ore 17:00, quando, insieme a tutti gli altri pareri di regolarità tecnica e contabile, doveva essere messo a disposizione dei consiglieri almeno due giorni prima del consiglio.
«Io mi scuso -ha detto il sindaco - preliminarmente con tutti i consiglieri se ci sono stati dei ritardi, ma per la situazione di estrema urgenza che ci portava ad approvare queste tariffe, e un piano finanziario che richiedeva la validazione di AGER che prima non c’era (e adesso è obbligatoria), considerata l’urgenza, abbiamo cercato di inviare quanto prima tutti i dati ai consiglieri. E mi scuso, mi scuso davvero con tutti se ci sono stati dei ritardi considerato che la validazione di AGER è giunta in data 29-09-2020».
Insomma l’AGER ha inviato la validazione del PEF (piano economico finanziario) della TARI il giorno prima del consiglio comunale che ne doveva approvare le tariffe. Il sindaco, però, non ha detto quando lui, in qualità di assessore, o chi per lui, ha inviato il PEF all’AGER per quella validazione; non ha riferito i tempi di attivazione dell’amministrazione su un provvedimento di cui tutti sapevano l’inderogabile scadenza approvativa del 30 settembre. La fretta e “l’estrema urgenza” da cosa sono dipese? Su questo né il sindaco, né il presidente del consiglio e neanche la maggioranza (muta), hanno dato spiegazioni. La spiegazione è venuta, ancora, da Roberto Romagno, eccola: «Mi è stato riferito verbalmente che tutto dipendeva dalle difficoltà che si stavano avendo dalla validazione dell’AGER, e anche su questo devo dissentire perché ci è stato trasmesso una comunicazione con la quale l’AGER comunica di aver ricevuto in data 28 settembre, quindi solo due giorni fa, la documentazione per la validazione». Svelato, dunque, l’arcano: l’estrema urgenza era dovuta al fatto che la documentazione all’AGER è stata inviata solo due giorni prima della celebrazione del consiglio comunale, e l’amministrazione Valenzano è stata pure fortunata che il commissario Grandaliano quella documentazione gliel’ha validata in un solo giorno. Davvero non si è capito tutto questo ritardo nella preparazione degli atti di un provvedimento così importante come la TARI.
Eppure si sapeva da tempo (dicembre 2017) che all’ARERA (l’Autorità di regolazione per l’energia, le reti e l’ambiente) erano state attribuite “le funzioni di regolazione in materia di predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione” di tutti i costi del servizio integrato dei rifiuti e della sua gestione. Eppure il Metodo tariffario per il servizio di gestione dei rifiuti (MTR), di cui si è parlato tanto in consiglio quella sera, è stato adottato dall’ARERA ad ottobre del 2019, contestualmente alla definizione della documentazione necessaria (PEF, dichiarazione del gestore sulla veridicità dei dati…). Altri provvedimenti di ARERA sono di giugno 2020, i chiarimenti ed approfondimenti dell’ANCI, in merito, sono del successivo mese di luglio. Insomma, si sapeva mesi prima su come ci si doveva muovere per non ripresentare le stesse tariffe dell’anno scorso e attribuire il 25% di risparmio sulla TARI 2020 alle attività commerciali più colpite dal lockdown della prima fase dell’epidemia. Si sapeva, ma l’amministrazione ha, comunque, fatto le cose con “estrema urgenza”, commettendo una serie di errori a cascata per i quali ha in continuazione chiesto scusa quella sera.
Ma la parte più politicamente dolente, per l’amministrazione, l’ha allestita non un consigliere di opposizione, ma uno di maggioranza, il consigliere Diego Difino, che è pure presidente di una delle più importanti commissioni consiliari, la 1ª, quella relativa al bilancio, sulla cui convocazione del 28 Difino ha fortemente polemizzato con il presidente Milillo. Il consigliere ha sollevato una questione che, da sola, basterebbe ad inficiare l’approvazione dell’atto nel caso di un ricorso, di sicuro materia per un esposto al Prefetto.
«Parlo da presidente della 1ª commissione» ha attaccato Difino nel suo intervento. Come da regolamento, spiega il consigliere della lista “Associazione, Libertà e Progresso”, «il presidente convoca e presiede la commissione. Dice bene il dottor Romagno: commissione convocata il 28 settembre: ma chi l’ha convocata la commissione, io?!», ha gridato. Poi si è rivolto al dipendente comunale verbalizzatore della stessa commissione: «Mi dica, il dott. Diego Difino, presidente della 1ª commissione, l’ha chiamata per convocare la commissione? E’ venuto al comune per convocare la prima commissione, sì o no?! E se la risposta è no, nome e cognome della persona che in nome e per conto mio il 28 settembre ha convocato la commissione». Insomma, il fatto denunciato da Difino in consiglio è grave: si è tenuta una commissione che lui, da presidente, non ha convocato ed era l’unico che, per regolamento, avrebbe potuto farlo.
A questo punto il presidente del consiglio ha cercato di metterci una pezza, ha detto di aver chiamato Difino dopo la conferenza dei capigruppo del 25 settembre al quale ha chiesto di convocare la commissione che presiede. Difino, ha riferito il presidente, gli avrebbe detto «Vai Alessandro, o martedì o mercoledì, l’importante che alle 12:30…». Qui Difino lo ha interrotto fuori microfono: «In data 25 settembre, stiamo parlando del 28 settembre!».
Milillo -a quel punto- ha provato ad argomentare che il dipendente comunale non era in servizio, quindi, le PEC di convocazione non sono partite; poi ci sono stati il sabato e la domenica, quindi, il dipende «l’ha fatto il lunedì, ma per mera questione di urgenza» ha aggiunto lo stesso Milillo. «Lei non è il presidente della 1ª commissione», ha gridato fuori microfono Difino, «non è tenuto a convocare la commissione senza autorizzazione».
Insomma, un battibecco tra i due presidenti su una convocazione che, stando alla ricostruzione di Milillo, avrebbe fatto il dipendente comunale perché ha assistito alla telefonata del 25 settembre nella quale Difino avrebbe dato la disponibilità a convocare la commissione. Insomma, un pasticcio; un rimpallo di responsabilità su chi e come abbia convocato quella commissione. Una situazione da cui è venuto fuori tutto l’attrito che c’è fra Diego Difino, il suo movimento, e l’amministrazione comunale; senza quell’attrito le “anomalie” sarebbero passate inosservate da un consigliere di maggioranza.
Uno spettacolo paradossale, quindi, che si è svolto tutto dentro la maggioranza, con Difino che negava di aver convocato la commissione e Milillo che cercava di riparare scaricando, sostanzialmente, la responsabilità della convocazione sul dipendente comunale che, va detto, di sua inizia non avrebbe potuto, solo perché aveva ascoltato una telefonata, convocare la commissione senza l’input di una figura politico-istituzionale. E da quello che si è sentito, sembra di capire che l’input a convocare la commissione sia partito dallo stesso presidente del consiglio pur non avendone titolo.
Una situazione imbarazzante dalla quale Milillo ne è uscito chiedendo la sospensione di qualche minuto del consiglio comunale, sospensione passata con nove voti a favore rispetto a una maggioranza presente di dieci consiglieri, cinque voti contro e un astenuto.
«La sospensione è stata proficua» ha detto il presidente Milillo al rientro in consiglio e anche qui, giù con le scuse: «Prima di iniziare volevo innanzitutto chiedere scusa se abbiamo soprasseduto sul coinvolgimento dei consiglieri di opposizione. Dovevamo farlo in modo diverso, dovevamo essere un po’ più espliciti, più chiari in modo tale da rendere questa discussione più proficua. Chiedo scusa al presidente della 1ª commissione per non aver comunicato questo cambio di data rispetto alla richiesta di convocazione della prima commissione. Chiedo scusa a tutti i consiglieri comunali se questo provvedimento è arrivato in consiglio comunale con qualche criticità che è stata sollevata dai consiglieri comunali». «La discussione unanime da parte di maggioranza e opposizione -ha aggiunto Milillo- ci porta a superare questo momento di tensione che si è creata. Rinnovo le mie scuse all’intero consiglio comunale, ai consiglieri di opposizione, al presidente della prima commissione. Vi ringrazio per la vostra disponibilità».
Anche il sindaco ha richiesto scusa ed ha ringraziato maggioranza e opposizione per l’acquietamento degli animi nell’interesse della collettività. Insomma, tutto è bene quello che finisce bene ma… continua ad esserci uno strascico di inquietudine politica. Messa ai voti, la TARI con le nuove tariffe è passata con nove voti a favore su dieci consiglieri di maggioranza presenti e sei voti di astensione su cinque consiglieri di opposizione presenti. Su un punto così importante il consigliere di maggioranza Diego Difino si è, dunque, astenuto e non perché non fosse d’accordo con il provvedimento, ma per il metodo con cui è stato preparato l’atto.
Non è la prima volta che Difino si astiene, nel consiglio del 30 lo ha fatto anche su altri punti all’ordine del giorno. In un altro consiglio ha anche votato contro un punto in discussione, un fatto anomalo per un consigliere di maggioranza, indice di una certa scollatura politica tra lui e l’amministrazione comunale. Se a questo si aggiunge il fatto che non ha approvato il primo bilancio di previsione dell’amministrazione Valenzano, perché assente a quel consiglio comunale, l’atteggiamento critico di Difino si appalesa ancora di più. Una assenza, quella sul bilancio, dal significato tutto politico. Sarebbe interessante scandagliare l’origine di questo atteggiamento critico, oppositivo, nei confronti della “sua” amministrazione. Un fatto è certo, questo atteggiamento non può durare tutti i cinque anni, arriverà prima o poi ad un punto che potrebbe essere di ricucitura, ma anche di rottura. Nel secondo caso per Giuseppe Valenzano le cose potrebbero mettersi male perché Difino dispone di due voti in consiglio, venuti meno i quali, la maggioranza ha a malapena il numero legale per resistere ai consigli comunali.