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«Le guerre dei poveri», la Lucania raccontata da Raffaele Montesano

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di Teresa Gallone

Per il consueto appuntamento letterario del mercoledì, mercoledì 20 gennaio scorso la Libreria Odusia ha ospitato Raffaele Montesano, autore de «Le guerre dei poveri» (Annulli Edizioni). Ha moderato l’incontro in qualità di relatore e lettore dell’opera l’avv. Michele Pesce. L’opera presentata è la terza pubblicata dall’autore dopo «Notti d’inchiostro» (raccolta di racconti) e «Nemmeno un rimpianto»: Dall’Antologia di Spoon River a Non al denaro né all’amore né al cielo (raffronto e analisi fra l’opera di Lee Masters e la «rivisitazione» di De Andrè).

L’opera è giocata sul contrasto fra «storie», quella nazionale degli ultimi anni 70 scossa da eventi «grandi» e quella di Borgo Nemone, immaginario paese della Lucania, animata dalle vicissitudini interne, non meno significative per gli abitanti che lo popolano. Montesano ha chiarito di essere stato mosso dalla volontà di raccontare la vera essenza della Lucania (lui è originario di Vietri di Potenza) e dalla precedente difficoltà di rendere appieno la realtà da cui proviene.

I personaggi che popolano il romanzo sono il risultato di un «collage» di tratti rappresentativi di individui reali, noti all’autore e portatori di un modo di vivere concreto e pratico. A questo proposito Montesano ha citato l’esempio di un candidato alle elezioni comunali che vedendosi opporre come avversario un maestro elementare, cerca di dissuadere i concittadini a votarlo puntando sull’astrattezza dell’istruzione.
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L’autore ha chiarito un ulteriore punto del suo lavoro, l’attenzione riservata ai modi di dire: questi circoscrivono un evento topico e vanno a formare la base della conoscenza degli abitanti del borgo, sopperendo anche alla mancanza di esperienza diretta. Il titolo stesso è un modo di dire e contiene in sé il senso del contrasto su cui l’opera è giocata: le piccole guerre degli abitanti di Borgo Nemone si svolgono sullo sfondo delle grandi, indirettamente conosciute tramite echi lontani (il parroco del paese carpisce a stento la notizia della morte di Aldo Moro passando per caso da una casa con una finestra spalancata e la televisione accesa).

Di qui Montesano rivela anche ciò che c’è dietro il nome del borgo teatro delle vicende di Rosa (protagonista) e dei suoi compaesani: il toponimo fittizio sarebbe derivato da un’associazione (e da un’assonanza) con il concetto filosofico di «monade», una sostanza (elemento vivo del reale) consapevole di se stessa, completamente autonoma, non influenzabile da agenti esterni e la cui crescita è dipesa solo dalla coscienza di sé. In sostanza Montesano ha plasmato letterariamente un esempio di «monade» poiché Borgo Nemone è elemento vivo su uno sfondo più vasto, ha una propria identità definita da detti ripetuti e luoghi topici di aggregazione, cresce sulla loro base e di rado sfiora l’esterno.

In qualità di lettore dell’opera, il relatore Michele Pesce ha condiviso con il pubblico presente ulteriori peculiarità del lavoro di Montesano, la lingua parlata dai personaggi in primo luogo. L’autore ha infatti dichiarato di aver adottato un italiano risultato di uno sforzo di correttezza da parte dei protagonisti che finiscono per mischiarlo con sintassi e lessico propri del vernacolo. Montesano ha chiarito il suo modo di operare sulla lingua citando l’esempio di suo nonno con istruzione elementare e poca dimestichezza con l’italiano corretto ma forte di concetti ben radicati che gli hanno sempre permesso di destreggiarsi.

Un membro del pubblico e amico dell’autore ha reso nota l’efficacia delle descrizioni, in particolare dei personaggi, chiedendogli poi se ve ne fossero alcuni che non avrebbe inserito nell’opera perché invisi. Montesano ha risposto negando qualsiasi forma di antipatia nei confronti dei suoi protagonisti e comprimari ma dichiarando di essere divertito da questi. Il divertimento provocato dall’osservazione di tratti reali ha portato Montesano alla voglia di mescolarli per farne personaggi che suscitino riso e veicolino quello che è il suo affetto per la terra e il contesto che ha in comune con loro.

Ciò che l’autore ha infuso secondo i lettori presenti è un messaggio di nostalgia. Montesano ha ammesso di aver voluto trascrivere quella che è stata la sua voglia di esperire al di là della «monade» per apprendere quanto più possibile possa arricchirlo e farlo tornare proficuamente al luogo d’origine. In questo senso, l’autore intende la sua partenza e quella di uno dei suoi personaggi come mezzo di scoperta di sé e del valore della propria origine, concepisce il viaggio in senso circolare, con un ritorno e un riversamento della propria ricchezza che acuiscano e vivifichino quella dell’unico posto per cui prova pienamente affetto.



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