Consoli: «Non paghiamo il prezzo al progresso, ma al profitto»
- Dettagli
- Pubblicato Sabato, 10 Gennaio 2015 18:05
- Scritto da Michele Pesce
di Michele Pesce
Interessante confronto sabato 3 gennaio, nella splendida cornice della libreria Odusia, con l’autore Angelo Consoli, Presidente del Circolo Europeo per la terza rivoluzione industriale nonché direttore dell'ufficio Europeo di Jeremy Rifkin, noto economista e saggista statunitense.
Dopo l’ “iBlog” del giornalista Massimo Pillera, protagonista del secondo appuntamento con il caffè letterario firmato Odusia è stato il libro-manifesto “Territorio zero”, edito da “Minimum fax” ed a cura dello stesso Consoli e di Livio De Santoli, professore di fisica alla “Sapienza” di Roma.
Presenti all’evento, tra gli altri, l’Assessore allo sviluppo economico e culturale di Rutigliano Gianvito Altieri ed il vice sindaco, nonché Assessore alle politiche ed allo sviluppo agricolo ed ambientale, Pinuccio Valenzano.
Il libro suggerisce una visione olistica del modo di vivere il nostro territorio, una riflessione sul rispetto per l’ambiente, una sorta di paradigma sulla filosofia delle tre “RI” (risparmio, riuso, riciclo) che dovrebbe, si spera, servire a invertire la tendenza dell’essere umano improntata allo spreco ed arginare le cattive abitudini che stanno pian piano avvelenando la natura e contribuendo ad esaurire le risorse del nostro pianeta.
«Territorio zero è un manifesto politico in cui ci si interroga su un diverso rapporto tra gli esseri umani e gli ecosistemi che lo ospitano. Lo stato delle cose è pessimo, bisogna trovare delle soluzioni e realizzarle insieme». Ha esordito così Angelo Consoli, che di fronte ad un folto pubblico attento e partecipe, ha parlato del suo libro ed ha illustrato in generale i caratteri salienti della “filosofia zero” (zero emissioni, zero rifiuti, chilometri zero). Un programma politico-amministrativo, valide basi tecnico-scientifiche, soluzioni che siano finalmente operative.
In altre parole, il libro-manifesto propone un nuovo modello energetico distribuito, un piano agricolo basato sulla decabornizzazione e sulla valorizzazione delle produzioni locali di qualità, una strategia di promozione ed adozione del risparmio, riciclo e riuso dei prodotti e un nuovo modello urbanistico.
Consoli ne è certo: «Bruciare non serve a niente, la combustione non risolve il problema dei rifiuti, dobbiamo puntare a produrne di meno. Il rifiuto non va differenziato, semplicemente non va prodotto, applicando le prime due “R” della strategia europea: riduzione e riuso. Negozi second life, banca del riuso della materia così com’è».
Un argomento d’attualità anche a Rutigliano, comune capofila nella raccolta differenziata, dove perciò secondo Consoli, si è cominciato a costruire dal tetto e non dalle fondamenta: «Il riciclo è il terzo passaggio, non il primo. Avere l’80% di rifiuto differenziato significa che comunque si continua a produrre troppo rifiuti. E’ sicuramente un atteggiamento virtuoso, ma bisogna andare oltre. Così come è inutile continuare a pensare di costruire termovalorizzatori, ignorando le elementari leggi della termodinamica».
Anche perché, insiste l’autore, «Il rifiuto solido lo facciamo diventare areiforme e, così, lo respiriamo. Poi non ci spieghiamo i tumori. Ma sappiamo cosa abbiamo inalato per 50 anni?».
Consoli, quindi, si è soffermato sul tema del fotovoltaico, percepito come la pecora nera della ricerca energetica: «Nessuno - spiega - sponsorizzerà il fotovoltaico o agevolerà la creazione degli impianti, perché un colosso come l’Enel ci andrebbe a perdere».
Secondo l’autore, è come se, fino ad ora, ci avessero inculcato l’idea che per produrre energia bisogna pagare un prezzo al progresso: «Il vero prezzo lo stiamo pagando al profitto. Siamo i carnefici di noi stessi, sfruttiamo le energie in modo verticistico, le economie di scala in un modello fossile si fanno attraverso grandi concentrazioni in grandi impianti. Ma il modello centralizzato e non distribuito, che non funziona più, ha esaurito la sua efficienza. L’unica soluzione è puntare sull’energia solare, utilizzando un modello distribuito».
In questo senso, il “caso Ilva” è una realtà tristemente esemplificativa del problema: «Taranto, ad esempio, sarebbe potuta diventare una capitale del turismo, invece l’industria siderurgica ha devastato un’area di 70 km quadrati. Stiamo distruggendo la condizioni bioclimatiche che rendono possibile la vita sulla Terra e l’ambiente ci sta presentando il conto».
La strada da seguire, anche per quanto attiene al ciclo produttivo delle materie prime, è quella che porta allo “zero”: «Non c’è bisogno della filiera lunga per produrre cibo. La valorizzazione della filiera corta, anzi, produrrebbe occupazione sul territorio, garantendo al tempo stesso la genuinità dei prodotti. Bisogna cambiare il sistema iniziando dalle piccole cose, per esempio preferendo una sana spremuta ai succhi di frutta confezionati».
Tra le diverse domande poste dal pubblico all’autore, una delle più interessanti è arrivata da Antonella Laricchia, candidata del Movimento 5 Stelle alle “regionalie” 2015, che ha incalzato Consoli sul tema legato all’auspicato utilizzo del motore a idrogeno che incontrerebbe ostacoli soprattutto dal punto di vista dei costi: «Ma la perdita termodinamica e la dispersione che vi è nel ciclo di produzione fossile è enorme - fa notare Consoli -. Creando una filiera dell’idrogeno, invece, i costi relativi sarebbero ammortizzati dalla quantità di energia prodotta e dalla minore dispersione rispetto al motore a combustione interna. Il sistema attuale si regge sulle menzogne sostenute da chi ha voluto imporre un determinato ciclo economico in grado di garantire denaro a poche persone. Il petrolio ed il carbone garantiscono un controllo economico politico e sociale: ben venga, quindi, la fine del petrolio. L’importante è farsi trovare pronti con le nuove tecnologie alternative, bisogna uscire dal pensiero fossile. Siamo diventati schiavi e lo abbiamo permesso».
Certo una visione molto dura dell’attuale stato delle cose, ma estremamente chiara e realistica, che deve spingere ognuno di noi a riflettere e a sposare un progetto virtuoso, con l’obiettivo dichiarato di allungare la vita del pianeta e, di riflesso, quella delle future generazioni.
A qualcuno potrà sembrare un passo troppo lungo, ma probabilmente conviene quanto prima rendersi conto che si tratta della nostra unica speranza.