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A Macerata, solitudine droga e xenofobia

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omicidio-pamela

don pasquale foto
di sac. Pasquale Pirulli

In questi ultimi giorni è salita agli onori della cronaca nera e politica la tranquilla città di Macerata. La prima notizia che ha suscitato la pietà di tutti è stata quella della scomparsa della giovane diciottenne Pamela Mastropierro che allontanatasi dalla comunità che la ospitava ha terminato drammaticamente la sua esistenza. La seconda notizia è quella del raid razzista realizzato dal giovane Luca Traini, il quale scorrazzando per le strade della città ha ferito con la sua pistola sei persone di colore tutte immigrate.

Il vescovo della città Mons. Nazzareno Marconi si è fatto interprete dello smarrimento e del dolore di tutti: “L’omicidio di Pamela nasce in un contesto di droga, c’è un lungo elenco di colpevoli. Tanta gente, ognuno per la sua parte, deve chiedere perdono… La città è spaventata perché continuava a pensarci isola felice. La verità è che si deve smettere di puntare il dito contro qualcuno. Qui ognuno ha fatto meno il suo dovere, e un insieme  di pietruzze è diventano massa…. E’ vero qui abbiamo un problema con la droga, ci sono zone dove lo spaccio non arretra, ma non dimentichiamo che il problema  non è solo chi smercia la droga, il problema sono anche gli acquirenti che in grande maggioranza sono giovani e sono italiani… Se non si fanno discorsi seri e responsabili a livello nazionale, ovvio che certi fenomeni a livello locale possono esplodere nei modi che abbiamo visto.” Egli non si nasconde la gravità della problema degli immigrati e accenna a positivi tentativi di integrazione già avviati: “Qui si è cercato di fare il passo dalla semplice accoglienza all’integrazione. Ma una cosa è farlo con centri e progetti piccoli ma diffusi, un’altra è dover pensare all’integrazione con strutture ipertrofiche che gli stessi gestori faticano a governare. Non basta accogliere senza iniziative di integrazione. Non ci sono alternative all’accoglienza e all’integrazione. Erigendo muri non si risolvono i problemi. Al contrario, e la cronaca ce lo sta dimostrando, ne nascono di nuovi e più gravi”.

Sui fatti di Macerata si è scatenato un confronto politico dai toni molto accesi. Le fantasiose ricostruzioni, delle quali si è fatto interprete e portavoce il leader leghista Matteo Salvini hanno trovato una decisa smentita nelle dichiarazioni dell’avv. Marco  Valerio Verni, zio della povera ragazza, il cui corpo è stato ritrovato sezionato in due trolley nella campagne di Pollenza: “Era impossibile  per lei avere rapporti con gente estranea alla struttura dove si trovava in cura dall’ottobre scorso e in ogni caso la madre e i familiari non hanno mai sentito nominare questo Luca Traini… La violenza non può essere la risposta alla tragedia che ci ha colpiti. Ci sono le aule di giustizia per assicurare i responsabili di questo brutale omicidio… Quello che ora mi interessa è contribuire, anche a nome della mia famiglia e di tutta la comunità civile, a regalare giustizia a Pamela”.

Il problema dell’immigrazione (il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi parla di “bomba dell’emigrazione forte di 600.000 irregolari) non si risolve con proclami xenofobi. La on. Cécile Kyenge, che nel governo Letta aveva guidato il ministero dell’integrazione, propone di mettere il silenziatore alle dichiarazioni esagitate sul web, frequenti in questo periodo di confronto elettorale tra i diversi partiti. Si augura che venga ripristinato il ministero dell’integrazione perché: “Il Paese si sta trasformando sotto i nostri occhi e urge una governance . Il Viminale fa il suo mestiere, ma occorre un ministro per prevenire i conflitti e un piano strategico per integrare chi entra sul territorio sia in modo temporaneo sia per una lunga durata”. Al segretario della Lega Matteo Salvini che promette di “buttare a mare gli immigrati” lei dà questo deciso altolà: “La smetta di strumentalizzare. Quando si votavano le modifiche al regolamento di Dublino che aiutano l’Italia a non essere più sola nel fronteggiare le migrazioni, i suoi alleati erano in aula a votare con noi  e abbiamo votato insieme. Ma lui era assente”.
Un richiamo ad un comune atteggiamento di responsabilità ritroviamo nelle parole del premier Paolo Gentiloni che dichiara: “Odio e violenza non riusciranno a dividerci. Delitti efferati e comportamenti criminali saranno perseguiti e puniti, questa è la legge, questo è lo Stato”.

Più decisa è stata la condanna del raid di Macerata da parte di Franz Timmermans, vicepresidente della Ue, il quale ha così stigmatizzato la drammatica vicenda: “Un attacco volontario ai nostri valori fondamentali, un tentativo di distruggere il tessut6o che ci lega come europei… E’ nostro dovere condannare questa violenza e la spregevole ideologia alla base. Sei persone sono state bersaglio di una sparatoria in Italia a causa del colore della loro pelle. Vittime innocenti di una violenza causata da razzismo e xenofobia odiosi”.

Con equilibrio e responsabilità il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha richiamato tutti all’autentico senso della comunità: “L’Italia ha bisogno di sentirsi una comunità nella quale tutti siamo legati. Ha bisogno di sentirsi comunità senza diffidenza. La mancanza di senso di comunità porta a diffidenza, intolleranza e a volte alla violenza… Non mi stanco mai di sottolineare come il nostro Paese abbia bisogno di sentirsi una comunità di vita in cui si vive legati da sorte comune e in cui si vive insieme agli altri, non con diffidenza ma con gli altri, vivendo insieme… Il senso del bene comune è fondamentale!”.       

Dai fatti avvenuti a Macerata oltre al compianto per la giovane Pamela che nella sua solitudine aveva cercato rifugio nella droga deriva una lezione a saper costruire una comunità che non emargini nessuno ma integri con senso di giustizia e di speranza di serena convivenza civile.

 

 

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