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Congresso braccianti FLAI-CGIL, intervista a Filippo Masotti

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Ieri sera in sala consiliare si è tenuta l’assemblea congressuale territoriale del sindacato più rappresentativo della categoria dei braccianti agricoli, la FLAI-CGIL. A Rutigliano il capolega della FLAI è Filippo Masotti, che abbiamo intervistato non solo sui temi specifici del congresso, ma anche sull’agricoltura a Rutigliano, sull’occupazione e sulle imprese agricole.

Prima di passare all’intervista vi diamo conto dell’elezione del “Comitato degli iscritti” FLAI che si rinnova ad ogni tornata congressuale. Si tratta di un comitato che si riunisce per discutere, e organizzare iniziative, sulle questioni che riguardano l’agricoltura, il lavoro, i braccianti. Nel Comitato degli iscritti ieri sono stati eletti Filippo Masotti (coordinatore), Domenica Gallone, Giovanna Dalba, Carmela Torres, Trifone Sanitate, Haka Alban (albanese), Lorenzo Diomede, Francesco valenzano e Vito Vavalle.interv masotti-flai 1

Come è andata, quali sono stati i temi sui quali avete discusso.
«Si è dibattuto sulle questioni che interessano la categoria dei braccianti: il mancato rispetto dei contratti, gli orari di lavoro, la questione della legalità. Poi, chiaramente, si è passato ai temi più generali del lavoro e dell’occupazione e si è parlato anche dell’Europa...»

Della Politica Comunitaria Agricola.
«Sì, anche delle questioni fiscali e del problema delle pensioni. Abbiamo rinnovato l’invito ai lavoratori a sostenerci perché sono grandi battaglie, fondamentali innanzi tutto per la democrazia, per la rappresentanza e perché, con i tempi che corrono,  la crisi, si fa fatica a sostenere economicamente la famiglia. Una crisi che sta pesando nonostante, dal punto di vista occupazionale, non stia incidendo molto sull’agricoltura anche se lo sfruttamento è diffuso, come diffusa è l’illegalità, stando alle cose che ci vengono a raccontare i nostri iscritti».

A proposito della questione del lavoro in agricoltura a Rutigliano. Dal punto di osservazione della FLAI, qual è la situazione, sia per quanto riguarda l’occupazione, la sua qualità, sia per quel che riguarda la piaga del lavoro nero e del caporalato.
«C’è una buona occupazione in agricoltura nonostante quello che sta succedendo in altri settori come l’edilizia, la metallurgia, i servizi, settori nei quali le imprese chiudono ormai ogni giorno. In agricoltura, tutto sommato, le aziende -agricole e ortofrutticole- presenti sul nostro territorio per fortuna non chiudono, stanno lavorando. Non c’è, quindi, una minore occupazione, questo, almeno, dal mio osservatorio. Però, la contraddizione è che non si tratta di una buona occupazione perché i lavoratori sono sottopagati...».

Ma sono regolari, assicurati?
«Assicurati sì, almeno nelle grandi aziende, quelle più significative presenti sul territorio; qui possiamo dire con certezze che sono assicurati. Nelle piccole  e medie aziende, quelle prettamente agricole che lavorano nelle campagne, lì c’è sicuramente l’illegalità soprattutto per quanto riguarda la manodopera extracomunitaria. Molti di questi braccianti lavorano a nero, e non solo loro, perché c’è una massa di lavoratori pensionati o che “arrotondano” con il lavoro in campagna».
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Quindi, c’è una differenza tra il lavoro nelle aziende ortofrutticole, del confezionamento e commercializzazione dell’uva, più garantito, e il lavoro sul campo, nelle aziende agricole, meno garantito.
«Sì, certo, questa è la differenza. Nel settore ortofrutticolo ci sono maggiori garanzie anche se, qui, i problemi che avvertiamo sono i lunghi orari di lavoro. Immagini che qui, almeno stando alle notizie che arrivano nelle nostre sedi, si fanno le dieci, undici ore di lavoro al giorno...».

Nei magazzini.
«Sì. E’ vero che sono assicurati, è vero che sono più garantiti rispetto al lavoro che si fa nella aziende agricole, però sono più sfruttati».

Mi pare di capire che, nonostante i morsi della crisi, della congiuntura economica generale, il settore agricolo tiene a Rutigliano.
«L’economia agricola, dal nostro osservatorio, tiene, stando a quelli che sono i dati occupazionali. Non si è vista gente che viene espulsa, licenziata. Mentre negli altri settori lo viviamo quotidianamente, soprattutto nell’edilizia a Rutigliano. Ormai per trovare lavoro in edilizia si deve andare fuori regione».

In agricoltura, lei dice, il lavoro c’è sempre.
«L’agricoltura, per fortuna, sta tenendo dal punto di vista occupazionale».

Ci può dare dei numeri, per esempio, quante imprese agricole e ortofrutticole ci sono e se sono attive, quanti lavoratori sono occupati in agricoltura a Rutigliano.
«I dati ufficiali sono quelli degli elenchi anagrafici. Diciamo che, sulla base di questi elenchi, a Rutigliano, c’è una occupazione che si aggira intorno ai 2800-3000 braccianti agricoli».

2800-3000 addetti occupati nel settore agricolo!
«Sì, quelli registrati negli elenchi anagrafici».
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Insomma, un buon livello di occupazione.
«Sì, un buon livello di occupazione».

In questa importante platea di lavoratori che l’agricoltura assorbe qual è la percentuale di lavoro immigrato.
«E’ una buona percentuale adesso, perché, di anno in anno, lo vediamo dagli iscritti negli elenchi anagrafici. Secondo me c’è un buon 30% di sicuro».

Questo 30% di lavoratori immigrati è in competizione con i lavoratori rutiglianesi?
«Io ritengo di no, anche se c’è sempre qualcuno che, magari, la pensa in modo contrario. Però...».

Oggettivamente, al di là delle idee e della mentalità di qualcuno.
«Oggettivamente io ritengo di no».

Quindi, non c’è concorrenza tra lavoratori stranieri e italiani.
«Lei pensi che, durante alcune fasi lavorative, non si riesce neanche a trovarla la manodopera. Mi riferisco ai periodi della copertura dei teloni, qui purtroppo ci sono dei momenti in cui non si riesce a trovare gente. Per cui io ritengo, dal mio punto di vista, che i due tipi di lavoratori possano coesistere senza problemi, almeno... io non ne avverto».

Perché il settore agricolo offre occupazione.
«Certo, c’è offerta di lavoro. Se in agricoltura ci fosse contrazione del lavoro e dell'occupazione, è probabile che qualche problema lo avremmo. Però, vivaddio, noi abbiamo un settore agricolo che riesce ancora a dare lavoro, a far mantenere le famiglie».


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