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Lettera al Rev. Prof. HANS KUNG, Università di Tubinga

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Hans-Kung


Sac. Pasquale Pirulli

don pasquale fotoChiar.mo e Molto Rev.do Prof. Hans Kung,
indirizzo questa lettera alla tua sede universitaria di Tubinga e precisamente al Dipartimento di Teologia Ecumenica che tu hai fondato, dopo che ti è stata ritirata la missio canonica di docente di teologia cattolica.

L’occasione per questo dialogo epistolare che non poteva mancare per il ruolo di enfant prodige o se vuoi, con un termine che ti aiuterà a recuperare i ricordi del tuo soggiorno a Roma, di mattatore della teologia, che sempre hai svolto con acribia tutta tedesca o, se vogliamo, con la precisione di un  orologio svizzero, è stata la pubblicazione e la lettura del tuo corposo volume autobiografico “UNA BATTAGLIA LUNGA UNA VITA: IDEE, PASSIONI, SPERANZE – IL MIO RACCONTO DEL SECOLO” di ben  1172 pagine.

Non nascondo che il titolo del volume richiama un altro testo che ha segnato la storia drammatica dell’ultimo secolo “Mein Kampf” (La mia battaglia) di Adolf Hitler, che era stato dettato dall’autore al compagno di prigionia Rudolf Hess nell’inverno del 1925 nella cella del carcere di Landeberger . Mi auguro soltanto che tu, che nei tuoi anni di formazione romana presso la Pontificia Università Gregoriana hai rivestito la rossa talare con fascia nera del Pontificio Collegio Germanico e Ungherese, non abbia volutamente pensato a questo provocatorio riferimento bibliografico imbarazzaante...

Proprio la tua frequenza alla PUG, nella quale ho frequentato alcuni anni dopo di te il corso presso la facoltà di Filosofia, è stato il motivo della attenzione di tanti anni alla tua vicenda e alla tua produzione teologica, che ti hanno visto prima teologo durante il Concilio Vaticano II insieme al rev. D. Joseph Ratzinger, poi papa Benedetto XVI, e poi autore di opere che hanno provocato la tua emarginazione dalla comunità della Chiesa, che ti ha privato nell’anno 1979 della missio canonica di docente di teologia presso la Università di Tubinga.

Al volgere dei tuoi novant’anni (sei nato a Sursee in Svizzera il 19 marzo 1928)  avverti la necessità di tracciare un consuntivo della tua avventura esistenziale: “Non è un’autobiografia classica, bensì un racconto della mia vita che si intreccia alla riflessione sulla storia di un’epoca, della Chiesa, della teologia e della religione”. Preferisci darti la qualifica di “un teologo testimone del proprio tempo” e a chi potrebbe accusarti di aver espresso «critiche» anche sui papi ti difende affermando: “Non è una «vHans-Kung-libro1endetta» personale: la comprensione per le posizioni e le scelte altrui non mi fa certo difetto”. Ecco la tua giustificazione del titolo: “Ma in ciò che è decisivo non si tratta di sensibilità personali, ma di una grande battaglia per la verità che deve essere condotta in libertà. E questo richiede spesso una penna tagliente”.  

Dopo aver frequentato i corsi istituzionali delle facoltà di Filosofia e di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana e tra i tuoi docenti ci sono professori che ho conosciuto durante gli anni 1958-1959, per il tuo dottorato presso l’Institute Catholique di Parigi, scegli di confrontarti su un tema di frontiera, quale è quello della «giustificazione in dialogo con Karl Barth», prestigioso esponente della teologia riformistica, che riconosce come leader storico Martin Lutero.

Nel 1960 sei chiamato ad insegnare teologia cattolica presso la Università di Tubinga e qui più tardi avrai come collega docente di dogmatica JosephRatzinger. Più tardi voi due sarete presenti al concilio Vaticano II in qualità di esperti. Proprio nella stagione conciliare tu ti soffermi sulla tematica ecclesiologica pubblicando i volumi: La Chiesa, Le strutture della Chiesa, Veracità. Per il futuro della Chiesa, Riforma della Chiesa e unità dei cristiani.

Il testo che scatena la reazione della Congregazione per la Dottrina della Fede è quello pubblicato nel 1970 dal titolo “Infallibile” che vivacemente contesta il dogma dell’infallibilità pontificia definita nel Concilio Vaticano I. Non curante delle critiche ricevute tu insisti ancora sul tema controverso con il volumetto “Fallibile? Un bilancio”.

Dopo la burrascosa stagione ecclesiologica ti impegni in opere di grande spessore teologico: «Incarnazione di Dio. Introduzione al pensiero teologico di Hegel, prolegomeni ad una futura cristologia» e poi ancora «Essere cristiani», «Dio esiste? Risposta al problema di Dio nell’età moderna», «Vita eterna?».

Nella tua vasta produzione non mancano volumetti che hanno il taglio del pamphlet per la loro vivacità polemica: «Preti perché? Un aiuto», «20 tesi sull’esser cristiani», «10 tesi sulla donna nella Chiesa», «Contro il tradimento del Concilio», «La dignità della morte. Tesi sull’eutanasia», «Wojtyla, il Papa che ha fallito».

Incurante dei tanti richiami a una espressione ortodossa della propria fede e dal tono meno violento nella contestazione della tradizione della Chiesa di Roma, tu, nonostante la mediazione del card. Julius Dopfner, arrivi allo scontro decisivo con la Congregazione per la Dottrina della fede, presieduta dal card. Joseph Ratzinger, che il 18 dicembre 1979 ti ritira la missio canonica all’insegnamento della teologia cattolica presso la università di Tubinga.
Nonostante questo duro colpo tu continui a rimanere sacerdote della chiesa cattolica e ottieni dalle autorità accademiche che la tua cattedra sia denominata «Istituto di ricerca ecumenica».

Ti soffermi nelle tue note diaristiche a ricordare l’anno 1978  che qualifichi come “anno dei tre papi”. Nei confronti di Paolo VI, di cui la Chiesa ultimamente, il 14 ottobre 2018, ha riconosciuto ufficialmente la santità, esprimi un giudizio positivo e nell’attesa della nomina del nuovo papa stili il tuo consueto pamphlet dal titolo «Di che papa abbiamo bisogno?».
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Nei confronti di Giovanni Paolo I “il papa dei trentatré giorni” raccogli la versione popolare circa la sua scomparsa repentina scrivendo: “La misteriosa morte del papa e altri misteri vaticani”. A mio modesto parere potevi risparmiarti o eventualmente attenuare i tuoi strali di critica nei confronti di papa Giovanni Paolo II esternando queste affermazioni discutibili: ”Un papa polacco legato all’Opus Dei”, “Giovanni Paolo II: un papa che rifiuta il dialogo”, “Il papa della restaurazione: Karol Wojtyla”; “Il papa più contraddittorio del XX secolo”.

Ormai libero dal seguire gli schemi della docenza della teologia cattolica ti apri ad iniziative culturali diverse promovendo progetti pilota: i paradigmi nella teologia; donna e cristianesimo; teologia e letteratura, religione e musica; religione e scienze naturali. Ormai diventato una star della comunicazione religiosa per un decennio tieni conferenze e corsi in America e nell’ambito dell’istituto di ricerca ecumenica dell’università di Tubinga, di cui sei fondatore e direttore, avvii dialoghi di conoscenza con le altre religioni: islam, ebraismo, religioni dell’Oceania, dell’India, dell’Africa, della Cina. Ti impegni attraverso il dialogo con le religioni a proporre un ethos mondiale per assicurare la pace all’umanità.

Dinanzi al lungo tramonto di papa Giovanni Paolo II tu scrivi di “simbolo di una Chiesa decrepita”. In attesa del conclave dell’anno 2005 tu lo qualifichi “addomesticato” e dichiari che “Il mio candidato ideale: il card. Martini”.
Nei confronti del tuo vecchio collega Joseph Ratzinger eletto papa con il nome di Benedetto XVI  tu parli di: “enorme delusione” e poi valuterai come “prime delusioni” alcune tappe del suo pontificato: “Ratisbona, Istanbul, Costantinopoli, Aparecida, Washington”. Non mancheranno anche accuse quanto mai pesanti: il papa pesca in acque anglicane, copre gli abusi sessuali, rifiuta le riforme, si distacca dal Concilio, ecc.  

Tuttavia ti soffermi a descrivere la tua sorpresa per l’invito ricevuto di un incontro, dopo che tu in data 30 maggio 2005 gli hai indirizzato una lettera di saluto e d’augurio nella quale puntualizzi lo scopo dell’incontro richiesto: “Di certo non La pregherò di restituirmi la missio canonica… Per me non si tratta dunque della mia persona, ma della comune causa cristiana….Per molti in tutto il mondo sarebbe un immenso segnale di speranza del suo pontificato se si giungesse a un tale colloquio Dovrebbe esser possibile anche ora tra Lei e me; uno scambio di idee serio, sincero e amichevole anche sulle nostre differenti concezioni riguardo il futuro della Chiesa, il quale sta a cuore a entrambi”.

Il papa risponde con una cordiale lettera il 15 giugno 2005 nella quale puntualizza due diverse modalità dell’incontro da te richiesto: la prima è quella istituzionale nella quale sono coinvolti i vescovi di Basilea (diocesi di nascita e di appartenenza)  e gli organismi della congregazioni romane (Congregazione per la Dottrina della Fede; Congregazione delle Università cattoliche, Congregazione del Clero. Segreteria di Stato); la seconda è quella dell’incontro come “scambio amichevole di idee, in cui ognuno impara a suo modo, ma nessuno cerca di portare a casa convalide di qualsiasi tipo”.  Nell’imminenza dell’incontro con Benedetto XVI in un ristorante di Castel Gandolfo tu scambi qualche battuta con il card. Carlo Maria Martini: «Papa Ratzinger può ancora cambiare?» e il card. biblista risponde: «Sì, sì, ma  solo lentamente».

Finalmente quelli che erano stati i due periti teologici del Concilio Vaticano II si ritrovano di fronte nel pomeriggio  24 settembre 2005; non si vedevano dal 1983 quando si erano incontrati al collegio religioso sul Chiemsee. Il papa rimane sorpreso quando tu gli dici che già nel lontano 1948 insieme ai compagni del primo anno del Germanicum e agli ordinandi eri stato ricevuto da papa Pio XII ed egli commHans-Kung-libro3enta che oggi non si potrebbe fare perché ci sono molti collegi a Roma che vorrebbero fare lo stesso. Vi confrontate su tre temi: il rapporto tra religione e scienze naturali; il dialogo tra le religioni, i comuni standard etici dell’etica mondiale.

Durante una passeggiata nel parco della villa conversate sulla politica internazionale e tedesca e poi ancora sulla situazione della Chiesa cattolica in Irlanda e in Spagna. Tu ti esprimi positivamente sull’ipotesi che il governo italiano potrebbe approvare la registrazione civile delle unioni omosessuali che è nel programma del governo presieduto da Romano Prodi, ma poi anche il Vaticano “preferirà come capo del governo  italiano il più frivolo Silvio Berlusconi, che a parole si batte per la morale sessuale cattolico-romana, ma nei fatti ne offre una versione molto più mondana” (p. 1029).  Dopo quattro ore l’incontro ha termine e vi accordate su un comunicato congiunto da trasmettere alla stampa.

Nei confronti di papa Benedetto XVI tu esprimi questo giudizio: «…è uno studioso piuttosto tranquillo, pensoso, impegnato per la riflessione, che non ama le grandi apparizioni pubbliche; un pastore piuttosto lento, che procede a piccoli passi, ha bisogno di tempo e cerca con piccoli cambiamenti di metterne in moto dei grandi, è favorevole alla collegialità (Sinodo dei vescovi); un conservatore ancora libero in alcuni punti e capace di iniziative sorprendenti (cf il dialogo con lo stesso Kung); uno che subisce la forte pressione dette tendenze wojtyliane della curia che cerca di superare con una "discontinuità dolce"» (cf p. 1032).

Nei tuoi ricordi valuti criticamente alcune iniziative del papa Benedetto XVI e ti riferisci agli incontri avuti a Ratisbona (con il discorso all’Università del 12 settembre 2006); a Istanbul (30 novembre 2006: con la sosta nella basilica di Santa Sofia e la preghiera insieme al gran mufti nella Moschea blu); a Costantinopoli (incontro con il patriarca Bartolomeo I); ad Aparecida (13 maggio 2007 in cui ci si confronta con la conquista spagnola dell’America latina); Washington (16 aprile 2008 l’incontro alla Casa Bianca con il presidente George W. Bush).

Circa i rapporti con gli Anglicani tu rimproveri papa Benedetto di non aver fatto passi concreti nel riconoscimento delle ordinazioni sacerdotali e nell’avviare celebrazioni eucaristiche comuni tra la Chiesa di Roma e quella di Canterbury. Rimane sempre come barriera la spinosa questione del primato del papa.
Non molto positivo è il tuo giudizio sulla trilogia cristologica del papa Benedetto XVI e parli di una trovata di “politica ecclesiastica”: “Io ho accettato di misurarmi con il metodo storico-critico, mentre Ratzinger gli tributa solo belle parole; ignora i risultati della ricerca storico-critica, scomodi per la dogmatica, e li aggira argutamente con citazioni dei Padri della Chiesa e della liturgia. La sua immagine di Gesù «dall’alto» è ispirata dal dogma dei Concili ellenistici del IV e V secolo e dalla teologia di Agostino e di Bonaventura. Interpreta i Vangeli sinottici, non senza circoli viziosi, a partire dal Vangelo di Giovanni e quest’ultimo a sua volta a partire dal Concilio di Nicea (325), che io invece giudico sulla base del Nuovo Testamento. In questo modo lui presenta un’immagine di Gesù fortemente divinizzata, mentre io esamino a fondo il Gesù storico e il conflitto che gli costerà la vita con la gerarchia religiosa e la devozione farisaica. Il ritratto di Gesù fatto da Ratzinger è solo un esempio delle debolezze della sua teologia” (cf p. 1049).

Non tralasci nella tua polemica il ricorso al gossip, testimoniato dal volume di Gianluigi Nuzzi  («Sua santità. Le carte segrete di Benedetto XVI», ediz. Chiarelettere 2012), e tranci un giudizio apodittico: “Le sue sorprendenti dimissioni nel 2013 che non avvengono sotto buoni auspici, gli assicureranno però un buon posto nella storia della Chiesa del XXI secolo. Lo devo comunque dire: Ratzinger e ilHans-Kung-libro4 suo predecessore Wojtyla hanno lasciato in eredità alla Chiesa un cumulo di macerie” (cf p. 1051).
Tu rimani sorpreso dalla coraggiosa decisione di Benedetto XVI che l’11 febbraio 2013 annuncia le sue dimissioni e al nuovo papa Francesco che si incammina sulle orme di San Francesco di Assisi della povertà, dell’umiltà e della semplicità, con spirito polemico auguri di realizzare la riforma della Chiesa da te sognata per tutta la vita.

Concludi la tua lunga biografia ripetendo l’invocazione del salmista: “In te Domine speravi non confundar in aeternum” (Sal 71,1)  e preghi: “Ti ringrazio per questa vita con tutti i suoi misteri e le sue stranezze. / Ti ringrazio per tutte le esperienze, quelle chiare e quelle oscure. / Ti ringrazio per tutto quello che è riuscito e per tutto / ciò che tu alla fine hai volto in bene. / Ti ringrazio che la mia vita è potuta diventare una vita riuscita, / non per me solo, ma per coloro / i quali hanno potuto parteciparvi…. Così, tranquillo e fiducioso, / pongo anche il mio futuro nelle tue mani. / Siano molti anni o solo poche settimana, / mi rallegro di ogni nuovo giorno che mi è donato / e lascio a te in piena fiducia senza preoccupazione e angoscia / tutto ciò che mi attende./ Perché tu sei come l’inizio dell’inizio e il centro del centro / come anche la fine dei fini e il fine dei fini. / Ti ringrazio, mio Dio, / perché tu sei misericordioso / e la tua bontà dura in eterno. Amen. Così sia!” (cf p. 1112).
    
Non sono d’accordo sulla tua supponenza nel proporre alcune tesi teologiche ardite specialmente circa l’infallibilità del papa, circa il Gesù storico mettendo la sordina al Cristo della fede, circa la riforma della Chiesa che dovrebbe recuperare le istanze dell’ortodossia e della riforma nei confronti dello strapotere teologico e politico della sede di Roma, circa il sogno di una “sinfonia” religiosa che mette a tacere i rumori delle guerre tra i popoli e faccia volare la colomba della pace.

Ho riletto con attenzione la tua ricostruzione di alcuni eventi storici e di alcuni incontri con protagonisti della storia del mondo, dell’Europa e della Chiesa. Il tuo corposo volume rimane un documento che rilegge, sia pure con spunti pregiudiziali del tutto personali, la storia di ben quasi novant’anni. Auguro a qualche amico il coraggio di affrontare la dura ed esaltante fatica della lettura e di giungere alle ultime pagine di questo impegnativo lavoro, che permette di ripercorrere le vicende di un protagonista a volte scomodo della vita della Chiesa di questo ultimo secolo.

Al polemico e scomodo teologo ecumenico Prof. D. Hans Kung con la cordialità propria dei “romani” (perché nella frequenza della PUG tutti si ritrovano ad essere “romani” di quella fede fondata dagli apostoli Pietro e Paolo) auguro: Ad multos annos! Ad multos labores! Ad aeterna praemia!

Caro D. Hans ho avuto notizia del tuo decesso, avvenuto appena ieri alla veneranda età di novantatré anni, e devo confessare che mi dispiace. Adesso potrai contemplare quel volto splendido del Cristo che hai sempre creduto e ripetergli che hai amato la Chiesa e la verità e hai consacrato la tua vita a portare il suo vangelo sulle vie del mondo.
Ti ricordo durante la Santa Messa e ti saluto R.I.P.


  Foto di apertura, Hans Kung, tratta da ilmanifesto.it    

                     

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