Lettera di un Natale “covidiano”
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- Pubblicato Lunedì, 21 Dicembre 2020 21:13
- Scritto da Sac. Pasquale Pirulli
Sac. Pasquale Pirulli
Ci prepariamo a celebrare un Natale “rosso”, colore imposto dalle recenti disposizioni dell’ultimo DPCM (19 Dicembre), e ritorna la nostalgia delle festività natalizie degli altri anni trascorse in serena e festosa libertà con tutti i famigliari (nonni, genitori, figli, nipoti) e gli amici. Anche la tradizionale “novena” che il nostro popolo vive con commovente fedeltà ha avvertito il terremoto “covidiano” con il numero chiuso dei fedeli ammessi alla celebrazione mattutina o anche serale. E gli spostamenti nei giorni festivi avranno bisogno dell’autocertificazione, stando anche ai suggerimenti della Conferenza Episcopale Italina per la partecipazione alle Sante. Messe di Natale e della fine e dell’inizio dell’anno!
Mi auguro che almeno la costruzione del presepio, capolavoro dell’animo poetico e credente di S. Francesco di Assisi, realizzato la prima volta nel Natale del 1223 (FF1186), insieme al festoso e luminoso albero natalizio continui ad illuminare le case anche a dispetto di qualche iniziativa falsamente irenica che lo vuole bandire dalle scuole. A questo proposito una sola battuta: La nascita di un Bambino è sempre un miracolo di amore, di vita e di umanità che va annunciato, cantato e festeggiato specialmente dai piccoli negli anni in cui si interrogano sui misteri della vita e del mondo e cercano risposte di speranza, di giustizia e di pace!
Con questa lettera vorrei riproporre la bella tradizione della letterina di Natale che si scriveva in bella grafia su un foglio illustrato da stelline e pecorelle e poi si poneva nascosta sotto il piatto del capofamiglia. Toccava al piccolo, all’inizio del pranzo, ricevere la letterina e tra l’emozione di tutti leggerla nella speranza non solo di un applauso benevolo ma di espressioni di affetto e anche del regalo, precedentemente richiesto con altra lettera indirizzata al buon Babbo Natale!
Vorrei idealmente correre a Betlemme e, dopo aver superato le austere disposizioni che purtroppo quest’anno renderanno deserta la basilica della Natività, scendere una delle scale che si aprono nel coro, realizzate dai crociati, e nella grotta fermarmi dinanzi all’altare segnato dalla stella dalle quattordici punte.
Vorrei in silenzio rileggere l’espressione incisa in lingua latina: “Hic de Virgine Maria Iesus Christus natus est – 1717” e riflettere in silenzio sul mistero (prodigio) di Dio che nasce bambino accolto dalle cure amorose di Maria e affidato alla protezione del suo sposo Giuseppe. I vangeli, scritti dopo tanti anni da Luca e Matteo, raccolgono i racconti di questa nascita che segna l’inizio di una nuova storia. Ogni nascita avvia la storia di una persona, ma quella del Bambino nato nella grotta di Betlemme, è una storia che racconta l’amore di Dio per l’uomo. Egli non ha voluto fare una fugace apparizione, come quelle che si raccontano nelle storie mitologiche, magari travestendosi. Ha scelto di nascere uomo, per vivere la vita dell’uomo, per dire all’uomo la sua dignità e rivelagli la sua eredità che diventa concreta nella comunione di vita con Dio. A Betlemme l’umanità offre attraverso la vergine Maria la sua realtà (natura) abbastanza umile faticosa e mortale e attraverso il Bambino che riposa sulla paglia della mangiatoia riceve tutta la realtà (natura) di Dio che è l’Altissimo, il Principio dell’universo, l’Immortale. Il dono che Dio fa all’umanità attraverso il suo Figlio è un’alleanza di pace che deve essere accolta e vissuta con buona volontà. Alla luce della paternità di Dio che dona agli uomini il suo Figlio, viene agli uomini l’invito a riscoprire la radice della fraternità universale perché Maria dona il suo figlio a tutti gli uomini, specialmente agli umili e sconosciuti pastori e anche a quelli sollecitati dalla scienza si pongono il problema della ricerca di Dio come i magi.
I santi padri commentavano stupiti l’evento natalizio con la sintetica espressione “Admirabile commercium!” (Prodigioso scambio!): Dio diventa uomo perché l’uomo mortale incontri Dio e partecipi della sua vita eterna!
Sì, un Natale “rosso” quest’anno; ma pur sempre un Natale in cui si racconta e si vive una storia d’amore divino, che diventa messaggio di augurio di festa e di gioia per tutti gli uomini, umili pellegrini di una storia sempre difficile, a causa delle ingiustizie sociali. Quegli uomini che nella emarginata grotta di Betlemme ricevono il sorriso e anche il pianto del Bambino che salva nella giustizia e nella pace tutte le fatiche della loro povera storia.
A tutti auguro un santo Natale e auspico un nuovo anno illuminato dai colori iridescenti dell’arcobaleno della pace con la benedizione della famiglia raccolta nella grotta di Betlemme, perché “per loro non c’era posto nel caravanserraglio” della città di Betlemme, che pur si gloriava di aver dato i natali al re Davide, ma che non accoglie il Figlio dell’Altissimo nato da Maria e che sarà educato da Giuseppe “il falegname dell’oscura Nazareth”.