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Domenica si vota per il referendum, le diverse posizioni a confronto

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di Vito Solenne

Domenica 17 aprile i cittadini italiani, aventi diritto di voto, saranno chiamati a esprimersi sul quesito referendario che riguarda il rinnovo delle concessioni petrolifere per la coltivazione degli idrocarburi. In questi giorni sono stati organizzati due dibattiti pubblici nella Sala Consiliare di piazza Kennedy a Rutigliano: il primo dal comitato “No Triv” Rutigliano - Noicàttaro e il secondo dall’Assessorato all’Ambiente del comune di Rutigliano. Incontri che hanno avuto come finalità quella di informare gli elettori sul tema del referendum, soprattutto per contrastare l’assordante silenzio da parte degli organi di informazione che svolgono attività di servizio pubblico.

Lo stesso dicasi per il presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, che ha definito il referendum inutile, al fine di dissuadere la gente dall’andare a votare. Un atteggiamento, quello del premier Renzi, giudicato da molti come possibile violazione di norme penali che vietano la propaganda per l’astensione, in quanto «investito di un pubblico potere o funzione».
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A Rutigliano, il comitato “No Triv” Rutigliano - Noicàttaro è nato per promuovere il referendum a favore del SÌ, con un presidio in via Diego Martinelli. Lo scorso primo aprile, il Comitato rutiglianese per il SÌ, ha invitato il delegato del coordinamento nazionale “No Triv”Domenico Sampietro e l’attivista Silvia Russo del comitato "No Petrolio, Sì Energie Rinnovabili" di Monopoli a spiegare le ragioni dello schieramento a favore del SÌ.

Il quesito a cui gli elettori saranno a chiamati a esprimere il loro voto recita esattamente così: «Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?».

Semplificando, si chiede ai cittadini se le compagnie petrolifere che estraggono petrolio o gas in quella porzione di mare che va dalla costa fino a dodici miglia (poco più di diciannove chilometri), smettano di farlo alla scadenza delle concessioni anche se nei giacimenti ci sono ancora idrocarburi. Quindi se vince il SÌ, le concessioni ancora attive, non potranno essere più rinnovate alla scadenza.

Se vince il NO o nel caso in cui non si raggiunga il quorum (50%+1 dei votanti) le concessioni rimarranno in vigore fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente. Il quesito referendario non riguarda invece le perforazioni su terra e in mare oltre le dodici miglia che continueranno nelle loro attività di estrazione.

Il referendum è stato richiesto da nove consigli regionali (Puglia, Basilicata, Calabria, Molise, Campania, Marche, Sardegna, Liguria e Veneto), una circostanza mai verificata nella storia d’Italia, perché con l’abrogazione di alcuni articoli del Decreto Sviluppo e del Decreto Sblocca Italia, le Regioni venivano spogliate dei loro poteri decisionali. A supportare le Regioni sono state circa duecento organizzazioni tra comitati, movimenti e associazioni ambientaliste, di cui quaranta pugliesi. Il premier Matteo Renzi, nonché segretario del Partito Democratireferendum-si no-2co, per reprimere l’attacco proveniente dai presidenti di Regione targati Pd,è stato costretto con la legge di Stabilità ad accogliere, suo malgrado, le richieste contenute nei quesiti referendari.

Il Presidente del Consiglio, così facendo, è riuscito in parte a contrastare il “fuoco amico” neutralizzando cinque dei sei quesiti proposti. L’unico quesito referendario ammesso prima dalla Corte di Cassazione e dopo dalla Corte Costituzionale è stato quello sul rinnovo delle concessioni petrolifere per la coltivazione degli idrocarburi.

Secondo Domenico Sampietro, schierato a favore del SÌ, «il quesito può sembrare agli occhi degli elettori una questione marginale ma invece non lo è affatto». Infatti in Sala Consiliare davanti a una nutrita platea, Sampietro ha dichiarato che dietro al quesito “superstite” si nasconde una strategia energetica nazionale sempre più accentrata nelle mani dello Stato che punta sui combustibili fossili a favore delle lobby petrolifere.

Proprio pochi giorni fa il Ministro allo Sviluppo Economico, Federica Guidi, si è dovuta dimettere perché in un’intercettazione telefonica, parlando con il suo compagno Gianluca Gemelli, gli garantiva il via libera a un emendamento alla legge di Stabilità sullo stabilimento petrolifero di Tempa Rossa, in Basilicata. Tempa Rossa è un grande centro di estrazione petrolifera gestito dalla società francese Total, i cui dirigenti insieme a imprenditori e amministratori locali sono stati condannati a pene comprese fra due e sette anni di reclusione dal Tribunale di Potenza per corruzione, concussione e turbativa d’asta per l’esproprio dei terreni e i lavori per la sua realizzazione. Gianluca Gemelli è attualmente indagato dalla Procura di Potenza in tre filoni d’inchiesta, tra cui il primo riguarda l’impianto Eni di Viggiano per presunti illeciti nella gestione dei rifiuti.

Martedì scorso, in Sala Consiliare,erano presenti a favore del SÌ Francesco Tarantini, presidente regionale di Legambiente, Lucia Diomreferendum-si no-3ede, del circolo di Legambiente “I Capodieci” di Mola di Bari e Francesco Sorino, del comitato “No Triv” Rutigliano - Noicàttaro mentre a favore del NO c’era Peppino Palumbo, imprenditore vitivinicolo. Simone Quaranta, consulente di formazione marittima, si è dichiarato né a favore del SÌ né a favore del NO.

Il capitano Quaranta ha asserito che il vero nemico del mare è di origine terrestre, dovuto allo scarico di acque reflue di origine civile, industriale e agricolo poco depurate o non depurate affatto, così come riportato sul sito istituzionale del Dipartimento della Protezione Civile. Per Silvia Russo del comitato "No Petrolio, Sì Energie Rinnovabili", anche le attività estrattive in mare hanno un impatto ambientale considerevole. Difatti i sedimenti e le cozze che vivono nei pressi delle piattaforme sono contaminati da metalli pesanti, come documentato da uno studio condotto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), un istituto di ricerca pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’Ambiente.

L’attivista in Sala Consiliare ha citato l'insediamento petrolchimico di Porto Marghera a Venezia, tra i luoghi più inquinanti d’Italia secondo i dati del Ministero della Salute. Infatti è stato riscontrato tra i pescatori di Chioggia e Venezia un incremento della loro mortalità a causa del tumore del fegato e dello stomaco. Secondo Silvia Russo ad essere pericolose sono anche le ispezioni dei fondali marini per sondare la presenza di greggio con la tecnica “air-gun”(termine che in inglese significa arma ad aria compressa).

Questa tecnica consiste in una serie di spari ad aria compressa che sono fortissimi e continui, capaci di provocare lesioni all’udito dei pesci, con conseguente perdita del senso di orientamento. Probabilmente la morte di sette capodogli spiaggiati sul litorale di Peschici nel 2009 è da ricondurre all’utilizzo di questa tecnica. Inoltre nel mare Adriatico, ricorda l’attivista monopolitana, esiste già un precedente sui rischi che derivano dalla presenza di queste piattaforme petrolifere offshore. Precisamente il 29 settembre del 1965 a seguito di una esplosione la piattaforma “Paguro” dell’referendum-si no-4Agip, installata al largo di Ravenna, si inabissò in mare provocando, oltre gli inevitabili danni all’ecosistema marino, la morte di tre tecnici.

Secondo il Ministero dello Sviluppo Economico (http://unmig.mise.gov.it/) sono quarantaquattro le concessioni interessate dal quesito referendario da cui lo Stato incassa le royalties, ossia il valore di una quota percentuale del greggio o gas estratto. Nelle quarantaquattro concessioni sono installate novanta piattaforme, pari ad oltre due terzi del totale (68,7%) e quattrocento ottantaquattro pozzi (pari al 66,7% dei pozzi offshore e al 22,4% del totale nazionale). Per l’estrazione di olio greggio in mare, le royalties sono del 7% ma c'è una quota annuale di produzione esente da royalties per le prime 50mila tonnellate mentre per il gas le royalties sono del 10 % e la produzione esente è di 80 milioni di m³ per ciascuna concessione.

Secondo Francesco Tarantini, queste royalties sono tra le più basse rispetto al resto del mondo e costituiscono un privilegio per le compagnie petrolifere. A parere di Sampietro, le multinazionali hanno tutto l’interesse a prolungare i contratti di sfruttamento delle risorse petrolifere in modo da rimanere al di sotto della franchigia prevista per legge, in modo da non versare nulla nelle casse dello Stato. Questi permessi rilasciati dallo Stato alle compagnie petrolifere hanno una durata iniziale di trent’anni, prorogabile la prima volta fino a dieci anni, la seconda per cinque anni e la terza per altri cinque anni. Secondo la militante Silvia Russo se al referendum vincessero i SÌ nessuna piattaforma chiuderà nell’immediato, per cui ci sarebbe tutto il tempo per cambiare la strategia energetica nazionale a favore delle energie rinnovabili, come tra l’atro previsto dall’accordo di Parigi durante la Conferenza delle Parti (Cop 21) a dicembre scorso.

Le royalties, secondo Sampietro, non portano ricchezza e la Basilicata che incassa questi diritti di sfruttamento è un chiaro esempio di Regione più povera d’Italia. Interi territori della Basilicata si sono spopolati a causa del peggioramento delle condizioni ambientali, gli agricoltori non possono più coltivare la terra a causa dell’inquinamento delle falde acquifere e perfino l’acqua presente nella diga del Pertusillo, utilizzata dall’Acquedotto pugliese per dissetare le famiglie pugliesi risulterebbe contaminata da idrocarburi e metalli pesanti al di sopra dei limiti imposti dalla legge, riconducibili alle attività estrattive del petrolio in Val d'Agri. A tale proposito la Commissione europea ha aperto un’indagine a carico dello Stato italiano.referendum-si no-5

Un’altra tesi sulla quale si è molto discusso sono i 100 mila posti di lavoro che secondo il comitato degli “Ottimisti & Razionali” a sostegno del NO, sarebbero a rischio nel caso di una vittoria del SÌ. Per Francesco Tarantini queste cifre non corrispondono al vero dato che in Arabia Saudita, leader mondiale nella produzione di petrolio, gli addetti del settore sono circa 50 mila. Inoltre, il Presidente di Legambiente, ha imputato al prezzo del petrolio la vera causa della perdita di posti di lavoro e la conferma è arrivata dalle tre compagnie petrolifere che hanno già rinunciato a estrarre petrolio nel mare italiano, costituite dalla Petroceltic a largo delle isole Tremiti, della Shell nel golfo di Taranto e della Transunion Petroleum.

Infine Peppino Palumbo, sostenitore del NO, ha affermato che «molte volte le nostre scelte sono espresse in termini emozionali che razionali». A tale proposito ha citato l’esempio della Xylella fastidiosa, il batterio responsabile del disseccamento rapido degli ulivi, contro cui era previsto un piano di contenimento della epidemia che prevedeva anche l’abbattimento di piante sane intorno a quelle malate. Per le proteste degli ambientalisti il taglio delle piante ha subito un forte rallentamento che ha favorito il propagarsi della malattia. Allo stesso modo per il referendum, secondo Palumbo, è in atto un approccio non razionale da parte degli ambientalisti che rischia di strumentalizzare il quesito referendario.

Il referendum, nonostante la campagna di boicottaggio da parte del premier Renzi, rischia di diventare un voto politico per l’attuale governo. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano durante la Direzione nazionale del Partito Democratico, il 4 aprile scorso, è stato molto duro con il suo segretario di partito. L’ex magistrato ha accusato il Presidente del Consiglio di fare gli interessi delle lobby petrolifere, invece di difendere gli interessi dei cittadini e dei territori. Infatti Renzi, secondo Emiliano, con un emendamento ha autorizzato la costruzione dell’oleodotto Val d’Agri – Taranto senza consentire alla Regione di trattare con i petrolieri le compensazioni ambientali per la città di Taranto e, dunque, consentendo a questi ultimi di risparmiare decine di milioni di euro.

Per questo è molto importante che i cittadini vadano a votare domenica prossima, qualunque sia il voto espresso, per far capire al governo Renzi che non può infischiarsene delle richieste legittime che giungono dai territori. L’Italia non può essere governata a colpi di decreti legge e il referendum, in questo momento, deve far ricordare a chi ci governa che la Sovranità appartiene al Popolo.


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