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M5S, a Rutigliano la raccolta firme per uscire dall’euro

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di Michele Pesce

E’ partita ieri mattina in piazza XX settembre la raccolta delle sottoscrizioni da parte di alcuni cittadini iscritti al MoVimento 5 Stelle allo scopo di indire un referendum consultivo per consentire all’Italia l’uscita dall’euro, restituendo così la sovranità monetaria al Belpaese.
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Ad oggi l’euro può essere considerato a tutti gli effetti, almeno dal punto di vista dell’Italia, un progetto fallimentare che in 13 anni ha avuto effetti devastanti sulla nostra economia (il nostro debito pubblico è salito a 2.207,6 miliardi di euro) e, di riflesso, conseguenze disastrose sull’occupazione (gli ultimi dati Istat parlano di quasi 3 milioni di disoccupati, con un record nazionale del 13,4%, che sale al 43,9% se si considerano solo gli under 25).

Per quanto nobile possa essere l’iniziativa, vanno tuttavia considerati una serie di aspetti giuridici che di fatto ridimensionerebbero la natura e l’efficacia stessa della proposta.
Essendo inammissibile un referendum abrogativo in merito (l’Italia ha aderito all’euro in forza del Trattato di Maastricht, ratificato dal nostro Paese con la legge n. 454 del 1992 e la Costituzione italiana, all’art. 75, vieta di sottoporre a referendum abrogativo le leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali e, dunque, anche le leggi di esecuzione degli stessi), Grillo e Casaleggio hanno scelto la strada del m5s-euro-refer -2referendum consultivo, previsto dalla Costituzione solo in relazione a limitatissimi casi, disciplinati dall’art. 132 (quali la fusione di più regioni, la creazione di nuove regioni o il passaggio di province e comuni da una regione ad un’altra).

Vero è che nel 1989 in Italia fu fatto un referendum consultivo sull’Europa, più precisamente sull’opportunità di affidare al Parlamento europeo un ruolo “costituente”. Per far ciò, tuttavia, si approvò un’apposita legge costituzionale, la n. 2 del 1989.
Oggi, realisticamente, non sembra che il MoVimento disponga delle maggioranze richieste dall’art. 138 Cost. per approvare una legge costituzionale (servirebbe la maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento in due votazioni successive per ciascuna camera, oppure, per evitare un eventuale referendum sospensivo sulla stessa legge, addirittura una maggioranza superiore ai 2/3 in seconda votazione sia alla Camera che al Senato).

Finché Grillo non avrà i numeri in Parlamento, quindi, la proposta di legge Costituzionale, che a quanto si apprende dovrebbe essere presentata sotto forma di legge di iniziativa popolare (servono 50.000 firme in 6 mesi), non riuscirà a superare l’iter legislativo per arrivare a produrre effetti giuridici, conservando a quel punto il valore di un semplice sondaggio, privo di qualunque conseguenza, se non da un punto di vista meramente statistico.



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