Suolo-transazione, la maggioranza approva solitaria l’opposizione esce dall’aula
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- Pubblicato Venerdì, 03 Dicembre 2021 01:31
- Scritto da Gianni Nicastro
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di Gianni Nicastro
Prima di passare alla cronaca di quello che è successo nel consiglio del 29 novembre scorso, sull’acquisizione di un suolo al patrimonio comunale, è necessario fare qui una sintesi storico-cronologica della vicenda a monte. Si tratta di un contenzioso tra comune e privati sull’esproprio di un suolo che, nel lontano 1983, serviva per realizzare via Filippo Giampaolo, contenzioso che si sta concludendo con una transazione comune/privati proprietari che ha fatto molto discutere in consiglio e nelle varie sedute della prima commissione consiliare.
La storia in sintesi
• Il comune nel 1983 occupa d’urgenza un suolo ai fini dell’esproprio per realizzare via F. Giampaolo. L’opera pubblica, la strada, viene completata a settembre del 1986 senza che vi sia stato l’esproprio dell’area.
• I proprietari, eredi di quel suolo, a settembre del 1991 citano il comune presso il Tribunale di Bari per risarcimento danni a causa della perdita del suolo.
• A marzo 2006 il Tribunale di Bari condanna il comune di Rutigliano “a pagare in favore degli attori la somma di Lire 14.800.000 oggi pari ad euro 7.644,00, oltre rivalutazione ed interessi ed al rimborso delle spese processuali, ritenendo che il suolo in questione, (…) fosse destinato nel Piano di Fabbricazione, ancor prima del decreto di occupazione, a strada e perciò assolutamente inedificabile”, si legge nella proposta di delibera ritirata nel consiglio comunale del 22 ottobre scorso. Quel suolo, secondo il tribunale di Bari, vale, dunque, 7.644 euro.
• A maggio 2007 i proprietari impugnano in appello la sentenza del tribunale di Bari.
• A giugno 2012 la Corte d’Appello di Bari sentenzia che quel suolo è edificabile e condanna il comune al pagamento, in favore dei proprietari, di 377.177 euro comprensivi di costo del suolo, interessi e rivalutazione, oltre a 22.808 euro di spese legali agli avvocati che hanno assistito i proprietari.
• Sempre nel 2012, a settembre, l’amministrazione Romagno impugna innanzi alla Corte di Cassazione la sentenza della Corte d’Appello e il 3 dicembre successivo il consiglio comunale riconosce il debito fuori bilancio che deriva da quella stessa sentenza.
• A luglio 2013, a causa della esecutività della sentenza, il comune paga ai proprietari del suolo il debito fuori bilancio riconosciuto, cioè 399.985 euro.
• A febbraio 2017 la Corte di Cassazione dà ragione al comune di Rutigliano su uno dei due motivi del ricorso, quello che mette in discussione l’edificabilità del suolo. La Cassazione redarguisce in modo deciso la sentenza della Corte di Appello là dove stabilisce l’edificabilità del suolo, fatto che mette in discussione quei circa 400mila euro che il comune, nel frattempo, ha liquidato ai proprietari. La Cassazione, quindi, “rinvia la causa avanti alla Corte di Appello di Bari che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio”, si legge nella sentenza della stessa Corte di Cassazione.
• A gennaio 2018 i proprietari riassumono la causa davanti alla Corte di Appello rivendicando la correttezza della sentenza del 2012 e citano il comune. Il comune si costituisce contestando quella sentenza.
• La Corte d’Appello il 3 dicembre 2019 pronuncia un’ordinanza con la quale nomina un CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) ponendogli quattro quesiti, tra questi la determinazione del valore del suolo oggetto del contenzioso.
• Dal 30 gennaio al 23 luglio 2020, in tre incontri tra le parti e il CTU, si definiscono i termini di una composizione bonaria della lite attraverso una transazione che obbliga i proprietari a restituire al comune 80.000 euro, dei quali 30.000 in contanti, 50.000 sotto forma di cessione di un suolo di 1.700 mq, quello che è stato acquisito al patrimonio comunale nel consiglio del 29 novembre scorso.
L’opposizione abbandona l’aula
la maggioranza approva l’acquisizione
Alla fine l’acquisizione del suolo al patrimonio comunale e, indirettamente, la discussa transazione comune/privati, è stata approvata lunedì scorso in consiglio dopo due tentativi andati a vuoto da luglio a ottobre scorso. L’hanno approvata otto consiglieri di maggioranza e il sindaco, con l’astensione di Michele Maggiorano, unico consigliere di opposizione rimasto in aula. Gli altri quattro consiglieri di opposizione presenti, Beppe Palmino, Donatella Lamparelli, Roberto Romagno e Giuseppe Poli, hanno abbandonato l’aula consiliare poco prima della votazione del punto. La stessa cosa ha fatto il consigliere di maggioranza Diego Difino, presidente della prima commissione consiliare, il quale è sempre stato critico su quella transazione. Un gesto politico, l’abbandono dell’aula, che ha voluto rimarcare anche fisicamente la contrarietà all’approvazione dell’acquisizione/transazione, la presa di distanza da quello che stava succedendo in consiglio comunale.
«Non intendo neanche con la mia presenza in aula assumermi alcuna responsabilità rispetto ad un provvedimento che secondo me è antieconomico per l’ente e lo dico a chiare lettere: antieconomico per l’ente da noi rappresentato e che necessitava di approfondimenti adeguati e valutazioni affinché l’ente fosse adeguatamente tutelato in questa scelta» ha detto Roberto Romagno verso la fine della sua dichiarazione di voto. «Dopodiché -ha aggiunto- chi rimarrà in aula si assumerà le responsabilità con il suo voto e poi eventualmente ci sarà qualcuno che valuterà la convenienza economica dell’atto, la convenienza economica della transazione e altre questioni che meritavano un approfondimento». «Non intendo neanche votare contro -ha concluso l’ex sindaco-, mi allontanerò dall’aula perché con la mia presenza non intendo minimamente legittimare questo tipo di provvedimento, questa scelta e questa decisione». A questo punto Roberto Romagno si è alzato ed è uscito, seguito dal Poli, Lamparelli e Palmino; Digo Difino aveva abbandonato l’aula diverso tempo prima.
Della maggioranza è intervenuto solo Francesco Tarulli parlando di un contenzioso che dura da decenni confondendo i suoli. E’ toccato a Michele Maggiorano informare Tarulli che i suoli sono diversi. Sull’argomento, ha detto infatti Maggiorano, «si sta facendo un po’ di confusione: l’area in questione, consigliere Tarulli, non è un’area che va avanti dal 1981, è un’altra cosa».
Il suolo da cui è partito il contenzioso nel 1991 è quello utilizzato dal comune nel 1983 per realizzare via Filippo Giampaolo, un suolo occupato d’urgenza ai fini dell’esproprio ma mai effettivamente espropriato; da qui la lite legale tra i proprietari e il comune che nel 2006 ha portato il Tribunale ordinario di Bari a condannare il comune di Rutigliano a pagare ai proprietari 7.644 euro un suolo definito “assolutamente inedificabile”, così come stabiliva lo strumento urbanistico di allora, il PdF (Piano di Fabbricazione) che da sopra quel suolo faceva passare la pianificata via F. Giampaolo. Il suolo oggetto dell’acquisizione portata in consiglio comunale il 29 novembre scorso, invece, è frutto della transazione definita a luglio 2020 e approvata dalla giunta comunale a luglio 2021.
Il consigliere Tarulli ha detto che quello di cui si stava discutendo è «un contenzioso molto complesso e molto duraturo che in qualche modo ha portato non a caso il giudice a nominare un CTU che in qualche modo portasse avanti questa transazione tra le parti».
La stessa cosa ha detto il sindaco: «Non dobbiamo dimenticare che la Corte d’Appello e il CTU hanno fatto presente la necessità di addivenire ad un accordo».
Ora, la necessità di un accordo, che sarebbe stato indotto dalla Corte d’Appello, l’alea del giudizio e i pareri dei due consulenti -tecnico e legale- sono le uniche cose, stando a quello che l’amministrazione e la maggioranza hanno detto in consiglio e nella prima commissione consiliare, con le quali è stata giustificata la transazione coi privati e l’acquisizione al patrimonio comunale del suolo in questione.
La Corte d’Appello di Bari,
i quesiti e il CTU
In sede di riassunzione della causa (2018), chiesta dai proprietari, la Corte d’Appello pronuncia un’ordinanza con la quale stabilisce “di procedere alla rinnovazione della C.T.U. sulla base dei seguenti quesiti: 1) descriva il C.T.U. l’esatta consistenza degli immobili interessati dalla realizzazione dell’opera pubblica (…); 2) determini il C.T.U. l’area irreversibilmente trasformata a seguito della realizzazione dell’opera (…); 3) determini il C.T.U il valore venale dell’immobile, all’epoca della irreversibile trasformazione, da stabilirsi in base alla situazione di fatto e di diritto della stessa in quel momento, ed in particolare della destinazione urbanistica, indicando altresì la destinazione urbanistica delle aree contermini, nonché, in ogni caso, il valore previsto dalle cosiddette aree bianche (…); 4) determini il C.T.U. l’eventuale indennità per il periodo di occupazione illegittima che va dal termine entro il quale l’amministrazione avrebbe dovuto emettere il decreto di esproprio al momento in cui si è realizzata l’irreversibile trasformazione del bene”. I giudici concludono l’ordinanza disponendo di procedere “alla rinnovazione di C.T.U., nei termini di cui in premessa”, dopodiché nominano l’ingegnere al quale affidano la consulenza tecnica d’ufficio.
Tra i quesiti posti dai giudici d’Appello al CTU non c’è, dunque, il tentativo di conciliazione; i giudici dicono al CTU, sostanzialmente, di muoversi così come, in qualche modo, indica la Corte di Cassazione nella sentenza del 2017, Cassazione adita dall’amministrazione Romagno1 contro la sentenza della Corte d’Appello di Bari del 2012 che condanna il comune di Rutigliano a pagare a quei proprietari circa 400mila euro.
A questo punto la causa riassunta in Appello si mette bene per il comune di Rutigliano, come si evince da una comunicazione che l’avvocato del comune manda via mail al protocollo comunale e al responsabile dell’ufficio legale il 31 dicembre 2019.
Nella mail l’avvocato fa una breve sintesi dell’andamento del processo, ricorda che lui -nella difesa- ha insistito perché ci fosse un nuovo approfondimento peritale sulla “effettiva edificabilità dei terreni in realtà destinati a standard” e scrive che “con il provvedimento allegato la Corte barese ha aderito a questa impostazione, nominando un nuovo CTU”. Dunque, con l’ordinanza prima citata, la Corte barese aderisce all’impostazione della difesa, cioè del comune, fino al punto che lo stesso avvocato conclude quella mail dicendo di essere a disposizione per qualsiasi chiarimento “sullo stato del processo che, mi permetto di dire, ha imboccato una china decisamente promettente per le ragioni del Comune”.
Se alla fine del 2019 le cose vanno bene per il comune, come mai si arriva ad un accordo, alla ricomposizione della lite in una transazione? Chi propone o chiede la transazione?
(Continua, II parte)