Sant’Apollinare, sul progetto di recupero la “lana caprina” di Maggiorano e Romagno
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- Pubblicato Venerdì, 04 Ottobre 2019 12:05
- Scritto da Gianni Nicastro
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di Gianni Nicastro
La chiesetta rurale dell’XI secolo dedicata a Sant’Apollinare, vescovo di Ravenna (II secolo), è di proprietà privata e si trova nell’area archeologica di contrada Purgatorio, dove, tra il 1976 e il 1980, è stata “scavata” una necropoli (fine VII e inizio III secolo a.C.) con centinaia di tombe, dalle quali sono venuti alla luce 400 corredi tombali di straordinaria importanza archeologica. Corredi che, sin da allora, sono a Taranto, nei depositi della Soprintendenza archeologica pugliese.
Non sto qui a soffermarmi sul valore storico, architettonico, culturale e archeologico della chiesa di Sant'Apollinare e del contesto territoriale in cui è inserita. Cito solo un passaggio di un’ordinanza inviata dal MIBAC (Ministero Beni e Attività Culturali) ai proprietari, passaggio presente nel contratto di comodato gratuito che, sulla chiesa di Sant’Apollinare, dice questo: è “un raro esemplare di architettura preromanica ancora esistente in Puglia ed una delle più valide testimonianze di un distrutto borgo medioevale in territorio di Rutigliano”.
Un bene culturale così importante è da anni sotto scacco di una profonda crepa che solca uno dei due angoli anteriori per tutta l’altezza, crepa segnalata al pubblico, al comune e alla soprintendenza, da Rutiglianoonline nel 2014 (qui e qui). A seguito di quella segnalazione l’ufficio tecnico del comune di Rutigliano ha emesso un’ordinanza (qui) che ha imposto ai proprietari l’immediata messa in sicurezza; il giorno dopo, l’angolo percorso dalla crepa è stato puntellato.
Da quella segnalazione il problema di un intervento conservativo su quel bene culturale si è posto con una rinnovata urgenza anche se, dal 2014, nulla è successo fino al consiglio comunale del 25 settembre scorso. Qui è stato aggiornato il Piano triennale delle opere pubbliche 2019-2021 proprio con l’“Intervento conservativo Area Archeologica e Chiesa di Sant’Apollinare”, progetto che sarà finanziato per 155mila euro attraverso una misura del Gal Sud-Est Barese. Il piano delle opere pubbliche, quindi, con il progetto che interviene su Sant’Apollinare, è stato approvato con i voti favorevoli della maggioranza e dei consiglieri di opposizione Beppe Palmino (M5S) e Carmine Iaffaldano; Michele Maggiorano, Roberto Romagno, Donatella Lamparelli e Giuseppe Poli, si sono astenuti.
Perché i quattro consiglieri della vecchia maggioranza non hanno votato a favore come hanno fatto su provvedimenti, forse, anche meno importanti? Dei quattro solo due hanno parlato in consiglio, Maggiorano e Romagno. Prima di dire due cose sui loro interventi, vorrei far notare il silenzio del consigliere Giuseppe Poli, che, su Sant’Apollinare e il suo progetto di recupero, avrebbe potuto dire qualcosa di più, perché ha fatto l’assessore alla cultura nell’ultimo anno della vecchia amministrazione. Romagno e Maggiorano hanno criticato il fatto che l’attuale amministrazione spenderà 155mila euro su un bene di proprietà privata con un finanziamento del GAL Sud Est barese. Qui il consigliere Poli avrebbe potuto riferire che su quel progetto lui stesso, per conto della sua amministrazione, ha intrattenuto rapporti coi proprietari, se non ricordo male, da luglio a settembre 2018.
L’ex assessore alla cultura si è più volte incontrato con uno dei proprietari per lavorare su una convenzione, o contratto, tra pubblico e privato, per il recupero e la fruizione pubblica di Sant’Apollinare ragionando proprio su un finanziamento dello stesso Gal Sud Est barese, credo allora si trattasse della misura 5. Dopo mesi di incontri, a settembre -o giù di lì- dell’anno scorso, l’amministrazione Romagno2 ha interrotto l’interlocuzione e ha lasciato cadere il progetto. Su tutto questo sarebbe stato interessante che il consigliere Poli avesse riferito qualcosa, magari i motivi per cui, a un certo punto, non se ne è fatto più nulla. La stessa, medesima, cosa è successa con l’assessore alla cultura che lo ha preceduto. Insomma, l’amministrazione Romagno2 per anni ha provato a stipulare, senza mai riuscirci, una convenzione coi proprietari per un progetto di recupero su Sant'Apollinare.
Perché Romagno-Altieri-Poli non sono riusciti, in cinque anni, a fare quello che Valenzano-Redavid hanno fatto in due mesi? Forse Sant’Apollinare non era nelle loro priorità, oppure non sono stati capaci di arrivare fino in fondo. Ciononostante, in consiglio comunale sono intervenuti sollevando critiche, stentate e poco efficaci.
«Noi investiamo soldi pubblici a favore di un privato» ha detto Michele Maggiorano, aggiungendo che «fra trent’anni quella struttura ripasserà nella gestone del proprietario, quindi noi avremmo speso come amministrazione, come stato, delle somme per ristrutturarla e poi ridarla» al proprietario. Maggiorano ha, quindi, rimproverato all’attuale amministrazione comunale quello che fanno tutti i comuni e le città italiane quando si tratta di valorizzare, e magari recuperare al degrado e al rischio di crollo, un bene culturale di grande valore storico e identitario per una comunità, quandanche di proprietà privata. Le convenzioni, o i contratti di comodato d’uso del tipo in questione, tra pubblico e privato, sono all’ordine del giorno nei comuni di tutta Italia, e proprio Maggiorano dovrebbe saperlo bene.
Nel 2003 lui era consigliere di maggioranza, forse anche assessore, nella amministrazione Di Gioia e, proprio in quell’anno, il comune stipulò l’atto di convenzione con i proprietari del “monumento nazionale Torre di vedetta Normanna”, una convenzione più o meno simile al contratto di comodato d’uso gratuito di Sant’Apollinare approvato con delibera di giunta il 18 settembre scorso.
La convenzione del 2003 al comune è venuta a costare 64.557 euro per nove anni di utilizzo pubblico della Torre, un somma che era “pari al 50% del costo dell’intervento” di “restauro”. Il progetto, finanziato al 50% dal comune, fu inserito nel Piano triennale delle opere pubbliche di quell’anno, come è successo il 25 settembre di quest'anno al progetto di conservazione di Sant’Apollinare. C’è, però, una differenza importante tra le due situazioni: ai proprietari della Torre si riservava “per almeno 90 giorni all’anno, di disporre del godimento pieno ed esclusivo del bene”, mentre nel contratto di Sant’Apollinare i giorni riservati al proprietario sono 6 all’anno e il comodato d’uso dura trent’anni, non nove. A Maggiorano c’è da dire ancora una cosa: in rapporto alla durata, al pubblico, la convenzione sulla Torre, è venuta a costare 7.173 euro/anno; il comodato d’uso su Sant’Apollinare verrà a costare 5.166 euro/anno. Quindi, più anni di godimento pubblico del bene, pochissimi giorni riservati al proprietario, meno costo annuo del contratto e, in più, un fatto non da poco: l’investimento sarà a carico del GAL e non del bilancio comunale come lo è stato quello sulla Torre.
«Io e il proprietario abbiamo avuto notevoli incontri» ha detto il consigliere Roberto Romagno, ammettendo quanto qui sopra riferito. Sono stati così “notevoli” quegli incontri che, alla fine, lui e il suo assessore non hanno quagliato nulla. Perché? «L’ente pubblico -ha aggiunto Romagno- aveva difficoltà a giustificare un intervento pubblico su una struttura privata». Ora, questa cosa è davvero impressionante detta da uno che ha fatto il sindaco per dieci anni dopo aver fatto il semplice consigliere comunale per altri dieci anni. A Romagno va spiegato che Di Gioia non ha avuto nessuna difficoltà a finanziare il restauro di un bene privato come la Torre normanna in cambio di un suo utilizzo pubblico; va ricordato che con soldi pubblici (regione e GAL Sud-Est Barese) è stata ristrutturata la chiesa dell’Annunziata, anch’essa di proprietà privata. Se non ricordo male, anche il convento di Madonna del Palazzo, di proprietà della chiesa Madre, è stato restaurato in parte con fondi comunali (amministrazione Di Gioia) attraverso una convenzione per l’utilizzo pubblico di un’ala dello stesso convento.
L’intervento su Sant’Apollinare, dunque, si può fare, anche perché, altrimenti, la delibera di giunta n. 111 del 18 settembre 2019, di “Accettazione del comodato gratuito di porzione di terreno agricolo e approvazione dello schema di contratto”, e tutti gli altri atti relativi al progetto su Sant’Apollinare, non avrebbero avuto il parere favorevole di regolarità tecnica da parte dei responsabili dei servizi finanziario e lavori pubblici del comune.
Il Piano triennale delle opere pubbliche aggiornato e approvato il 25 settembre scorso contiene lo studio di fattibilità sulla privatizzazione dell’illuminazione pubblica, privatizzazione lasciata in dote dall’amministrazione Romagno2. La giunta Valenzano ha dunque ribadito il mantenimento, nel Piano, di quello studio di fattibilità nonostante, sia il sindaco che l’assessora all’urbanistica attuali, da consiglieri di opposizione, a marzo scorso, lo abbiano decisamente criticato (qui).
Alla fine del consiglio ho chiesto al sindaco se la sua amministrazione ha intenzione di dare seguito alla privatizzazione dell’illuminazione pubblica. «La prossima variazione del Piano triennale delle opere pubbliche -ha risposto Giuseppe Valenzano- conterrà l’eliminazione del progetto di finanza della pubblica illuminazione così come concepito».