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"Finché morte non ci separi". E vita fu.

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slide-mostra-micaela-franchini

di Rosalba Lasorella

Le basta poco: una penna, una vecchia tavola già destinata ai cassonetti e qualche «sussurro» nell’orecchio. Le creazioni artistiche di Micaela Franchini, giovane rutiglianese classe 1993, nascono da pensieri, circostanze e sensazioni che spontaneamente prendono forma, adagiandosi più o meno convulsamente su superfici impensabili, oggetti apparentemente morti, inutilizzabili.
Dopo l’importante riconoscimento ricevuto in occasione del Concorso di Arti Visive e Multimediali “Escape”, promosso lo scorso anno dalla Cooperativa Al.i.c.e. Area Arti Espressive presso le Officine Udettaglio-mostra-4FO di Rutigliano, Micaela ha scelto di tornare nell’antico chiostro per mostrare al pubblico alcuni dei suoi lavori più significativi.

Con “Finché morte non ci separi”  la giovane artista ha raccolto per la prima volta disegni, stampe, tavole e sculture ready-made tracciando -non solo per sé stessa-  una strada che attraversa teschi, scheletri, fiori smunti e coniglietti assassini. Particolarmente attratta dalla morte e dalla vita, dalla morte nella vita, dalla vita nella morte, Micaela si lascia ispirare da ciò che vede e da ciò che trova, trasformando la fine in un indefinito inizio.
«Sono molto istintiva, non c’è nulla di premeditato» - ha spiegato ai nostri microfoni- «Le forme vengono così… e mi permettono di mettere insieme tutto ciò che amo, tutto ciò che mi interessa». 

Percorrendo la mostra, chiusa con soddisfazione lo scorso 1 febbraio grazie anche alla collaborazione di Soft Crash, Noise Generator, Fagocito Bangbang edettaglio-mostra-3 “Caffè L’incontro”, Micaela racconta semplicemente le sue opere: dalla “Metempsychosis” -ritratto dettagliato dei suoi stati d’animo- a “Il lieto fine – The end of Raperonzolo”, immagine cristallizzata di un’attesa logorante.
«In realtà la chiave era nella sua testa» -accusa l’autrice riferendosi alla bella fanciulla dai capelli dorati-  «La sua era una situazione di comodo, perché fa paura dover affrontare ciò che è fuori dalla torre».

E cosa c’è fuori dalla torre? C’è una vita che si fa largo oltre le tenebre, un’esistenza corporea che cresce e si distrugge in una lotta incessante combattuta a colpi di pastelli e matite, uniche vere armi della resistenza. Dalla beatificazione dei "Momenti d'essere - Le tre disgrazie” all’imprevedibile doppia faccia del "Tarocco Memento Mori - Espera en silencio”, Micaela costruisce delle storie (e le imprime sulla pelle per lavoro), sperimenta tecniche e strumenti diversi senza mai dimenticare di attribuire -anche nello sberleffo- un senso alle cose.
«Qui al centro c’è uno spazio vuoto» –afferma indicando la tavola dal titolo “Incorniciando la situazione”- «perché senza lo spettatore l’arte sarebbe vuota. Al centro c’è lo spettatore, il resto è un contorno».

Un contorno formato da scarabei e teschi messicani, profili d’alce e gatti-zombie. Lecita, all’ingresso,  la domanda: C’è un filo conduttore in tutto ciò? Incontrovertibile, all’uscita, la risposta: «E’ la mia persona, come fai a trovare un filo logico dentro di me?».

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