Ven22112024

Last update09:00:00 AM

banner conad 2016    banner arborea corretto  

banner madel 2022

              banner store H24 2023
                                                        
 

 

 

 

Back Sei qui: Home Notizie Cultura Il Crocifisso di Rutigliano nel racconto del giornalista-scrittore Jefferson Chelotti

Il Crocifisso di Rutigliano nel racconto del giornalista-scrittore Jefferson Chelotti

Condividi

volto-ss-crocifisso

 

di Vito Castiglione Minischetti

L’articolo che presento qui di seguito è stato scritto nel settembre del 1959 da un noto giornalista-scrittore di Brindisi, Jefferson Chelotti (1895-1962), corrispondente, da Brindisi, della Gazzetta del Mezzogiorno dall’anno 1933 al 1961 e della Gazzetta adriatica : Settimanale d’informazioni marittime di Venezia dal 1948 al 1952; collaborò anche al Meridione e alla Gazzetta della Sera. Dopo la pubblicazione del racconto Un mese fra i pesci, presso la Casa Editrice Bietti di Milano nel 1912, scrisse un romanzo d’avventure dal titolo Gli avvoltoi della Dalmazia pubblicato a Firenze da G. Nerbini e C. nel 1933 e nello stesso anno un dramma teatrale inedito intitolato Fiamme (repertoriato presso l’archivio dell’Ufficio Censura Teatrale: 1931-1944).

Il racconto in questione attiene a una visita casuale che l’autore, cultore di storie locali, fece al Santuario del Ss. Crocifisso presso il convento dei padri cappuccini di Rutigliano intorno alla metà degli anni Cinquanta del Novecento e fu pubblicato nella rivista brindisina La Zagaglia : rassegna di scienze, lettere ed arti1. Quello che interessa particolarmente il giornalista brindisino «è che la pregevole scultura sia stata eseguita da un "eccellente artefice" di Brindisi2  e che sia stata eseguita per commissione di un Castellano spagnolo» e si chiede chi mai potrà essere questo artista brindisino? Conclude poi il suo racconto auspicando che a questi interrogativi «qualche studioso cerchi di dare loro una volto-ss-crocifisso-1risposta».
Infatti, verso la fine degli anni Ottanta del Novecento lo studioso di arte e argenteria sacra, Giovanni Boraccesi, si accinse a studiare la scultura lignea del Crocifisso di Rutigliano e a dimostrare storicamente e stilisticamente la sua appartenenza alla mano dello scultore-intagliatore di Gallipoli, Vespasiano Genuino (1552-1637)3.

Il celebre Crocifisso, fra i capolavori dello scultore gallipolino, fu presumibilmente eseguito, secondo Boraccesi, attorno agli anni Venti del Seicento nella piena maturità stilistica del Genuino, il quale, come afferma lo stesso studioso, lavorò essenzialmente per le chiese del Salento e per gli ordini religiosi, i Francescani in particolare4. Sono stati infatti i Francescani, da tempi remoti, a praticare il culto della Croce che ha origine nella Leggenda della Vera Croce includendo la Leggenda del legno della Vera Croce che si sposava notoriamente con la mistica e la committenza francescana5.

Il Crocifisso ligneo, destinato sembra a un «Castellano di Spagna» di Barcellona, come si apprende dall’«antica leggenda», appartiene alla scuola della «nuova sensibilità pietistica di impronta spagnola» che caratterizza l’opera del Genuino, certamente fra i più importanti scultori della Puglia nell'età della Controriforma, e pertanto «costituisce un’interessante testimonianza della nutrita schiera di opere che dal Salento prendevano la via della Spagna»6.

Un aspetto particolare, evidenziato dallo stesso Giovanni Boraccesi, è che il Crocifisso di Rutigliano (probabilmente acquisito dai padri cappuccini in seguito all’evento miracoloso) sembra essere l’unica testimonianza, finora conosciuta, di un’opera dello scultore di Gallipoli in Terra di Bari7. Quando il Crocifisso giunse realmente a Rutigliano? Non esistono purtroppo notizie precise presso il Santuario diocesano. Poiché è ormai accertato che l’«eccellente artefice» dell’opera è lo scultore di Gallipoli, Vespasiano Genuino, si possono emettere due ipotesi, anche sulla base dei documenti a disposizione del convento dei padri cappuccini di Rutigliano8. La prima, che l’opera possa essere giunta nella nostra cittadina fra il 1630 e la data della morte dell’artista, avvenuta dopo il 1° maggio 1637, giorno in cui risulta aver fatto testamento9  (ipotesi questa in linea con la tradizione orale); la seconda, che l’arrivo della sacra immagine sia piuttosto da collocare dopo la morte dello scultore, cioè tra il 1637 e il 170910. Il 1709 è infatti l’anno in cui si attesta per la prima volta la presenza del Crocifisso in Rutigliano, portato in processione per le strade della città per volto-ss-crocifisso-2l’intercessione nella grave crisi di siccità che attraversò il paese durante il mese di settembre di quell’anno. In precedenza e per analoghe circostanze, si faceva ricorso in Rutigliano «a tutt’i suoi Santi protettori, ed in fine all’antichissima e miracolosa Immagine esistente in una cappellina sotto il titolo di Santa Maria del Palazzo»11.

In conclusione, stimo opportuno riportare alcuni interessanti giudizi critici del canonico Lorenzo Cardassi sulla maestosa immagine del Crocifisso di Rutigliano: «Checché sia di vero poi nel racconto leggendario e tradizionale, innanzi riferito in proposito della venuta in Rutigliano di questa Sacra, e Venerabile Immagine, resta sempre un fatto certissimo, riconosciuto da competenti artisti, pittori o scultori, non esservi alcun’armonia tra il lavoro finissimo e perfetto del capo di detto Crocifisso con tutto il resto del corpo, che con quello è però in dimensioni naturali ed in legno. Vorrei pur dire qualche cosa delle pregiate sembianze di questo Capo perfettissimo, ma son certo di non poterlo descrivere con quei necessarii colori, con quelle naturalissime movenze, che tanto ci sogliono colpire i capolavori dell’arte, e che è sempre ben difficile riprodurre in parole»12.

Si ringrazia vivamente il santuario diocesano Ss. Crocifisso di Rutigliano per aver permesso la pubblicazione delle foto di questo articolo.



IL CROCIFISSO DI RUTIGLIANO

di Jefferson Chelotti

« Alcuni anni or sono dovetti recarmi a Rutigliano per ragioni professionali. Sbrigate le mie faccende, in attesa della corriera che doveva riportarmi sulla Nazionale Adriatica per tornare a casa, decisi di fare quattro passi fuori del paese, avendo sempre preferito il verde dei campi al grigio dei tufi. Piano piano, lungo una strada che, se non erro, si dirigeva verso nord, lasciai l’abitato e percorsi alcune centinaia di metri ammirando la ricchezza di una campagna intensamente coltivata, quando la mia attenzione venne richiamata da una Chiesa ed annesso Convento che, alla mia destra, sovrastavano sul verde delle coltivazioni e degli alberi. La curiosità mi spinse ad avvicinarmi, ma ben presto mi accorsi che non vi era nulla di eccezionale: una delle tante costruzioni del 16° o del 17° secolo che abbondano nei nostri paesi. Senonchè mi colpì una bianchissima lapide che spiccava sulla facciata del Tempio così che mi punse anche il desiderio di leggerla. Lasciata la strada maestra mi inoltrai sulla via laterale e giunsi sul sagrato. La lapide di marmo era ricoperta interamente di una scrittura fittissima che non lasciava neppure un centimentro di spazio. Ma una parola mi colpì immediatamente quasi all’inizio: « Brindisi ». Non ci voleva altro per acuire la mia curiosità e lessi:crocifisso-Leggenda-santuario

Il Santissimo Crocifisso che in questa nostra Chiesa si venera, fu lavorato nella Città di Brindisi da un eccellente artefice per un certo Castellano di Spagna. Compiuto il lavoro, fuorché la testa, non perfezionata, né congiunta al corpo, pose egli tutto in una cassa per portarlo seco in Napoli, e di là spedirla alla volta di Barcellona, patria del nominato Castellano. Partito dunque da Brindisi il lodato artefice venne a passare per Rutigliano; dove giunto, per la via estramurale si diresse con la sua vettura alla volta di Bari, ma gli animali, che portavanlo, giunti alla imboccatura della vecchia strada che tuttora mena al Convento di questi Padri Cappuccini, si fermarono, e non vi fu modo che si fossero spinti innanzi.
Allora l’artefice restò come fuori di sé pel fatto nuovo che gli accadeva, e permettendo a quelle bestie di prendere la via che a loro piacesse, vide che prestamente, volgendosi dalla parte della vecchia strada nominata, presero la via del Convento. Ivi giunta la vettura, di bel nuovo si fermarono gli animali e, per quante sferzate avessero ricevute, non vi fu verso di far proseguire loro il cammino. Pensò allora l’artefice soffermarsi quivi per quella notte, essendo già sera. Chiese ricovero al Superiore del Convento, e l’ottenne, depositando la cassa ben chiusa nella Chiesa dello stesso monastero. La mattina del giorno seguente, avendo esternato quei Frati il desiderio di vedere l’opera dell’artefice riferita, si portarono tutti in Chiesa. Nell’aprirsi la cassa videsi perfezionata in modo eccellentissimo la testa del Crocifisso, tanto che lo stesso artefice comprendendo non essere stata opera sua, (e certi vogliono che si fosse pur trovata congiunta al busto, cosa che non aveva ancor fatta l’autore), videsi il medesimo artefice cadere per terra privo di sensi. I Frati ammirando pure il meraviglioso lavoro, non si sapevano spiegare l’accaduto, fino a pure i tanto che quegli si fu riavuto, ed ebbe loro raccontata la novità della cosa.
Fu allora che egli stesso per tanti segni ricevuti volle donare quel Crocifisso al nostro Convento dei Cappuccini, non senza però tenere informato il Signor Castellano di Barcellona, il quale avendo inteso l’accaduto, anch’egli divotamente scrisse che per suo dono fosse restata in Rutigliano la detta meravigliosa immagine.
Scolpita con le offerte dei fedeli ad iniziativa di Disciglio Rosa fu Domenico il 14-9-1944.

L’iscrizione sulla lapide, come appresi poi, è la copia di quanto è scritto alle pagg. 278 e 279 del libro del Canonico Lorenzo Cardassi, edito a Bari nel 1877: « Rutigliano, sua origine e vicende, in rapporto agli avvenimenti più notevoli della provincia e del regno », e nelle quali si dice trattarsi della « leggenda che si legge in un quadro esistente nella Chiesa dei Padri Cappuccini, presso l’Altare della venerabile immagine del SS. Crocifisso, qui venuta tra il 1612, epoca della costruzione della Chiesa, ed il 1700 in cui si accenna ai miracoli qui verificatisi ».

Il fatto in se stesso, per quanto possa essere notevole, non esce dalla falsariga di tanti e tanti consimili, attribuiti un poco dappertutto a dipinti e sculture sacre, venerate dalle popolazioni. Quello che a noi brindisini interessa particolarmente è che la pregevole scultura sia stata eseguita da un « eccellente artefice » di Brindisi e che sia stata eseguita per commissione di un Castellano spagnolo.

Chi sarà stato questa artista? Se ne conoscono altre opere?
Pongo gli interrogativi nella speranza che qualche studioso cerchi di dare loro una risposta. Gli elementi forniti dalla leggenda, purtroppo, non sono molti: fra il 1612 e il 1700 corrono ben 88 anni, ma considerando che solo verso il 1700 si cominciò a parlare dei miracoli del Crocifisso, è lecito arguire che l’acquisizione di Esso a quella Chiesa, non debba avere avuto luogo molto tempo prima. Un fatto così eccezionale come quello raccontato, deve avere fatto molto chiasso tanto a Rutigliano quanto nei dintorni così da polarizzare la devozione di quei buoni villici i quali non debbono aver tardato molto ad attribuirgli altri miracoli. Un altro elemento utile per l’identificazione dell’artista potrebbe aversi se si conoscesse almeno il nome di quel Castellano di Barcellona: in quel periodo Brindisi era sotto la dominazione spagnola e, se non erro, vi risiedevano due Castellani governatori, rispettivamente, del Forte di terra (lo Svevo) e del Forte a mare (l’Angioino), agli ordini del Vicerè che risiedeva a Napoli. È quindi probabile che uno di essi, nativo di Barcellona, lasciando Brindisi perché destinato ad altro comando, prima di ritornare in Spagna, abbia commissionato il Crocifisso a quell’artista del quale aveva avuto opportunità di apprezzare il talento e la valentìa. Infine, tenuta presente la cura con cui i Padri Cappuccini tengono in ordine i loro archivi, non dovrebbe essere improbabile che in quello del Convento di Rutigliano esista la lettera ― o una copia di essa ― con cui quel tale Castellano spagnolo « scrisse che per suo dono fosse restata in Rutigliano la detta meravigliosa immagine ». Tale lettera, oltre a permettere di conoscere una data più approssimativa, potrebbe contenere anche qualche dato che permetta di identificare l’artista.

settembre 1959.


______________________________________________

1 A. I, n. 3 (settembre 1959), pp. 68-70.
2 Grazie alle ricerche di Giovanni Boraccesi, è ormai manifesto che si tratti di Gallipoli, luogo di nascita e di attività dello scultore Vespasiano Genuino, autore del Crocifisso di Rutigliano. La città di Gallipoli si trovava, come tutto il Salento, sotto il governatorato spagnolo e gli stessi vescovi, di nomina regia, furono sempre spagnoli dalla seconda metà del XVI secolo fino al 1650.
3 Nel suo saggio del 2013, «L’arredo della Chiesa e del Convento dei Cappuccini di Rutigliano», pubblicato lo stesso anno in I frati cappuccini a Rutigliano : 1612-2012, a cura di Massimiliano Carucci, il Boraccesi afferma di aver da poco preso conoscenza di un contributo sul “Crocifisso di Rutigliano” di J. Chelotti pubblicato nella rivista La Zagaglia, cfr., op. cit., p. 85.
4 G. Boraccesi, «Una scultura di Vespasiano Genuino in Terra di Bari», in Itinerari di ricerca storica, III - 1989, Galatina, Congedo, 1990, pp. 395-398 e in Comitato Festa Santissimo Crocifisso. Rutigliano, 13-14-15 settembre 2002, Rutigliano 2002; idem, «Lo scultore della nostra statua», in Vita Cristiana, Monteroni, ottobre 2002, pp. 8-9.
5 M. Luzietti, Culto e rappresentazioni della Croce nell’età della Controriforma..., Dottorato di ricerca, Università di Roma, 2011-2012.
6 L. Cataldo, voce «Genuino Vespasiano», in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Vol. 53, 2000.
7 Giova forse ricordare qui che è esistito, nella storia delle famiglie rutiglianesi, un legame fra le città di Gallipoli e Rutigliano grazie alla presenza della famiglia Stradiota, notabile di Gallipoli, diramata in Rutigliano, cfr. http://araldicarutigliano.xoom.it/notabili.htm.
8 La costruzione del convento e della relativa chiesa, sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, cominciò attorno al 1612 sul sito di una antica cappella dedicata allo stesso santo e si protrasse al di là del 1630 come asseriscono alcuni documenti archivistici del 1630 e del 1634, cfr. URL www.CrocifissoRutigliano.it. [Consultato il 05.09.2020].
9 Vespasiano Genuino: Il restauro e la musealizzazione del Crocifisso di San Francesco della Scarpa, a cura di Raffaele Casciaro, Torino, Umberto Allemandi, 2014.
10 URL www.CrocifissoRutigliano.it, Santuario Diocesano Ss. Crocifisso Rutigliano: “La storia del Crocifisso di Rutigliano”: «Dai documenti a nostra disposizione possiamo collocare l’arrivo della Miracolosa Immagine tra il 1630 e il 1709. Ad oggi non è possibile esser più precisi.» [Consultato il 05.09.2020].
11 Lo storico Lorenzo Cardassi fa riferimento a un documento autentico rinvenuto presso il convento dei cappuccini di Rutigliano, datato 15 settembre 1709,  vedi : L. Cardassi, Rutigliano in rapporto agli avvenimenti più notevoli della provincia e del regno. Sua origine e vicende, Bari, dai tipi di G. Gissi e C., 1877, pp. 279-282.
12 L. Cardassi, op. cit., pp. 285-286.

 

 

 

 

Aggiungi commento

Codice di sicurezza
Aggiorna