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Rutigliano e la peste di Noja, come il nostro paese ha aiutato il comune limitrofo.

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di Valentina Castiglione Minischetti

Tra il 1815 e il 1816, uno strano fenomeno colpì la città di Noja, la peste bubbonica, la malattia più temuta da tutti e che conduceva alla morte.

A gestire questa emergenza sanitaria, fu un eccellente gruppo di medici, che operava nei cordoni che il re Ferdinando IV Borbone aveva istituito attorno al paese, il cui comando fu preso dal tenente di gendarmeria Carlo Diaz, nel territorio che comprendeva anche Conversano e nella provincia,  portando la gente a spostarsi con una certificazione.

Una situazione analoga a quella che si sta vivendo adesso e di cui molti hanno parlato, tra cui un giovanissimo Giovanni Chiaia, che compose un carme elegiaco su tale avvenimento, mostrando una piena padronanza della lingua greca e della lingua latina.
Ma quello che più ci interessa analizzare è come Rutigliano sia stata vicina al popolo nojano in tale vicenda, in nome dell’antica amicizia che legava i due paesi.

Dopo aver donato dei soldi per aiutare il comune, venne istituito un ospedale militare per la truppa del cordone, situato nel Convento degli Antoniani a Madonna del Palazzo, a circa due Km di distanza dal cordone sanitario, mentre molte abitazioni di famiglie illustri "ebbero a prestare alloggio agli ufficiali, compreso il Colonnello Sig. Sicudi"1.

In questa vicenda,  figurarono molte persone, e uno dei ruoli cruciali fu svolto dall’ex giudice Ermenegildo Colamussi, che come Giudice di Pace del Circondario, indagò sulla provenienza del contagio e periodicamente informava il Regio Procuratore della successione di tutti gli avvenimenti che si verificano a Noja e nel cordone2.  

A Rutigliano venne stabilita la sede di un grande magazzino di generi alimentari, che "tutte le città della provincia in proporzione delle loro ricchezze, furono obbligate a mandare in soccorso al misero Comune di Noja"3.  Una volta raccolti i beni alimentari, questi dovevano essere portati in tale deposito, amministrato dal Consigliere Lupis e stabilito nel Monastero dei Domenicani, e in caso non fosse stato sufficientemente capiente, in quello dei Cappuccini.

Fu approvata una commissione per la ricezione e la somministrazione di tali beni, in cui figuravano il Sindaco, il Giudice di Pace, il primo eletto e quattro funzionari, con l’ausilio del Cancelliere comunale di Rutigliano. Costoro avevano anche il compito di allontanare chiunque occupasse i locali, facendo uso della forza qualora ve ne fosse stata necessità. Una squadra armata e il custode, vegliavano continuamente: denunciavano ogni mancanza di provvista alimentare, controllando un libretto in cui venivano annotate le quantità di generi alimentari ricevute e cedute4.

Tuttavia, nonostante la distanza, Rutigliano continuava a vivere in grandissima agitazione per la malattia e per eventuali contagi. La peste però riuscì a non colpire la nostra cittadina e da allora fu istituita l’usanza di allestire un altare in onore di San Rocco per ringraziarlo per aver preservato il paese dal contagio.


___________________________________

1 L. Cardassi, Rutigliano in rapporto agli avvenimenti più notevoli della provincia e del regno. Sua origine e vicende, Bari Dai Tipi di G. Gassi e C.°, 1887, p.197.
2 V. Morea, Storia della peste di Noja.
3 Cardassi, op. cit. p. 197
4 V. Morea, op.cit.

 

 

 

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