Violenza sulle donne e stalking, cronaca di un interessante incontro
- Dettagli
- Pubblicato Lunedì, 26 Giugno 2017 20:45
- Scritto da Tonia Bernardi
- Visite: 2179
di Tonia Bernardi
Martedì, 20 giugno, presso il Museo Archeologico Didonna, in un sala affollata, si è tenuto l'evento formativo denominato “Violenza sulle donne e stalking: rompiamo il silenzio” organizzato dall’Esecutivo Locale Bari/1 dell’IPA (International Police Association), con la collaborazione di Rutigliano Protagonista, Penelope Onlus e Gens Nova Onlus.
Moderatrice dell’incontro la dott.ssa Francesca Perchiazzi, Cap. Polizia Locale Bari, Presidente Ipa Bari 1 – Ipa Puglia. Relatori Antonio Maria La Scala, avvocato penalista del foro di Bari, Presidente nazionale di Penelope Italia Onlus e Gens Nova Onlus e la dott.ssa Milena Iacobellis, psicologa psicoterapeuta, vice presidente S.I.P.EM sos Puglia (Società Italiana Psicologia dell’Emergenza) Practictioner EM.DR.
L’avvocato La Scala ha esordito ricordando che non è necessario andare indietro di duemila anni per parlare di discriminazione femminile, quando la donna dell’antica Roma, nel matrimonio, era considerata alla stregua di una res, una cosa, ma è sufficiente andare indietro di trent’anni. Il Codice penale italiano, infatti, consentiva la riduzione di un terzo della pena per l’uomo che avesse ucciso la moglie, la figlia o la sorella al fine di difendere l'onore suo o della famiglia.
La prima innovazione, a questo proposito, è venuta dalla Corte Costituzionale, la quale ha sancito l'incostituzionalità di una legge che prevedeva la punizione del solo adulterio della moglie e non anche del marito. Il delitto d’onore è rimasto in vigore nel Codice Penale fino al 5 settembre 1981, trentasei anni fa, data in cui il Parlamento ha deciso finalmente di abrogare la rilevanza penale della causa d’onore, perché in netta contraddizione con i diritti civili conquistati nel corso degli anni Settanta. La violenza sessuale sulle donne è stata ritenuta un delitto verso la morale fino al 1996, quando è stato riconosciuto finalmente come reato contro la persona.
L’avvocato La Scala ha enumerato i casi più noti al pubblico di violenza di genere. Il fenomeno della violenza sulle donne continua a mietere numerose vittime proprio tra le mura domestiche e gli assassini, spesso di una crudeltà inaudita, non sono degli sconosciuti ma mariti, compagni, fidanzati, vicini di casa o parenti come nel caso di Sarah Scazzi, uccisa dalla zia e dalla cugina.
I motivi? Per gelosia, perché non si accetta la fine di una storia o perché si vuole porre fine a una vicenda per iniziarne un’altra. I motivi sono tanti ma l’attenzione delle persone, o forse dovremmo dire del pubblico, poiché i mass-media fanno da cassa di risonanza, è verso vicende a sfondo sessuale, storie torbide che colpiscono l’immaginario degli italiani.
Manca un comportamento consapevole, di attenzione e di aiuto alle donne in difficoltà. Spesso si gira la testa dall’altra parte. Ci si chiede perché molte donne non denunciano ma continuano a vivere sotto lo stesso tetto con il marito o il compagno che le maltrattano. Spesso questa scelta è determinata da necessità economiche o dall’idea che la famiglia vada difesa ad ogni costo per il bene dei figli, partendo dalla errata convinzione che un cattivo marito possa essere un buon padre; ma c’è da chiedersi cosa insegni ai figli un uomo che picchia la moglie o comunque la maltratta. Anzi, spesso i maltrattati sono i futuri maltrattanti.
O non denunciano per paura di questi uomini, poiché non si sentono sufficientemente protette. Si è ricordato il caso di una donna uccisa dal marito dopo che questa lo aveva denunciato per ben 12 volte, senza che i giudici facessero nulla, è di questi giorni infatti la loro condanna. Le strutture che ospitano queste donne e le forme di protezione che vengono date sono offerte per un tempo determinato e poi cosa succede?
L’avv. La Scala ha fatto presente che il numero di denunce delle donne, che hanno subito violenza o sono state oggetto di stalking è certamente inferiore a quello reale, fondamentalmente per due motivi: il primo perché si pensa erroneamente che senza un referto dell’ospedale non si possa sporgere denuncia, il che non è vero, perché la denuncia per maltrattamenti non necessita di un referto medico. Il secondo motivo è che la sola parola della vittima contro quella dell’aggressore non sia sufficiente a far condannare il persecutore e che l’assoluzione porti automaticamente all’accusa della donna per calunnia con tutte le conseguenze del caso. Non è così. Pertanto, l’avvocato invitava a denunciare.
Per quanto riguarda la prevenzione, ha richiamato l’importanza della formazione dei giovani nelle scuole, che attualmente dedicano maggior spazio a problematiche quali il bullismo e il cyber bullismo, giustamente, ma trascurando il gravissimo problema della violenza di genere.
La dott.ssa Milena Iacobellis, psicologa psicoterapeuta, ha sottolineato l’importanza della famiglia nella formazione della persona. Partendo dal tipo di relazione che intercorre tra il bambino e la figura d’attaccamento, la mamma o altre figure di accudimento, ha sottolineato l’importanza del ruolo dell’attaccamento nello sviluppo psico-fisico del bambino, poiché gli adulti ripropongono i modelli di relazione interiorizzati nell’infanzia.
Un soggetto adulto, infatti, utilizza le rappresentazioni delle proprie esperienze passate e le modalità in cui si è relazionato alle figure significative nella propria infanzia quando diventa genitore. La genitorialità riguarda il prendersi cura di un altro rispondendo alle sue richieste e ai suoi bisogni. Possiamo avere diversi tipi di attaccamento, sicuro o insicuro. L’attaccamento sicuro si riferisce ad un ambiente caratterizzato da una madre che permette al bambino di sentirsi pienamente protetto ed accettato; il bambino si sente, così, sostenuto e questo gli permette di rimanere solo con se stesso e di esplorare il mondo circostante senza timore.
Nell’attaccamento insicuro, invece, il bambino si presenta disturbato a causa dell’assenza della mamma ed è impaurito dalla sua presenza. Si tratta di mamme depresse o disturbate a tal punto da maltrattarli e trascurarli.
L’uomo che non accetta la separazione, l’uomo che non è in grado di gestire la propria rabbia, è anche l’uomo che non è in grado di provare empatia. Per meglio comprendere il concetto di empatia la dott.ssa ha parlato anche di una recente scoperta, quella dei neuroni specchio, che attualmente si studiano nella relazione che possono avere in molti dei nostri comportamenti.
Possono farci sentire la paura o il dolore di un altro come se fosse il nostro. Questo trasferimento è innato. L’empatia, infatti, non solo ci permette di capire cosa pensano gli altri, ma ci fa anche mettere nei loro panni. Le emozioni altrui possono essere molto contagiose e influire su di noi, così come le azioni violente compiute da un adulto possono influenzare un bambino.
L’esposizione alla violenza dei bambini, infatti, può aumentare il tasso di violenza nel loro comportamento, perché tendono a imitare quello che vedono. Infine, la dott.ssa Iacobellis ha presentato quello che da anni in psicologia si definisce “ciclo della violenza” costituito da vere e proprie fasi che puntualmente si succedono in maniera ripetitiva: fase di tensione, nella quale la violenza non viene manifestata in maniera diretta, ma espressa attraverso atteggiamenti ostili e parole o frasi spesso offensive. Fase di maltrattamenti, quando esplode la violenza, spesso fisica, contro la propria partner, terza fase quella detta di luna di miele, nella quale il partner violento può mostrarsi pentito del proprio comportamento, chiedere scusa e mettere in atto comportamenti di forte affetto e attenzione nei confronti della donna, per il timore di perdere la partner abusata e promettendo un cambiamento che di solito non avviene.
Infine, nella quarta fase l’uomo attribuisce la responsabilità degli episodi violenti allo stress, al lavoro e altre difficoltà di vario tipo, cause sempre di tipo esterno.
Alla fine dell’incontro, estremamente interessante e ricco di spunti di riflessione, viene ribadita, ancora una volta, la centralità della famiglia e della scuola, prime agenzie educative.