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La vita è bella, ma sulla strada... povera vita

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Sac. Pasquale Pirulli

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Noi tutti abbiamo ripercorso ultimamente nella “giornata della memoria” gli orrori della shoah magari rivedendo  le immagini suggestive del film “La vita è bella” di Roberto Benigni al quale fu assegnato il prestigioso premio Oscar per il miglior film straniero. Un ripensamento poetico e leggero sulla tragedia  della morte  andata in scena nei lager nazisti che si concludeva con un messaggio di speranza e un invito ad apprezzare il dono della vita che pur nella sua fragilità rimane sempre bella.

In questi giorni le cronache quotidiane dei tg e diversi servizi dei network si sono soffermati sulla tragedia dell’omicidio di Vasto in cui tante famiglie sono state coinvolte. La prima immagine che si presenta è quella della giovane sposa 34enne Roberta Smargiassi con tutti i suoi sogni di vita familiare e di mamma in attesa che il 1° luglio 2016 mentre si reca al lavoro sul suo scooter è investita dall’auto guidata dal giovani 22enne Italo D’Elisa.

La sua morte lascia nello sgomento la sua famiglia e più ancora il suo sposo Fabio Di Lello. L’opinione pubblica esprime solidarietà invocando “Giustizia per Roberta” ma la macchina della giustizia ha i suoi tempi tecnici che possiamo anche definire le pastoie burocratiche. Nei confronti dell’investitore si prospetta un processo per omicidio stradale ma intanto egli continua  a circolare con la macchina per le strade  di Vasto.

  La sua libertà temporanea e il ritardo del processo hanno acuito il dolore  di Fabio il quale sul suo profilo FB  ha postato la foto della sua sposa esigendo “Giustizia per Roberta” e ogni giorno si recava al cimitero per un continuo dialogo d’amore con la donna che gli era stata sottratta . Notizie raccolte dai giornalisti dicono che il 1° dicembre 2016 Fabio Di Lello registra presso lo studio notarile di Manuela Carmina la donazione della sua casa a favore dei suoi genitori. Intanto egli è riuscito ad acquistare una pistola. Un lento precipitare nel vortice oscuro della disperazione che non poteva essere lenito dalla solidarietà degli amici che il 30 dicembre 2016 avevano allestito un torneo di calcetto in memoria di Roberta. 

Soltanto alla fine dell’anno  Italo D’Elisa è stato rinviato a giudizio per omicidio stradale. Il sostituto Procuratore della Repubblica di Vasto Gabriella De Lucia, dopo la drammatica sparatoria, ha avviato l’indagine per scoprire chi ha fatto la telefonata che avvertiva Fabio, che stava al campo sportivo di Cupello della presenza di Italo presso il Drink Bar. Una breve corsa da Cupello a Vasto e poi l’esplosione dei colpi di pistola che hanno stroncato la vita di Italo.

L’avv. Pompeo Del Re, legale della famiglia D’Elisa, denunzia una campagna insistente da parte anche dei mass media con “continui incitamenti anche su internet a fare giustizia. Alla fine c’è stato chi l’ha fatta. Si è fatto giustizia da sé. Tra l’altro, dopo tempo, quindi una premeditazione”. I genitori di Fabio descrivono il pietoso stato di prostrazione del giovane prima di compiere il suo gesto criminale, per il quale avevano pensato ad un ricovero sanitaria. Intanto l’arma dell’omicidio è stata ritrovata e per il giovane si prospetta un processo con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione. Ho voluto ripercorrere sinteticamente le tappe della drammatica vicenda di Vasto.

Adesso propongo qualche riflessione. La prima è quella del valore assoluto della vita che nella società attuale “sempre in corsa” è esposto a frequenti e gravi rischi. Il demone della velocità è sempre in agguato e ha alleati quali l’alcool e la droga che induce assuefazione e abbassa la soglia dell’attenzione. Certamente ha valore la vita della giovane Roberta che si reca al lavoro e che sogna la sua vita di sposa e di madre. Certamente ha valore la vita del giovane Italo che è stata stroncata in un clima di odio che non ha avuto nessuna fiducia nella giustizia troppo lenta. Ha valore anche la vita dell’omicida Fabio per il quale si affaccia il doloroso calvario della cella del carcere.

La seconda è quella relativa alla nostra giustizia che deve fare i conti con meccanismi obsoleti e mancanza di personale e più di tutto con la lentezza esasperata che a volte pare negare la stessa giustizia nei confronti delle vittime. E’ vero che la fattispecie dell’omicidio stradale ancora deve farsi strada e magari può sembrare un reato di serie B (più leggero), ma il valore infinito della vita dovrebbe consigliare una revisione della giurisprudenza in materia.
La terza riflessione attiene al clima dei rapporti interpersonali che sono tesi ed esasperati in cui l’altro è visto come l’antagonista e il nemico di cui sbarazzarsi. Il valore della solidarietà e di civiltà di una società si misura dal rispetto che circonda la persona e i valori di cui questa è titolare.

La compassione è il sentimento umano che circonda tutte le vittime di questa tragedia per la quale sulla strada la vita dei giovani pare contare poco.
Insieme vorremmo suggerire agli operatori della giustizia (avvocati inquirenti e procuratori) la pietas per le vittime insieme alla discrezionalità, perché i processi si devono celebrare nel più breve tempo possibile  nelle aule giudiziarie e non negli studi televisivi dei talkshow (L’Arena, Porta a porta, ecc.).


   

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