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Fo e Dylan, dalle tavole del palco ai sassi della strada

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fo dylan


IL PREMIO NOBEL DELLA LETTERATURA
DALLE TAVOLE DEL PALCO (FO)
AI SASSI DELLA STRADA (DYLAN)

sac. Pasquale Pirullidon-pasquale-2

Il 13 ottobre u. s. sono giunte due notizie, una triste e l’altra lieta, legate al prestigioso premio Nobel che la Accademia Reale Svedese assegna per la letteratura. La morte di Dario Fo all’età di 90 anni che fu insignito del prestigioso premio nell’anno 1997 e l’assegnazione del premio a Bob Dylan nato nell’anno 1941.

Gli italiani che sono stati onorati con il premio Nobel per la letteratura sono questi: Giosué Carducci, Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale e Dario Fo.

Scorrendo questi nomi ci viene da annotare che il Nobel è trasmigrato nel tempo dalle prestigiose cattedre universitarie (Giosué Carducci, Luigi Pirandello, Salvatore Quasimodo) in un primo tempo sulle tavole del teatro prima con Luigi Pirandello, che scriveva le sue commedie esistenziali nelle cui vicende si specchiavano non solo le problematiche della società siciliana ma di tutta l’Europa alla ricerca di una autenticità al di là delle tante maschere, e poi con Dario Fo che la polvere del palco l’ha mangiata davvero e il premio gli fu assegnato con questa motivazione: “Perché seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere, restituendo la dignità agli oppressi”.

Proprio con Dario Fo la letteratura ha lasciato le pagine dei romanzi di Grazia Deledda e gli Inni classici di Giosuè Carducci e poi quelli ermetici di Salvatore Quasimodo e Eugenio Montale, e il testo delle riflessioni esistenziali delle commedie e l’Accademia Reale Svedese ha riconosciuto la dignità letteraria ai testi teatrali di un guitto che con lo sberleffo metteva in crisi ogni forma di potere tradizionale.

La coincidenza della  morte di Dario Fo con l’annunzio della assegnazione del premio Nobel per la letteratura al folk singer on the road Bob Dylan ha avviato una interminabile discussione circa il valore dell’opera di Dario Fo e conseguentemente circa il riconoscimento dato all’autore americano di testi e musica della stagione pop che trascorre dallo jazz al folk. La motivazione dell’assegnazione del Premio per la letteratura suona in questi termini: “con i suoi testi ha proposto una nuova poetica nella tradizione della grande canzone americana”.

Forse il richiamo a Dario Fo e la sorpresa di Bob Dylan ci invitano a ritrovare le radici sociali della letteratura, al di là dei generi letterari, nei quali si esprime e a concludere che la letteratura , al di là delle pagine scritte dei lazzi del giullare (Fo) e dei testi di un cantante “on the road”, ha una matrice autentica ed è quella della società che nella sua storia si racconta. Letteratura potrebbe essere definita il racconto che la società fa di se stessa nelle forme più congeniali. Su questa linea ci potremmo aspettare che prossimamente il Premio Nobel per la Letteratura sia assegnato ad un regista di film.

A chiudere questa nota letteraria un po’ provocatoria c’è il cordiale invito ad ascoltare l’indimenticabile “Blowin’ in the wind”  scritta da Dylan nel 1962 e poi interpretata da Joan Baez come colonna sonora del film «Forrest Gump». Il testo originale è quanto mai incisivo, un po’ pesante la traduzione letterale e accettabile quella in lingua italiana di Mogol. Ecco la prima strofa nelle tre versioni:

How many roads must a man walk down
Before you call him a man?
How many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand?
Yes and how many times must the cannon ball fly
Before they’re forever banned?
The answer, my frind, is blowin’ in the wind
The answer is blowin’ in the wind.

Quante strade deve percorre un uomo
    prima che lo si possa chiamare uomo?
    Sì, e quanti mari deve sorvolare una bianca colomba
    Prima che possa riposare nella sabbia?
    Sì, e quante palle di cannone dovranno volar
    Prima che siano per sempre bandite?
    La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento
    La risposta sta soffiando nel vento.

Quante le strade che un uomo farà
    E quando fermarsi potrà?
    Quanti mari un gabbiano dovrà attraversar
    Per giungere e riposar?
    Quando tutta la gente del mondo riavrà
    Per sempre la sua libertà?
    Risposta non c’è, o forse chi lo sa,
    caduta nel vento sarà.

Un messaggio di speranza in queste parole di Bob Dylan, che il premio Nobel consacra quale  l’interprete di tutti i giovani che hanno avuto il coraggio di andare avanti “on the road”: “Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza anche quando il mare è cattivo ed il cielo si è stancato di essere azzurro”.
                         

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