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Nota Settimanale. "Quo vadis, Turchia?"

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di sac. Pasquale Pirulli
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Nel titolo, ricavato dallo storico romanzo di Sienkewicz dedicato alla persecuzione di Nerone contro i cristiani ingiustamente ritenuti responsabili dell’incendio di Roma (19-26 luglio 64 d. C.) scatenato dall’irrequieto imperatore ossessionato dall’idea di edificare una grande capitale degna del suo impero, si esprime  tutta la perplessità e la preoccupazione alle notizie che ci arrivano dalla Turchia del presidente Erdogan.

Quale fondo musicale a questa nota settimanale vorrei provocatoriamente mettere il terzo movimento della Sonata per pianoforte n. 11 di Wolfang Amadeus  Mozart l’Allegretto in La minore che gli storici della musica assegnano all’anno 1778 oppure agli anni 1783-1784. Ho specificato “provocatoriamente” perché la musica esprime un vivace brio e le notizie che ci arrivano dalle rive del Bosforo non sono affatto serene. papa-genocidio-armeni-1

Il premier Erdeogan prima ha fatto le bizze per patteggiare con l’EU i fondi per l’accoglienza dei profughi siriani che fuggono dal loro paese in guerra. Poi si è inalberato quando l’Europa e il papa Francesco hanno definito “genocidio” il massacro del popolo armeno perpetrato dall’impero ottomano nell’anno 1915.

Nel mese di luglio dopo un accenno di golpe ha scatenato una reazione che non ha niente di democrazia perché ha messo in prigione migliaia di oppositori presenti nell’esercito, ha epurato le università esautorando le autorità accademiche, ha messo il bavaglio alla stampa e poi ha fatto manifestare in piazza i suoi fedelissimi i quali hanno chiesto a gran voce il ripristino della pena di morte.
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Per quanto riguarda i rapporti con l’Italia Erdogan ha espresso decisamente la sua collera contro la magistratura italiana , quella della Procura di Bologna,  che ha osato indagare sui presunti traffici illeciti di suo figlio invitato a rispettare le leggi di un paese che lo ospita quale studente.  Non mi pare che sia questa una pacifica “marcia alla turca” per un paese che da anni preme alle porte dell’Europa per poterne entrare a far parte. La «democrazia alla turca» di Erdogan ha poco da dire ai paesi europei.

Proprio l’argomento accennato della qualifica di “genocidio” attribuito dal papa Francesco alle sofferenze del popolo armeno mi permette di richiamare la vicenda di P. Francesco Di Vittorio, nato a Rutigliano il 29 ottobre 1882, religioso della Custodia di Terra Santa, martire a Mugiuk-Deresì in Armenia il 23 gennaio 1920.

Il P. Di Vittorio fu separato dai piccoli orfani di cui aveva cura e dai cristiani mandati al paese di Padre Francesco DivittorioKaicli, distante due km e ospitato proditoriamente dal turco Loimen Oglu Alì Afendi, il quale sparando sui tre inermi religiosi diede avvio al massacro degli orfanelli e dei fedeli cristiani.

Poi i turchi si diressero verso la Missione di Mugiuk-Deresì, saccheggiarono il convento vuoto e diedero fuoco all’ospizio-orfanotrofio e alla chiesa.

Giustamente papa Francesco nella visita di tre giorni 24-26 giugno 2016 in Armenia dopo la decisa denunzia del catholicos degli Armeni Karenin II ha confermato il suo giudizio su questi fatti definendo la strage di ben 1 milione e 500 mila armeni, fatta dai turchi dell’impero ottomano, come “il primo genocidio del XX secolo” e pregando dinanzi al Memoriale elevato sulla “collina delle rondini” dopo aver deplorato “questo tragico mistero d’iniquità che il vostro popolo ha provato nella sua carne”.

Sul registro d’onore del Memoriale papa Francesco ha scritto: “Qui prego, col dolore nel cuore, perché mai più vi siano tragedie come questa, perché l’umanità non dimentichi e sappia vincere con il bene il male”.

La reazione del premier turco Erdogan è stata espressa dal suo vice-premier Nurettin Canicli il quale ha precisato che gli armeni uccisi negli anni 1916-19 furono dai 250.000 ai 500.000 e quindi il popolo turco respinge sdegnosamente l’accusa di genocidio, termine che richiama la tragedia del nazismo hitleriano.

Siamo sicuri che la “marcia alla turca” verso l’Europa suonata da Erdogna, le cui note ricalcano le orme delle grida di odio e di morte ascoltate dal nostro concittadino P. Francesco Di Vittorio, non sia un positivo avvicinamento all’Europa e inutilmente il populista leader della discutibile “democrazia alla turca” alza la voce contro una Europa che ha ben altra esperienza della democrazia, che è prima di tutto libertà.   
                       


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