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Senza le piante non c’è vita, proteggiamole

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di Vito Solenne

Giovedì 16 giugno scorso, presso l’Aula Magna dell’ex facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bari “A. Moro”, si sono tenuti due seminari: il primo sulla neurobiologia vegetale e il secondo sulla certificazione ambientale. Entrambi i seminari sono stati organizzati dall’Associazione Tecnici Alimentari e Agrari (As.Te.A.A.) insieme ai dipartimenti dell’ex facoltà di Agraria.seminario-neurologia-vegetale-0
Ha introdotto i lavori e salutato i presenti il prof. Matteo Spagnuolo del Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti. A relazionare il tema della neurobiologia vegetale è stato il dottore agronomo Davide Damiani, mentre il dottore forestale Vito Tatone ha illustrato il secondo tema. Il dott. Damiani ha illustrato un tema molto interessante e di cui l’uomo è all’oscuro, ossia che le piante sono esseri viventi intelligenti.

A Sesto Fiorentino (FI) è presente il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (qui) che studia i comportamenti, la memoria, le decisioni e l'intelligenza delle piante. Il laboratorio del polo scientifico dell'Ateneo fiorentino è stato fondato nel 2005 da Stefano Mancuso, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Produzioni Agroalimentari e dell'Ambiente dell’Università degli Studi di Firenze e scienziato italiano di fama internazionale vincitore nel 2002 del “European Award for Research and Innovation”.

L’autorevole periodico statunitense “New Yorker” ha incluso lo scienziato nella prestigiosa classifica dei “world changers” ossia coloro i quali cambiano il mondo e il giornale “la Repubblica” lo ha inserito tra i 20 italiani destinati a cambiarci la vita. Davide Damiani ha svolto il tirocinio di tesi triennale proprio presso il polo scientifico guidato dal prof. Mancuso, dove ha potuto approfondire il nuovo modo di vedere le piante.
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Protagoniste del seminario sono state tre piante, chiamate rispettivamente “Prato fiorito”, “Koru” e “Paf” con le quali l’agronomo rutiglianese ha instaurato un vero e proprio dialogo, catturando l’attenzione dei presenti in aula. Nulla di strano perché «le piante – ha dichiarato il giovane agronomo – hanno la capacità di interagire con l’ambiente che le circonda, di emettere sostanze volatili, di recepire gli stimoli esterni». «La neurobiologia vegetale – ha continuato il neolaureato– nasce come una materia scientifica che si pone questa semplice domanda: può una pianta essere considerata un organismo intelligente»? Cosa si intende per comportamento intelligente?

«Un comportamento intelligente esprime la capacità di risolvere i problemi, o meglio produrre un comportamento adattivo e funzionale al raggiungimento di uno scopo acquisendo e applicando conoscenze e abilità». Per il dott. Damiani la pianta risponde a questa definizione e non implica per forza la necessità di avere un cervello. Precisamente nei laboratori di Sesto Fiorentino è stato scoperto che gli apici radicali, agiscono come centri di comando simili al cervello in grado non soltanto di riconoscere una miriade di segnali provenienti dall’ambiente circostante ma anche di elaborarli e di rispondere in maniera adeguata.

«In particolare nella zona di transizione dell'apice radicale avviene uno scambio elettrico simile a quello che accade a livello sinaptseminario-neurologia-vegetale-2ico nel nostro cervello, per questo gli scienziati hanno definito quella della pianta un'attività neural-simile» ha precisato l’agronomo Damiani. Pertanto la pianta con la sua fitta rete di radici è costituita da tantissimi centri di comando a differenza degli animali dove il cervello è localizzato in una regione specifica del corpo. Cosa succederebbe a una pianta se perdesse il novanta per cento delle sue radici? Nulla, continuerebbe a vivere a differenza dell’uomo o degli animali che non sopravvivrebbero senza cervello. Per questo le piante, prive di organi singoli, sono definite organismi modulari e ciò consente loro di continuare a sopravvivere anche se una parte di esse viene depredata.

La complessità degli organismi vegetali risiede anche nella loro capacità di comunicare con altri esseri viventi, sia essi vegetali che animali, attraverso segnali chimici, luminosi e di contatto. Sanno distinguere gli organismi appartenenti alla stessa specie e quelli che fanno parte di altre specie (qui). Si riproducono sessualmente o meglio secondo la terminologia scientifica, per via gamica avvalendosi della collaborazione di insetti, uccelli, rettili e pipistrelli a cui affidano il polline in cambio del nettare.

Le piante sanno apprendere e ricordare come dimostrato dagli scienziati del laboratorio fiorentino che ha sottoposto a stimoli di varia natura un arbusto, la Mimosa pudica L., appartenente alla famiglia delle Mimosaceae. L’arbusto chiude le sue foglie non appena viene toccato (qui), però se viene addestrato a seminario-neurologia-vegetale-3distinguere gli stimoli pericolosi, come il contatto con un insetto, da quelli inoffensivi la pianta riesce a ricordare e a memorizzare quanto appreso.

Secondo il prof. Mancuso nella storia dell’uomo le piante sono state normalmente ignorate e sottostimate e il motivo è legato in parte al modo in cui funziona il cervello umano. Questo disturbo chiamato plant blindness che significa cecità alle piante, impedisce all’uomo di riconoscerne l’importanza, visto che gli organismi vegetali rappresentano più del novantanove per cento della biomassa terrestre, mentre l’uomo e gli animali non raggiungono neppure l’uno per cento.

Le piante forniscono all’uomo il cibo, l’ossigeno, i principi attivi dei medicinali, le fibre per i tessuti e tante altre utili sostanze. Di conseguenza l’essere umano dovrebbe avere maggiore consapevolezza di questo enorme patrimonio a sua disposizione e cambiare la sua visione fortemente antropocentrica.

A questo proposito i dati forniti dal prof. Mancuso sono allarmanti: ogni giorno si estinguono più di tremila specie vegetali e di queste l’uomo ne conosce solo il dieci per cento, il novanta per cento è sconosciuto. Pertanto dovremmo ascoltare il monito del dott. Damiani, secondo cui bisognerebbe «espandere maggiore consapevolezza nel settore agricolo al fine di attuare nuove strategie di difesa efficaci per una corretta agricoltura che rispetti l'ambiente e sostenga l'economia dell'agricoltore».


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