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Disparità femmile e divario salariale di genere, i dati e l’opinione di Anna Lasorella

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di Teresa Gallone

Rutigliano. Martedì 22 marzo scorso si è tenuta la conferenza “Fuga di Talenti. Brevi riflessioni sul divario salariale di genere” organizzata dalla Commissione Pari Opportunità locale. È stata allestita per l’occasione all’interno del Museo del Fischietto, una mostra di ritratti fotografici di concittadine che si sono distinte per le loro attività dando personale contributo allo sviluppo economico e culturale della città.

Hanno approfondito il tema il Prof. Avvocato Gaetano Veneto, già ordinario di Diritto del Lavoro presso l’Università degli Studi di Bari e presidente del Centro Studi Diritto dei Lavori, la Dottoressa Anna Lasorella, ricercatrice e professore associato di Patologia e Biologia Cellulare e Pediatrica presso la Columbia University.
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Hanno introdotto i relatori il sindaco Roberto Romagno e l’assessore ai Servizi Sociali Anna Ancona. La conferenza si è aperta con l’invito della moderatrice Antonia Paradiso, presidente della Commissione Pari Opportunità, a osservare un minuto di silenzio in onore delle giovani vittime dell’incidente in Catalogna e dei caduti nell’attentato di Bruxelles.

L’incontro, ha spiegato la dottoressa Paradiso, è stato pensato per l’approfondimento del tema attuale quanto paradossale del divario salariale di genere che affligge l’Italia. A quanto parrebbe, stando agli studi Eurostat sul Gender pay gap (per approfondimenti si consulti il sito, qui) il salario medio femminile italiano sarebbe del 7,3% inferiore a quello maschile.

Tale disparità si è riscontrata con percentuali variabili nella maggioranza degli stati europei Finlandia esclusa. Il paese scandinavo presenta una situazione di parità di genere in ogni ambito, addirittura pendente a favore del genere femminile tale da rendere necessaria l’emanazione di leggi a tutela della minoranza maschile.

Ciò sarebbe dovuto alla transizione della Finlandia (come dell’Olanda e della Danimarca) allo status socioeconomico di post capitalismo in cui è stata superata la logica capitalistica di profitto come fine dell’individuo e della collettività, arrivando alla riconsiderazione dei rapporti economia/società tale porre come massima priorità il benessere globale di quest’ultima e dei suoi componenti.
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Il professor Veneto ha rivelato le ragioni al fondo del fenomeno della disparità salariale di genere in Italia e più specificatamente nel Mezzogiorno, parlando innanzitutto della radicata influenza del cattolicesimo e della tradizionale circoscrizione delle attività femminili alla cura dell’ambiente domestico familiare. Veneto ha osservato quanto l’azione degli ultimi pontefici abbia dato inizio a un processo di rinnovamento della radicata concezione dei ruoli femminili nella società cattolica.

Tuttavia ciò ha destabilizzato gli animi avvezzi all’accettazione di tale modo di percepire la femminilità: le donne stesse avrebbero sviluppato una sorta di timore della rottura dei secolari equilibri e una conseguente ritrosia a confrontarsi con ruoli che prima non sarebbero stati considerati opportuni.

Oltre al fattore prettamente culturale, il professor Veneto ha messo in evidenza la rilevanza del contesto socioeconomico all’interno del fenomeno della disparità di genere: tradizionalmente la figura femminile si associa a una scarsa o addirittura nulla produzione di reddito all’interno della società. Ciò deriva dall’accostamento della figura femminile a ruoli di poco conto in ambito lavorativo o al contesto domestico.

Veneto ha citato a questo proposito Evgenij Morozov (sociologo e giornalista biellorusso noto per i suoi studi sul rapporto fra nuovi media e società, attivo nell’operazione di smantellamento dell’opinione acriticamente ottimistica sul ruolo della tecnologia nella vita individuale e collettiva) e la proposta di un reddito di cittadinanza globale che permetta di pari-oppor donna-3abbattere la barriera fra l’individuo capitalisticamente produttivo e quindi degno di considerazione e quello relegato allo spazio improduttivo della società.

Per il professor Veneto in Italia è proprio la donna a essere considerata “improduttiva” e dunque aprioristicamente poco valorizzata in ambito professionale. Peggiore, secondo lui, la situazione delle casalinghe assolutamente non considerate nel discorso dell’individuale realizzazione. Veneto ha sottolineato che un reddito di cittadinanza come quello postulato da Morozov riequilibrerebbe anche la disparità fra genere produttivo maschile e genere improduttivo femminile, consentendo a quest’ultimo di perseguire i propri obiettivi di realizzazione personale ed economica senza il vincolo classico della dipendenza.

Il professor Veneto ha concluso il suo intervento fornendo dati allarmanti sulla situazione italiana e del Mezzogiorno: secondo lo studio della Camera di Commercio di Mestre, l’Italia sarebbe all’ottantesimo posto nella classifica sulla qualità della pubblica amministrazione in duecento nazioni. La Puglia è sotto la media prevista dall’Indice Europeo di Qualità di 1,6 punti. Tutto ciò grava sulla già precaria situazione occupazionale femminile.

Chiarito il tema generale della conferenza, è stata passata la parola alla Dottoressa Anna Lasorella che ha esposto la sua personale esperienza di donna nell’ambito accademico in qualità di studentessa e poi di docente e ricercatore, e in quello lavorativo. La Dottoressa Lasorella ha subito sottolineato di non aver vissuto in prima persona atti discriminatori di genere nel suo campo, dalle scuole al suo arrivo negli Stati Uniti.
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Ha poi confermato ciò che il professor Veneto ha definito “fattore socioculturale” rilevante nel fenomeno della disparità di genere: secondo la dottoressa, a causa di questo sostrato culturale atavicamente asfissiante, le donne che ha avuto modo di osservare all’opera nel suo campo sono portate a porsi spontaneamente limiti.

Ciò comporta una mancata realizzazione degli obiettivi prefissati o addirittura la ricerca di mezzi facilitanti. Alla questione sollevata dalla moderatrice Antonia Paradiso sulle differenze dell’Italia rispetto agli Stati Uniti, la dottoressa Lasorella ha sottolineato ancora il ruolo del fattore socioculturale, ribattendo che è il concetto di famiglia radicato in Italia a porre limiti alla realizzazione professionale, in particolar modo quella femminile.

Si vede, secondo la dottoressa, in una prospettiva negativa il confronto del giovane individuo con la realtà esterna privo della protezione del nucleo familiare. Ciò che differenzia l’Italia dagli Stati Uniti è, secondo Anna Lasorella, la mancata educazione alla competizione, all’autonomia e alla scelta non condizionata dal background di origine. Nel caso particolare della realizzazione professionale femminile, secondo la dottoressa Lasorella, questa situazione si moltiplica e si aggrava.

Anna Lasorella ha poi concluso con un generale sprone alle giovani generazioni all’intervento attivo nel contesto locale e nazionale tale da rendere l’Italia e il Mezzogiorno in particolare, appetibile all’esterno e facilitare lo scambio proficuo con altri modi di agire e pensare. Questo, secondo la dottoressa Lasorella, andrebbe gradualmente a eliminare il fattore limitante delle concezioni radicate ampliando concretamente la visione sulla varietà del mondo e consentendo di riequilibrare tutte le disparità, quella femminile innanzitutto.

Va evidenziato alla luce della situazione tratteggiata nella conferenza, la progressiva perdita di rilevanza del “fattore socioculturale limitante” nel pensiero e nell’agire delle giovani generazioni. Il concetto di disparità di genere e le limitazioni date dal background familiare sono sensibilmente in calo nelle fasce giovani, più propense allo scambio proficuo e alle valutazioni critiche dello stato attuale delle cose.

L’accesso più semplice alle informazioni e il livello di scolarizzazione più elevato hanno contribuito all’incrinatura dei tradizionali capisaldi socioculturali. Ciò non contraddice l’evidenza del fenomeno della disparità di genere e delle diseguaglianze, tuttavia lascia presagire futuri mutamenti in positivo.



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