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CONSIGLIO COMUNALE, SIAMO ALLE COZZE

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Il consiglio comunale ieri ha rischiato di non farsi. All’appello sono risultati presenti undici consiglieri, il minimo indispensabile per non far scattare la mancanza del numero legale. Le defezioni erano da una pare e dall’altra. In itinere, però, il numero dei componenti dell’assemblea più importante della città si è fatto più congruo.

Ieri, come si sa, c’erano due punti all’ordine del giorno: l’intitolazione del campo di calcio e una mozione sull’ospedale, due punti proposti dalla minoranza. Quello sulla intitolazione dello stadio era già stato discusso e rinviato in un consiglio precedente.

La minoranza ha proposto di intitolare lo stadio “Unità d’Italia”, in onore della ricorrenza dei 150 anni, del valore storico, politico, sociale e culturale che il Risorgimento e il suo importante epilogo hanno rappresentato per la Nazione.
Tutti d’accordo, pure la maggioranza, ma con un “se” e con un “ma”. Infatti, Michele Maggiorano (UDC) ha presentato un emendamento alla mozione della minoranza.

«La maggioranza -ha detto il geometra dell’UDC- pur apprezzando la proposta del consigliere Valenzano per la intitolazione dello stadio comunale di Rutigliano, per far si che, su questa intitolazione ci sia una più ampia condivisione della cittadinanza circa come nominare lo stadio, senza che soli i consiglieri si approprino di questo diritto, capendo anche che per quanto riguarda la maggioranza, sull’eventuale intitolazione “Unità d’Italia” non avrebbe nulla in contrario, però facciamolo fare anche ai nostri concittadini, alle associazioni».

Questo è il tenore dell’emendamento: si chiede «al sindaco e all’amministrazione comunale di attivare una iniziativa pubblica per dare ampia condivisione e partecipazione popolare all’intitolazione dello stadio comunale all' “Unità d’Italia” e successivamente, dopo aver ascoltato i rappresentanti della società civile e dei partiti politici locali, di procedere all’approvazione d
i un atto di indirizzo del consiglio comunale che tenga conto delle indicazioni e dei contributi pervenuti grazie a questa consultazione».

Ora, questo è un emendamento codificato nell’atto che ieri, alla fine, solo la maggioranza ha approvato, la minoranza si è astenuta ritenendo che, se tutti i consiglieri sono d’accordo -come a parole lo erano tutti- non si vede il motivo per cui i rappresentanti del popolo non possano decidere l’intitolazione dello stadio.

L’emendamento, in realtà, non dice come svolgere questa consultazione. Parla di “partecipazione popolare”, ma non propone esplicitamente un referendum sulla questione, che solo garantisce quella partecipazione. Da un lato dice che la partecipazione sarà sulla “intitolazione dello stadio comunale all’Unità d’Italia”, dall’altro dice che il consiglio comunale terrà “conto delle indicazioni e dei contributi pervenuti grazie a questa consultazione”. Cioè, può succedere anche che da quella consultazione vengano fuori altri nomi.

Come si svolgerà questa “consultazione”? I “partiti politici locali” sappiamo chi sono; chi sono, invece, “i rappresentanti della società civile”? Le associazioni? Le associazioni, per loro definizione, rappresentano gli iscritti non la società civile. Non esiste una organizzazione che rappresenti la società civile. La società civile siamo tutti noi e ognuno di noi è rappresentato da qualcuno o da qualcosa.

L’altra questione non spigata da Maggiorano e dalla maggioranza è quella relativa alle modalità di questa consultazione. Si parla genericamente di “iniziativa pubblica”, cosa vuol dire? Un referendum non è perché non è stato proposto o, meglio, la minoranza ha cercato di proporlo ma non ci è riuscita. Allora si tratterà di una assemblea pubblica nella quale ognuno dirà un nome qualsiasi e, magari, si voterà per alzata di mano o con l’applausometro (come si fa con la “Corrida”). Sarà svolta così la consultazione? Nessuno lo sa.

In realtà c’è stato uno ieri, in consiglio comunale, che ha spiegato bene qual era il vero problema. E’ toccato farlo al coriaceo Mario Gaio (FLI). La mozione della minoranza, ha detto Gaio, è «degnissima di assoluta attenzione, di valutazione assolutamente positiva…», «…Però noi non vogliamo, assolutamente, che l’unanimismo chiesto dagli amici dell’opposizione, sia strumentale e di facciata su alcuni provvedimenti, guarda caso, proposti da loro» quando i cittadini sanno «che su qualsiasi argomento all’ordine del giorno in consiglio comunale sono state, in passato, erette non barricate, ma muri di cemento armato».

Dunque, l’opposizione non approva i provvedimenti della maggioranza, la maggioranza si mette di traverso a quelli proposti dall’opposizione. E’ questo in sintesi il nocciolo dell’intervento di Gaio, che ha tolto il velo, più o meno pietoso, a quel emendamento. La dialettica politica in consiglio comunale ridotta, sostanzialmente, a “tu fai il dispetto a me, io faccio il dispetto a te”. C’è da rimanere trasecolati.

Ma non è tutto. Mario Gaio non si è fermato lì, è andato oltre. Ha messo fuori il vero dente avvelenato della maggioranza. «Io credo -ha detto, scandendo bene le parole e rivolgendosi all’opposizione- che l’unanimità su alcuni argomenti vada anche, in qualche modo, permettetemi il termine, meritata». «Perche, cari amici miei, io non posso essere disponibile a questa unanimità di facciata quando a un consiglio comunale scorso qualcuno ha detto, dai banchi dell’opposizione, “mi vergogno di stare insieme a voi in questo consiglio”».

«Io non posso garantire l’unanimità -incalza ancora il Gaio- sia pure su argomenti importanti, quando è all’ordine del giorno presso la giustizia amministrativa e, peggio ancora, penale, per denunce presentate dai banchi dell’opposizione, alle forze di polizia, alla Procura della Repubblica, alla Procura contabile». «Io non posso -sempre Gaio che parla- garantire unanimismo di facciata quando la mia presenza nei banchi della maggioranza viene inficiata dal dubbio e dalla contestazione dei banchi dell’opposizione che ancora oggi vedono nella figura del sindaco Roberto Romagno un usurpatore della poltrona che occupa».

Dunque, dov’è che si inceppa la normale dialettica politica a Rutigliano? E’ in questo incancrenirsi, sclerotizzarsi di uno scontro che si trascina dal giorno dopo le elezioni amministrative del 2009. Un clima rissoso e rancoroso che impedisce l’unanimità e il pacato, normale, confronto politico anche su questioni e provvedimenti che vedono maggioranza e opposizione pesarla, più o meno, alla stessa maniera.

Si sono perse ieri due occasioni di superare questa parodia di tragedia greca che aleggia in ogni consiglio comunale. Due occasioni si, perché è successo la stessa cosa sull’altro ordine del giorno, quello sull’ospedale. Anche qui c’è da stendere un velo, questa volta davvero pietoso, su una tragedia che ormai è voltata in commedia.

Sull’ospedale sono stati fatti due consigli comunali, presentate due mozioni rigorosamente distinte. La maggioranza che si approva da sola il suo documento, la minoranza che ne presenta uno suo e la maggioranza che lo vuole emendare con uno altrettanto suo, la bagarre in consiglio ogni volta che se ne discute.

Alla fine ieri tutti e due i documenti, dopo mezz’ora di sospensione del consiglio, vengono ritirati grazie a un barlume di dignità politica. Se ne discuterà in un altro momento su un documento che avrà scontato già, altrove, una sorta di comunione di intenti. Ma anche qui il solito Gaio ha messo in guardia. E' difficile, ha detto, che sull’ospedale ci si possa mettere d’accordo e, comunque, in democrazia sono i numeri che contano.

La vera tragedia è che, mentre maggioranza e minoranza si accapigliano sugli ordini del giorno, la ASL smantella indisturbata l’ospedale di riabilitazione e lungodegenza.
Un eventuale documento unitario che, alla fine, dovesse venir fuori dal consiglio comunale sarà cosi fuori tempo massimo, così fuori luogo, che Tommaso Fiore, Nicola Pansini e Nichi Vendola si faranno una risata, compatendo.

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