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DEMOLITO IL PARETONE SECOLARE DI VIA TURI

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Molti anni fa, percorrendo la via per Turi, entrambi i lati della strada erano bordati da alti muri a secco. Una volta quei “parieti”, realizzati in pietra ed edificati parallelamente alla strada, avevano un valore storico con profondi legami col paesaggio consolidato. Paretoni, nome con cui sono conosciuti i resti di mura di grande spessore, costruiti accumulando a secco i sassi rinvenuti in luogo.

La tecnica di costruzione prevedeva la mancanza di fondazioni e la posa in opera di blocchi naturali, non lavorati, disposti alternativamente di testa e di taglio a formare due muri sulle due facce, mentre lo spazio intermedio era riempito con materiale di risulta. Il muro a secco è stato il primo esempio di manufatto umano ed è presente in tutte le culture del pianeta. Rappresenta, infatti, il primo tentativo di modificare l'ambiente per ricavarne un qualsiasi uso; sia per costruire un riparo sia per delimitare un luogo.

Il luogo nel nostro caso è un complesso ottocentesco di ville della famiglia Chiaia, vincolato dalla fine degli anni ’80. Quel muro, la cui unica traccia superstite viene abbattuta in questi giorni, ne delimitava la proprietà. Abbatterlo rappresenta una grande perdita per la nostra collettività. Metri di pietre abilmente posate le une sulle altre come si faceva una volta. Una vista godibile all’ingresso per Rutigliano. Negli anni la distanza tra il paese e le ville si è molto ridotta e pian piano entrambe le sponde del muro sono state abbattute. Ne rimaneva ancora questa traccia, ultimo testimone di un passato ormai colorato solo di muschi e licheni.

In tutti i paesi, i muri a secco sono protetti e salvaguardati. Noi li abbattiamo. Anche quando sono grandi e poderosi, anche quando la loro esistenza è traccia di una storia.
Oggi via Turi è orfana di un altro pezzo del suo passato, quello ottocentesco, quando in quella zona si costruivano residenze di campagna. Percorrere quella strada nei miei ricordi di bambina ha un sapore magico. Ci avviavamo nel primo pomeriggio, con qualcuno dei miei fratelli nel passeggino, e rientravamo quando era quasi buio. A destra e a sinistra i versanti del paretone assumevano i colori del pomeriggio e la sera, un’aura quasi spettrale. Le ville avevano un aspetto raffinato, i giardini erano lussureggianti e curati. Oggi le casette di pertinenza sono state abbattute, a villa Turco il cancello principale è schermato da un’orribile stuoia e sono stati aperti numerosi ingressi. Ha perso la sua aria fine.

Villa Chiaia, più avanti, sulla destra oggi è mutila del suo verone di sinistra, dal quale si affacciavano le nobildonne della famiglia. Il giardino è stato drasticamente potato. La villa ha un’aria stanca, asfittica.
Quei 500 metri dal paese fino all’incrocio avevano un fascino particolare, fino a dieci anni fa.
Il togliere pietre dalle campagne, nel passato inaugurava i lavori agricoli ed era operazione che di per sé significava civiltà. Ma oggi invece togliere le pietre che significa?

I muri rivelano uno stile, una cultura, una civiltà, una tradizione, ma anche un’arte che si tramandava da padre in figlio. I muri raccontano la vita di un tempo laborioso, povero, sereno, carico di speranza. Sono monumenti culturali, non sono solo sassi, sono disposti con pensiero finalistico, con la liturgia delle pietre, con la ricerca paziente dell’ordine funzionale ed estetico.

Si può ben sostenere che il muro a secco sia diventato il simbolo materiale di una cultura costruttiva che ha saputo essere, allo stesso tempo, unitaria e diversificata da luogo a luogo. Ovunque si presenta come risultato delle condizioni geologiche e del contesto culturale.
Il muro a secco non è soltanto un muro, non esaurisce la sua funzione portando i ripiani di terra con le relative colture, è soprattutto un elemento mobile e flessibile dei paesaggi terrazzati. La sua struttura, infatti, è variata nel tempo, incorporando sempre nuovi spazi vitali, a seconda delle peculiarità locali, costruttive e agrarie.

Ho letto recentemente, nel "Bollettino ufficiale della Regione Puglia n. 164 del 28 ottobre 2010 la determinazione dirigenziale 15 ottobre 2010 n. 839 recante PSR Puglia 2007-2013 - MISURA 216 - Azione 1 - 'Ripristino muretti a secco'. Modalità di esecuzione degli interventi e di erogazione degli aiuti", che L'Azione è finalizzata a salvaguardare e migliorare il paesaggio agrario e a conservare elementi naturali e seminaturali in grado di promuovere il mantenimento delle capacità di autoregolazione degli agroecosistemi regionali, quali i muretti a secco, ossia elementi in grado di filtrare, tamponare e conservare la qualità dell'ambiente e, più nel dettaglio, a salvaguardare l'attività degli organismi vegetali e animali che vivono negli agroecosistemi dei muretti a secco, in quanto "aree rifugio" per i nemici naturali dei parassiti delle colture. L'obiettivo operativo dell'Azione è quello di sostenere le spese legate ad investimenti di ripristino dei muretti a secco già esistenti.

Dunque, i muri non si devono abbattere, ci sono addirittura dei finanziamenti per sostenere le spese per la loro conservazione.
E allora, mi chiedo, perché noi rutiglianesi siamo così?

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