La migliore politica, “Fratelli tutti” V parte
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- Pubblicato Giovedì, 22 Ottobre 2020 08:09
- Scritto da Sac. Pasquale Pirulli
Sac. Pasquale Pirulli
Affinché i popoli e le nazioni possano vivere nella fraternità universale e nella amicizia sociale il papa fa appello alla migliore politica. (154)
Populismi e liberalismi
Si tratta di confrontarsi con le sfide poste dal populismo. che emargina i deboli, e dal liberalismo, che protegge gli interessi dei potenti. Sono due visioni politiche molto limitate e contrapposte che ostacolano la costruzione di un mondo aperto. (155)
Popolare o populista
Non si può negare la diffusione dei termini “populista” e “non populista” che esprimono una valutazione generalista delle persone, dei gruppi, delle nazioni e dei governi. Questo uso generalista e superficiale del termine gli fa perdere il suo positivo riferimento al popolo. (156) Purtroppo si diffonde l’ignoranza del valore del termine “popolo” e il riferimento alla categoria politica “democrazia”. La ricchezza dei termini “popolo” e “popolare” in contrapposizione alla categoria “demagogia” è così sintetizzata:” Ci sono fenomeni sociali che strutturano le maggioranze, ci sono mega-tendenze e aspirazioni comunitarie, inoltre si può pensare a obiettivi comuni, al di là delle differenze, per attuare insieme un progetto condiviso; infine, è molto difficile progettare qualcosa di grande a lungo termine se non si ottiene che diventi sogno collettivo” La realtà sociale si legge con la categoria di popolo. (157)
Ci sono modi sbagliati di interpretare la categoria “popolo” e bisogna ricordarsi che la stessa non è una categoria logica, o mistica o anche angelicata. Per parlare di popolo bisogna recuperare il senso giusto dell’appartenenza perché “Essere parte del popolo è far parte di un’identità comune fatta di legami sociali e culturali. E questa non è una cosa automatica; anzi; è un processo lento, difficile… verso un progetto comune”. (158) Non bisogna nascondersi il ruolo decisivo che possono giocare i leader i quali se rimangono nel contesto del servizio al popolo sono benemeriti, ma se si servono del popolo, strumentalizzando la sua cultura per un progetto personale di potere politico oppure cercare il successo del consenso popolare fomentando spinte egoistiche di alcuni settori della popolazione. (159) Ai leader disonesti si aggiungono i gruppi populisti i quali utilizzano la parola “popolo” ma non ne valorizzano la sua originale “apertura” verso un futuro che sia accoglienza e sintesi dei diversi. (160) Si strumentalizza il popolo quando gli si prospetta la ricerca dell’immediato benessere, dimenticando che soltanto attraverso un impegno arduo e costante nel tempo si può realizzare lo sviluppo di tutti. Del resto lo sviluppo dell’economia richiedere tempo e gli stessi piani assistenziali sono risposte provvisorie anche ad alcune esigenze urgenti. (161) La risposta positiva per il benessere di un popolo è quella del lavoro. Non è sufficiente elargire l’elemosina di un «reddito di cittadinanza» che rimane a livello di umiliante assistenzialismo. Il papa insiste: “Il vero obiettivo dovrebbe essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro”. Così “la politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno”. “Non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro”. Si insiste sulla dimensione sociale del lavoro “perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo, per vivere come popolo”. (162)
Valori e limiti delle visioni liberali
Proprio partendo dal suo individualismo la visione liberale non accetta la categoria di “popolo”, anche perché considera la società come una “somma di interessi che coesistono”. Anche nel difendere il valore della libertà la si restringe ad una classe sociale di potenti emarginando i poveri i deboli. Per i liberali le parole “popolo” e “prossimo” indicano categorie mitiche che non esistono. (163) Per papa Francesco a saldare le due dimensioni (mitica e istituzionale) della realtà sociale interviene la carità che “implica un cammino efficace di trasformazione della storia che esige di incorporare tutto: le istituzioni, i diritti, la tecnica, l’esperienza, gli apporti professionali, l’analisi scientifica , i procedimenti amministrativi, e così via”. Il privato è difenso e diventa sempre pubblico: “un caldo focolare domestico non ha intimità se non sta sotto la tutela della legalità, di uno stato di tranquillità fondato sulla legge e sulla forza e con la condizione di un minimo di benessere assicurato dalla divisione del lavoro, dagli scambi commerciali, dalla giustizia sociale e dalla cittadinanza politica”. 164). La carità riesce ad esprimersi non soltanto nell’incontro tra persona e persone, ma anche di raggiungere fratelli e sorelle lontani e ignorati con l’aiuto delle istituzioni di un società organizzata, libera e creativa di servizi sociali. Si ricorda che il buon samaritano della parabola ha avuto bisogno di rivolgersi al servizio della pubblica locanda per realizzare il suo proposito di carità. Lo spirito realista della carità fa appello a tutte le risorse per sovvenire ai bisogni degli ultimi. Ne deriva che l’esercizio della carità non può essere solitario impegno di pochi volenterosi che raggiungono risultati limitati, ma al della crescita di una spiritualità della fraternità deve intervenire un’organizzazione mondiale più efficiente in aiuto degli abbandonati dei Paesi poveri. Si tratta di una sfida anche alla scienza più rigorosa per ricercare percorsi differenti di interventi. (165) Si impone di tener presente il bisogno urgente di una conversione a dispetto di una propaganda politica che insiste nel fomentare una cultura individualistica e ingenua davanti allo strapotere degli interessi economici dei potenti. Bisogna smontare il paradigma tecnocratico non solo limitando i suoi eccessi, ma guarendo la piaga dell’egoismo che la tradizione cristiana ha chiamato “concupiscenza” e che ha segnato dolorosamente la storia umana. (166)
Alla limitata visione liberale si deve rispondere con l’impegno educativo, lo sviluppo di abitudini solidali, la capacità di pensare la vita umana più integralmente, la profondità spirituale- La visione liberale non fa attenzione alla fragilità umana e sogna un mondo autosufficiente dotato in un ordine capace di assicurare il futuro e la soluzione di tutti i problemi. (167) Il neoliberalismo propone il mito del “mercato” e si affida alla strategia del “traboccamento” e del “gocciolamento” per risolvere i problemi sociali. A ciò si aggiunge il danno provocato dalla speculazione finanziaria con il suo unico scopo del facile guadagno. La risposta è che il “traboccamento” non elimina l’ingiustizia e propone nuove forme di violenza sociale. A questi mali si risponde con una “politica economica attiva che promuova un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale”. D’altra parte il mercato “senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca” non può espletare la propria funzione economica. Manca la fiducia e le ricette dogmatiche della teoria economica che comanda non sono infallibili. Quanto mai attuale è questa riflessione di papa Francesco: “La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno”. (168) Bisogna recuperare l’apporto dei movimenti popolari che aggregano disoccupati, lavoratori precari e informali e “danno vita a varie forme di economia popolare e di produzione comunitaria” Questi movimenti spontanei devono partecipare alla vita sociale, politica ed economica con modalità proprie ma prima di tutto devono coordinarsi e non tradire la propria matrice dal basso promossa dagli esclusi. Si può definire la loro azione come “la poesia della società” e si auspica che con il loro coinvolgimento si promuova lo sviluppo umano integrale e ci sia finalmente “non una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno in un progetto che riunisca i popoli” . A dispetto di alcuni saccenti “pensatori” senza i poveri «la democrazia si atrofizza, diventa un nominalismo, una formalità, perde rappresentatività, va disincarnandosi perché lascia fuori il popolo nella sua lotta quotidiana per la dignità, nella costruzione del suo destino». (169)
Il potere internazionale
Papa Francesco denunzia che non è stata recepita la lezione della crisi finanziaria del 2007-2008 che era l’occasione buona per una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Le strategie di intervento hanno continuato la vecchia strada del maggiore individualismo, della minore integrazione, maggiore libertà per i potenti. (170) La tentazione ricorrente dell’onnipotenza di persone singole o di gruppi viene messa in crisi dal principio della giustizia che vuol dire ”dare a ciascuno il suo” e lo stesso potere è limitato dalla sua distribuzione tra diversi soggetti. Attualmente nel mondo ci sono molti falsi diritti e contemporaneamente settori senza protezione che sono vittime di un cattivo esercizio del potere. (171) Purtroppo nel nostro secolo abbiamo la prevalenza dello strapotere di gruppi finanziari transnazionali e quindi dovrebbero essere più sviluppate le istituzioni internazionali e queste essere guidate da autorità designate dai governi nazionali e dotate del potere sanzionatorio secondo giustizia. Non si tratta di affidarsi ad un’autorità monocratica personale ma auspicare la presenza di organizzazioni mondiali più efficaci, dotate di autorità per assicurare il bene comune, lo sradicamento della fame e della miseria e la difesa dei diritti umani fondamentali. (172) Bisogna dare concreta vita al concetto di “famiglia delle Nazioni” e perciò riformare l’Organizzazione delle Nazioni Unite e la stessa architettura della finanzia internazionale. Per favorire il processo di rinnovamento devono prevedersi limiti giuridici precisi per impedire imposizioni culturali e riduzione delle libertà essenziali a danno delle nazioni più deboli. In questo contesto si deve affermare il diritto internazionale perché “quella internazionale è una comunità giuridica fondata sulla sovranità di ogni Stato membro, senza vincoli di subordinazione che ne neghino e ne limitino l’indipendenza”. Alla base della fraternità universale ci deve essere la giustizia e quindi ”bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, e ai buoni uffici e all’arbitrato” secondo la Carta delle Nazioni Unite. Il papa mette in guardia del pericolo che questa Organizzazione sia delegittimata (173) e auspica che siano osservate le norme essenziali quali quella di mantenere fede ai patti sanciti (pacta sunt servanda), dare “spazio alla forza del diritto e non al diritto della forza” e quindi potenziare gli strumenti normativi per la soluzione pacifica dei problemi tra gli Stati con strumenti normativi multilaterali che superino le deficienze degli accordi bilaterali. (174) Dinanzi ai limiti della Comunità internazionale ci sono aggregazioni e organizzazioni della società civile che per il principio della sussidiarietà svolgono una positiva azione di complementarietà alla deficienze dello Stato. Esse perseguono il bene comune e l’eroismo di alcuni loro membri sono testimoni di autentica e bella umanità. (175)
Una carità sociale e politica
La politica oggi è inquinata dagli errori, della corruzione e dall’inefficienza di alcuni operatori. Altri attacchi le derivano dall’economia e dall’ideologia . Tutti riconoscono che la fraternità universale e la pace sociale possono essere assicurate soltanto dalla buona politica. (176)
La politica di cui c’è bisogno
Papa Francesco si sofferma sul rapporto tra politica ed economia e dopo aver stigmatizzato il paradigma efficentista della tecnocrazia dichiara che 2Non si può giustificare una economia senza politica. Ci deve essere distinzione tra i due campi e non si può affidare il potere reale dello Stato all’economia. In fin dei conti ci si aspetta dalla buona politica una visione ampia dei problemi, un positivo dialogo sui diversi aspetti della crisi e la capacità di riformare le istituzioni. Non si può affidare soltanto all’economia la guida della società. (177) La critica della bassa politica, ferma al successo immediato, è quanto mai decisa: “La grandezza< politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine.”. Il tornaconto immediato a fine elettorali non è un positivo progetto di Nazione e non è neanche vera giustizia perché “la terra è un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmetter alla generazione successiva”.(178) Alle gravi carenze strutturali, che non si possono risolvere con rattoppi o soluzioni veloci ed occasionali, deve dare una risposta la buona politica con reimpostazioni di fondo e trasformazioni importanti. L’economia deve essere integrata in un processo politico, sociale, culturale e popolare che dia opportunità differenti a tutti e favorisca la libera creatività umana e il sogno di progresso. (179)
L’amore politico
La fraternità umana e l’amicizia sociale si potranno realizzare attraverso l’esercizio della carità e avviare processi sociali per la loro realizzazione diventa carità politica. Proprio la carità diventa l’anima della politica, e così un ordine sociale e politico viene animato dalla carità sociale. Il papa rivaluta la politica perché “è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune”. (180) C’è uno stretto legame tra dottrina sociale della Chiesa e carità che diventa testimonianza dell’insegnamento di Gesù. La carità deve avere una dimensione politica perché si deve esprimere non solo nei rapporti di vicinanza ma nelle relazioni più ampie: rapporti sociali, economici e politici. (181) La carità politica matura un senso sociale che supera ogni individualismo. Bisogna recuperare il positivo rapporto tra persona e popolo e quindi è compito della buona politica costruire comunità di persone per evitare gli effetti disgreganti della globalizzazione. (182)
Amore efficace
L’attività dell’amore politico costruisce la civiltà dell’amore, auspicata da S. Paolo VI, e la stessa carità nel suo dinamismo universale costruisce veramente un mondo nuovo. Per il papa l’amore sociale è una “forza capace di suscitare nuove vie per affrontare i problemi del mondo d’oggi e per rinnovare profondamente dall’interno strutture, organizzazioni sociali, ordinamenti giuridici”.(183) Purtroppo oggi molti negano alla carità la capacità di incidere sulla realtà ma la forza della carità deve essere unita alla verità per raggiungere tutti. La carità si deve aprire alla verità per incidere sullo sviluppo umano di portata universale. (184) Per realizzare il bene degli altri non bastano le buone intenzioni, ma con la luce della ragione della fede e con il contributo delle scienze si possono trovare le vie per realizzare i risultati positivi per tutti. (185)
L’attività dell’amore politico
Papa Francesco ricorda la distinzione tra “amore elicito” che comanda atti diretti di carità e “amore imperato” che si impegna a costruire istituzioni più sane, ordinamenti più giusti e solidali e quindi impedisce il sorgere della miseria del prossimo. La carità deve intervenire a modificare le condizioni sociali che provocano la sofferenza e la povertà. La carità individuale aiuta un anziano ad attraversare il fiume, ma la carità politica provvede a costruire un ponte; e così non basta dare da mangiare all’affamato ma è carità del politico creare nuovi posti di lavoro. (186)
I sacrifici dell’amore
La carità politica è amore preferenziale per i gli ultimi, di cui si coglie la dignità, si rispetta il loro stile di vita e la loro cultura e gli si facilità l’integrazione sociale. La preferenza verso i poveri è il nucleo dell’autentico spirito della politica e supera la visione limitata del pragmatismo. Ma non bisogna mortificare i poveri rendendoli inoffensivi e passivi. Anch’essi possono e devono essere protagonisti del loro riscatto sociale perché “ogni essere umano deve essere artefice del proprio destino.. Si tratta di unire il principio della solidarietà a quello della sussidiarietà. (187)
I politici sono chiamati a trovare una soluzione per tutto quello che ostacola i diritti umani fondamentali per tutti.. Fare fronte al modello funzionalista e privatista che favorisce la “cultura dello scarto” e prendersi cura della fragilità delle persone e dei popoli. Ecco le qualità del buon politico: “ deve essere un realizzatore, e un costruttore di grandi obiettivi, con sguardo ampio, realistico e pragmatico, anche al di là del proprio Paese”. Egli è chiamato a contrastare il fenomeno dell’esclusione sociale ed economica e le sue tristi conseguenze che sono: la tratta degli esseri umani, il commercio di organi e tessuti umani, lo sfruttamento sessuale di bambini e bambine, il lavoro schiavizzato, la prostituzione, il traffico di droghe e armi, il terrorismo e crimine internazionale organizzato. Bisogna combattere questi flagelli non soltanto potenziando l’intervento delle istituzioni ma anche ricorrendo alle risorse dello sviluppo tecnologico. (188) La politica a livello mondiale deve impegnarsi ad eliminare la fame contrastando la speculazione finanziaria che condiziona il prezzo degli alimenti e lo scarto di tonnellate di alimenti. “La fame è criminale, l’alimentazione è un diritto inalienabile”. Oltre la fame c’è da combattere il flagello delle tratta delle persone. (189)
Amore che integra e raduna
Alla carità politica papa Francesco suggerisce un altissimo obiettivo che qualcuno potrebbe definire utopia ingenua. È quella dell’apertura a tutti, attraverso l’incontro a la ricerca della convergenza su alcuni temi. Si tratta di costruire un poliedro “dove tutti trovano un posto” al di là delle semplici trattative di tipo economico. (190) Purtroppo le relazioni tra le persone e i popoli sono danneggiate dall’intolleranza fondamentalista e bisogna avere il coraggio di vivere e insegnare “il valore del rispetto, l’amore che accoglie ogni differenza nel rispetto della dignità della persona. Un buon politico ascolta tutti, al di là dei fanatismi, delle frammentazioni culturali. Deve evitare il conflitto delle differenze ma anche l’asfissia dell’uniformità forzata. (191. Papa Francesco e il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb hanno chiesto nella loro dichiarazione comune sulla fratellanza “agli artefici della politica internazionale e dell’economia di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente”. È necessario correggere la deriva di quella politica “che semina l’odio e la paura verso le altre nazioni in nome del proprio Paese”.
Più fecondità che risultati
Un buon politico deve fare i conti con l’umanità e guardare in concreto ogni uomo che è unico al mondo e deve essere soddisfatto in tutti i suoi problemi personali, familiari. È vero che “si devono conoscere le sue malattie per curarle, la sua mancanza di denaro per fornirglielo, il suo bisogno di casa per darli un alleggio, il suo desiderio di svago e di distrazioni per organizzarli”. Bisogna andare oltre questi bisogni e amarlo come un fratello, come se al mondo non ci fosse altri che lui. (193) Nella politica ci deve essere spazio per la tenerezza. In mezzo all’attività politica i più piccoli e i più deboli hanno il “diritto” di prendere l’anima e il cuore, perché sono essi fratelli e sorelle e come tali devono essere trattati. (194) Non bisogna inseguire i grandi risultati e nell’attività politica ci si deve ricordare che “ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto e la nostra dedizione. Perciò, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è sufficiente a giustificare il dono della mia vita”. Chi supera la visione della politica come “mera ricerca di potere” ha la sicurezza del valore di ogni sua piccola azione perché è capace di dare al mondo una nuova forza di vita. (195). La nobiltà della politica si esprime nell’essere capaci di avviare processi i. cui frutti saranno magari raccolti da altri e quindi la buona politica è sintesi di carità e di speranza perché c’è la convinzione che in ogni persona c’è la capacità di sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. (196)
Una ultima raccomandazione per avere una buona politica è quella di evitare l’apparire, il marketing, e le forme del maquillage mediatico. Le conseguenze negative sono la divisione, le inimicizie e lo scetticismo su un progetto di bene comune. Ed ecco alla fine l’esame di coscienza che si impone ad ogni buon politico: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?”. (197)
Commento
Il sesto capitolo dell’enciclica “Fratelli tutti” avvia l’esposizione di un ampio trattato di teologia politica, perché offre non solo un’analisi puntuale dell’attività politica con le sue ombre e le sue luci. ma propone una riflessione e piste di sviluppo alla luce del vangelo sottolineando la valenza della carità politica. Un primo passo è denunciare le categorie che oggi ispirano l’attività politica e cioè quella populista e quella liberale. Il populismo nasconde il pericolo di servirsi dei ristretti interessi di individui e di ristretti gruppi a differenza del concetto di popolo che sintetizza una identità originaria con una prospettiva di sviluppo nell’accoglienza del diverso che è sempre arricchimento. Purtroppo anche il liberalismo ha una concezione limitata non solo della identità del popolo ma anche della stessa libertà che diventa monopolio e diritto di ristretti gruppi e dei loro interessi.
A contrastare la deriva del populismo e del liberalismo interviene la carità che suggerisce di sintetizzare il pubblico e il privato perché è capace di leggere la realtà senza pregiudizi ideologici e si avvicina agli altri con autentico spirito di fraternità, in quanto riconosce in tutti la fondamentale dignità della persona umana creata da Dio. Purtroppo i responsabili della comunicazione sociale insistono su parametri individualistici e così offrono spazi limitati alla stessa politica interessata a soddisfare le pretese individualistiche e gli interessi economici di chi ha già un potere notevole. Il ruolo della libertà del mercato non favorisce la soluzione dei problemi sociali e del resto l’economia non può risolvere i problemi sociali svincolata dalla politica. Purtroppo gli Stati nazionali sono in difficoltà nel contrastare lo strapotere dell’economia che ha dimensioni sovranazionali e quindi il fenomeno della globalizzazione mortifica le identità nazionali e non soddisfa i bisogni dei poveri.
Non sono da dimenticare gli apporti positivi che possono derivare dai movimenti popolari i quali sono portatoti di democrazia e di genuina creatività perché sorgono del basso e conoscono maggiormente i bisogni dei poveri. Il discorso si allarga ad un esame del ruolo delle organizzazioni internazionali e della stessa Organizzazione delle Nazioni Unite, le quali sono in affanno nel prospettare e nel conseguire obiettivi comuni quali il rispetto dei diritti umani e la pace tra i popoli. Il papa insiste sulla necessità urgente di una carità sociale e politica e delinea le qualità del buon politico che non si piega ai paradigmi efficientisti della tecnocrazia, ma ha lo sguardo aperto a tutti e che si spinge nel futuro oltre le contingenze immediate.
Si deve parlare di amore politico che va oltre i bisogni dei singoli e guarda il bene di tutti e di un amor efficace capace di incidere sulla realtà e costruire un mondo nuovo e rinnovare le strutture e le organizzazioni sociali e gli stesasi ordinamenti giuridici, La buona politica deve assicurare a tutti il godimento di tutti i diritti fondamentali e quindi ci vuole uno sforzo corale per eliminare le sofferenze che sono la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale dei bambini e delle bambine, la prostituzione e il commercio della droga e delle armi. Alla politica si chiede di impegnarsi ad eliminare la fame, di promuovere la integrazione specialmente dei migranti e di dare corpo al sogno di una «famiglia dei popoli». Nella politica ci deve essere spazio per la «tenerezza del cuore» e bisogna abbattere le pareti della divisione. Si chiede alla buona politica di insistere nella pratica del dialogo e della collaborazione nella prospettiva del futuro di tutta l’umanità. Certamente l’esame di coscienza proposto al politico riassume tutti i valori umani, sociali e cristiani di una buona politica, ispirata dalla carità e costruttrice di pace e unità tra tutti gli uomini che sono fratelli.