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«La caduta degli dei», sulla strada che continua

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Sac. Pasquale Pirulli  
don pasquale foto
Grande sorpresa e sconcerto ha generato nel mondo religioso la notizia dell’allontanamento dalla comunità di Bose di Enzo Bianchi, fondatore della stessa all’indomani della fine del Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965). La decisione inaspettata e dolorosa è stata comunicata dal card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, a nome di papa Francesco, con un decreto firmato il 13 maggio 2020, al termine di una visita  apostolica durata sei mesi.

I visitatori erano il P. Guillermo Leòn Arobleda Tamayo, abate presidente dei Benedettini Sublacensi-Cassinesi, P. Amedeo Cencini e Madre Anne-Emmanuelle Devêche abbadessa di Blauvac. La realtà della comunità monastica fondata da Enzo Bianchi ha sede a Bose, a Ostuni, Assisi, Cellole-San Gimignano, Civitella San Paolo e Gerusalemme e si pone come attiva e vivace nel dialogo ecumenico proprio nella sua costituzione che accoglie fratelli e sorelle di diverse confessioni cristiane che si propongono di vivere gli ideali monastici della preghiera con la parola di Dio lavoro, del lavoro e della vita comunitaria. Vivacemente presente anche nel campo culturale con la casa editrice Qiqajon.

Lo stesso papa Francesco si era reso presente nella ricorrenza del 50° di fondazione della comunità di Bose con l’auspicio di continuare  a “meditare più intensamente sulla vostra chiamata e sulla vostra chiamata e sulla vostra missione, affidandovi allo Spirito Santo  per avere saldezza e coraggio nel proseguire con fiducia il cammino e a perseverare nell’intuizione iniziale”. Alla vigilia del conclave dell’anno 2017 addirittura qualche giornalista ipotizzava la berretta cardinalizia per fratel Enzo Bianchi che sarebbe stato “cardinale laico”!!!  Una svolta nella vita della comunità c’era stata il 25 gennaio dell’anno 2017 quando lo stesso Enzo Bianchi ha abdicato al suo ruolo di guida (priore) e permesso la elezione del suo successore fratel Luciano Manicardi. La motivazione della visita ispettiva e del conseguente provvedimento di allontanamento è stato quello di riportare la serenità nella vita della comunità nel «momento di un passaggio che non può non essere delicato e per certi aspetti problematico per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità, la gestione del governo e il clima fraterno». La lettera del card. Pietro Parolin impone a Enzo Bianchi, Goffredo Boselli, Lino Breda e alla sorella Antonella Casiraghi di allontanarsi dalla comunità e «trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti».
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Enzo Bianchi ha espresso il suo profondo rammarico e ha dichiarato di non aver mai contestato «con parole o fatti l’autorità del legittimo priore Luciano Manicardi, un mio collaboratore stretto per più di vent’anni, quale maestro dei novizi e vicepriore della comunità, che ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità». Probabilmente è una crisi di crescita della stessa comunità  orientata da tempo a individuare «le linee portanti di un processo di rinnovamento che infonderà rinnovato alla nostra vita monastica ed ecumenica». Da parte sua fratel Enzo Bianchi con sincerità ha ammesso:«Comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema» e ha rivelato il suo proposito di mantenere il silenzio: «Giunge l’ora in cui solo il silenzio può esprimere la verità, perché la verità va ascoltata nella sua nudità e sulla croce è il suo trono. Gesù per dire la verità di fronte a Erode ha fatto silenzio…E’ il momento del silenzio, della preghiera incessante per continuare a camminare».  In un primo momento ha prospettato al delegato pontificio P. Amedeo Cencini la possibilità di fermarsi con gli altri sodali sulla serra di Ivrea.

Il vescovo di Biella Mons. Gabriele Mana  ha espresso la sua vicinanza paterna ai fratelli del monastero di Bose: «Desideriamo rinnovare il nostro sentimento di vicinanza e di preghiera ai fratelli e alle sorelle e anche ai tanti amici che in molti modi seguono la vita della fraternità e ne attingono i doni spirituali». Qualche amico della comunità non ha gradito la mano «pesante» del card. Pietro Parolin e ha scritto: «Caro Enzo quello che lei ha realizzato a Bose nessun provvedimento ecclesiastico potrà cancellarlo». Un invito all’ubbidienza ha rivolto p. Bartolomeo Sorge s.j. protagonista della storia della Chiesa italiana degli ultimi cinquanta anni, scrivendo: «A questo punto Enzo Bianchi deve accettare con amore la sofferenza della prova. La ribellione e la resistenza sarebbero un errore fatale perché in questi casi si accetta la croce anche senza capirne le ragioni... Quando la Chiesa interviene, si bacia la mano della Chiesa che è nostra madre e non ha nessun interesse a massacrare un figlio. Poi si vedranno i frutti, le botte prese sono l’autenticazione dell’opera di Dio. Ecco perché a Bianchi consiglio di fare le valigie subito e di andare dove lo mandano, e di farlo con gioia».

Finalmente c’è una schiarita sulle dense nubi che gravavano sul futuro della comunità di Bose. Enzo Bianchi che aveva dichiarato: «Siamo disposti, nel pentimento, a chiedere e a dare misericordia» poi ha accettato il suo allontanamento da Bose «a tempo indeterminato»  raggiungendo la nuova comunità. I due suoi confratelli Goffredo Boselli e Lino Breda saranno per cinque anni lontani dl monastero di Bose. Anche suor Antonella Casiraghi raggiungerà una nuova comunità.  Così si avvia una nuova strada per risanare una situazione che minacciava di essere esplosiva per la comunità di Bose.
L’ultima notizia è questo comunicato della stessa Comunità che avvia un processo di distensione: «All’indomani della solennità della Pentecoste la comunità di Bose ha accolto la notizia che il suo fondatore, fratel Enzo Bianchi, assieme a fratel Goffredo Boselli e a suor Antonella Casiraghi hanno dichiarato di accettare, seppure in spirito di sofferta obbedienza, tutte le disposizioni contenute nel Decreto della Santa Sede del 13 maggio 2020. Fratel Lino Breda l’aveva dichiarato immediatamente, al momento stesso della notifica».   

Purtroppo qualche giornalista nei suoi commenti “acidi” a questa vicenda della comunità di Bose ha evocato il fantasma di P. Marcial Maciel Degollado (10 marzo 1920-30 gennaio 2008), fondatore dei Legionari di Cristo e del movimento Regnum Christi. La sua congregazione, molto fiorente di membri e di opere apostoliche,  faticosamente sta dimenticando le malefatte di P. Maciel, decisamente condannate da papa Benedetto XVI che lo ridusse allo stato laicale. Si è fatto anche il nome Jean Vanier (1928-2019), fondatore dell’istituto L’Arche e del movimento Foi et Lumiere (Fede e Luce), i cui attuali responsabili hanno avuto il coraggio di denunciare le violenze del loro fondatore.

Questi due ultimi casi molto deplorevoli giustificano il titolo di questa nota. Anche nella Chiesa coloro che credono di esser in alto, per un carisma ricevuto, corrono il rischio di precipitare quando si credono uomini <<deificati>> dal potere, che deve rimanere sempre servizio ai fratelli.
Per la Comunità di Bose così vivacemente attiva nelle relazioni ecumeniche è la crisi della crescita da una dimensione diocesana, in cui si è espresso il carisma del fondatore, a una dimensione ecclesiale che consiglia il distacco del fondatore e una libertà di azione del suo successore.  

 


                           

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