Un libro sulle vicissitudini della famiglia Porro
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- Pubblicato Lunedì, 31 Marzo 2014 10:30
- Scritto da Comune di Rutigliano
Giovedì 3 Aprile
Le vicissitudini della famiglia Porro
e l’episcopato del Venerabile Mons. Giuseppe Di Donna
Presentazione del libro di RICCARDO RICCARDI
“Una famiglia borghese meridionale. I Porro di Andria”
A cura della Parrocchia San Domenico e della Biblioteca Comunale di Rutigliano, sarà presentato Giovedì 3 Aprile alle ore 19,30, nella Sala Conferenze di Palazzo San Domenico di Rutigliano, il libro del giornalista e storico Riccardo Riccardi: “Una famiglia borghese meridionale. I Porro di Andria” (Rubbettino Editore, 2013).
Con l’autore dialogheranno il prof. Nicola Valenzano e il parroco don Pasquale Pirulli.
Ingresso libero.
IL LIBRO. 5 Marzo 1946. Ad Andria una manifestazione di disoccupati si trasforma in una insurrezione popolare con scontri armati tra manifestanti e polizia. L’evento culmina il 7 Marzo con l’eccidio delle sorelle Porro. Quella sera, dopo le 20, si sentì un colpo d’arma da fuoco. Qualcuno, volutamente, sparse una falsa notizia: “hanno sparato dal palazzo delle sorelle Porro!”.
Ebbe così inizio il macabro eccidio. Francesco Ciriello, inquilino delle Porro, Stefania e Vincenzina Porro, nonostante le violenze scamparono la morte; invece per Luisa e Carolina non ci fu nulla da fare. Furono afferrate in via San Mauro e spinte attraverso l’androne del loro palazzo, prima in piazza Municipio e poi trascinate per i capelli in via Bovio.
Carolina fu uccisa da un esagitato con un colpo di baionetta allo stomaco e pestata a sangue ripetutamente sul viso dai tacchi delle scarpe di una donna; Luisa, invece, dopo aver “benedetto” il suo carnefice mentre con la sua mano esile si liberava gli occhi dai capelli imbrattati di sangue, fu mandata a sbattere con un violento spintone, tra ingiurie indicibili, contro lo spigolo della porta attigua all’armeria Giannotti.
I corpi delle due sorelle Porro giacquero nel fango per tutta la notte osservati a vista dai cinici agitatori che impedirono qualsiasi soccorso. Al mattino dell’8 marzo girava voce che i due dilaniati cadaveri sarebbero stati trascinati per le vie della città; intervenne finalmente la forza pubblica su sollecitazione del vescovo mons. Giuseppe Di Donna che convinse i manifestanti a desistere dai loro propositi e i cadaveri vennero così prelevati e trasportati al cimitero.