«Quel centrodestra non esiste più», parola di Lanfranco
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- Pubblicato Domenica, 23 Febbraio 2014 09:46
- Scritto da Gianni Nicastro
di Gianni Nicastro
Giovedì scorso è successo, come abbondantemente annunciato da Rutiglianoonline. La rottura della coalizione di centrodestra, così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi quindici anni, si è pubblicamente consumata. Lanfranco Di Gioia e Oronzo Valentini viaggiano su un altro treno che vede, allo stato, come unico partito compagno di viaggio di "Rutigliano Protagonista", il NCD. Ma il progetto non è di centrodestra e neanche di centrosinistra. Questo è, scremata la serata dalla propaganda e dalla retorica, il nocciolo, il vero messaggio politico della kermesse digioiana.
Ma leggetelo dalle vive parole del “rutiglianese protagonista” Di Gioia. «Io spero di non dimenticare niente, ma a Gianni vorrei rispondere: se c’è o non c’è il centrodestra. C’è un progetto nuovo che non è né centrodestra e né centrosinistra. Se tu intendi il centrodestra così come era individuato fino a cinque anni fa, o fino a ieri, quel centrodestra non esiste più. Nel senso che non esiste come concetto di una coalizione che si vuole oggi proporre alla guida delpaese. Esiste un concetto nuovo, un nuovo progetto, che noi vogliamo mettere su a partire da oggi».
La domanda l’ho rivolta io e Lanfranco ha risposto a me così come, direttamente con me, ha interloquito quasi tutta la serata. La sua relazione introduttiva è stata, dall’inizio alla fine, un continuo citare Rutiglianoonline e gli articoli politici -di analisi e cronaca- qui pubblicati. Lanfranco ha preso spunto e ragionato sulla base di quelle analisi, un po’ risentito per l’aggettivo da me usato nel qualificare lo scenario che avrebbe prefigurato quel tavolo trasversale allestito tra loro (lui e Valentini) ed esponenti, o parti, del centrosinistra. L’aggettivo “osceno” non gli è proprio piaciuto.
Rutiglianoonline e i miei articoli sono stati, dunque, il leitmotiv di tutta la serata e degli interventi che si sono succeduti. A me ha francamente sorpreso tutta questa attenzione, ma al di là del quadretto su di me, che si è fatto pure simpatico quando il consigliere di opposizione Mimmo Gigante ha raccontato alla platea, facendola sorridere, del cancello da me scavalcato (cosa non vera) davanti alla sua villa per cogliere, in incognito e sul fatto, gli “inciucisti” radunati a casa sua domenica 2 febbraio scorso; al di là di questo, l’iniziativa di Rutigliano Protagonista ha finalmente chiarito un po’ di cose rispetto al futuro quadro politico locale, oggi ancora in uno stato di grande fluidità.
Niente più ideologie
Due sono gli assi portanti di questo movimento illustrati dal leader indiscusso: la fine delle ideologie, retaggio di un passato ingabbiato nel rigido schema destra-sinistra, la nascita di un progetto senza chiari riferimenti politico-ideologici che si ponga “alla guida del paese”. Un progetto che deve essere portato avanti più che dai partiti, tradizionalmente intesi, dai movimenti locali, dalle liste civiche, dalle tante, singole, persone e personalità, da chiunque ci voglia stare.
Un ragionamento, questo di Di Gioia, che stride un attimo se si guarda all’unica forza politica -per ora- che lo accompagna su questo treno, alla sua chiara connotazione ideologica con radici ben affondate nella destra post-fascista dell’MSI e di AN, il Nuovo Centro Destra, appunto, di Oronzo Valentini e Francesco Divella. Non so se ad Oronzo piaccia l’idea di dover rimuovere dal suo orizzonte mentale tutto l’inossidabile armamentario ideologico di quel tipo di destra per accontentare la svolta deideologizzante dell’ex sindaco decennale.
Lui, Oronzo, che ha visto i tanti giovani come lui di AN, nel 1999, cantare festosi e a squarcia gola “Faccetta nera bella abissina...” fuori dal comitato elettorale del sindaco vincente in via Mola. Le ideologie nel ’99 c’erano e sono servite -insieme alle divisioni del centrosinistra di allora- a vincere le elezioni amministrative. Come il centrodestra ideologico c’era, e ha funzionato, anche nel 2004, quando Lanfranco ha vinto la seconda elezione al primo turno grazie pure a un centrosinistra masochisticamente ancora diviso.
Sono servite finanche nel 2009. Fantastico e poderosamente ideologico è stato quel «Vincere e vinceremo!!» di mussoliniana memoria gridato da Francesco Divella sul palco del comizio finale in piazza Cesare Battisti con l’allora candidato sindaco Roberto Romagno al suo fianco. Lanfranco viene da questa metamorfosi politica rispetto agli anni giovanili passati alla -più moderata- scuola democristiana di don Pasquale Moccia. Ora siamo di fronte a un’altra metamorfosi, quella antiideologica, antipartitica.
Per capire il fenomeno bisogna capire da dove muove questa nuova svolta di un personaggio importante del nostro paese, che fa discutere di sé, che unisce e divide, che è apprezzato e disprezzato per i suoi dieci anni da sindaco.
Il problema è un altro
La caduta delle ideologie e tutto quello che di culturale si porta appresso c’entra poco. C’entra, e molto -a mio avviso- la congiuntura politica ed elettorale specifica di Rutigliano (in nessun’altro comune in cui si vota ci sono problemi "ideologici"), la poco brillante performance amministrativa del centrodestra guidato dal sindaco Romagno in questi cinque anni, il malumore dei cittadini soprattutto per le condizioni in cui versa la città (delle strade, dei marciapiedi, dello scarso controllo del territorio sulla questione dell’abbandono dei rifiuti...).
C’entra lo sfaldamento della coalizione che ha retto per quindici anni, la perdita di pezzi (liste) importanti e finanche di singole personalità spostate altrove. C’entra l’incompatibilità e l'astio storico tra lui e il capo di FI -il partito più grande da vent’anni- Matteo Colamussi, oggi deflagrato pubblicamente nella videointervista da noi fatta al presidente del consiglio comunale e in sala Mons. Didonna l’altra sera quando lo stesso Lanfranco ha risposto a tono agli attacchi di Colamussi: «Una iattura per il paese io candidato sindaco? Sarebbe una iattura per lui».
E’ qui il motivo vero della svolta: di fronte al rischio, concreto, di una sconfitta elettorale che porterebbe all’opposizione chi è abituato a stare al governo, è meglio scompaginare il quadro, dividere il campo avverso perlomeno così come è diviso il proprio campo, per avere una chance, magari giocabile al ballottaggio.
Diciamo che i motivi alla base della svolta di Lanfranco sono molto più “profani” rispetto al discorso -serio- sulla fine delle ideologie, sulla caduta del “Muro di Berlino” e la fine dei partiti tradizionali. Per la prima e la terza volta è bastato sottrarre il candidato sindaco al centrosinistra, disorientarlo e vincere le elezioni. Questa volta non basterebbe, perché la questione non è il candidato sindaco. Oggi è una questione di frattura della coalizione di centrodestra, di cifra elettorale che non farebbe quadrare i conti al primo turno, e neanche al ballottaggio, di fronte a un centrosinistra che si presentasse unito, compatto.
La visita lampo di Roberto
Il sindaco avrebbe fatto meglio a non venire l’altra sera, sia pure invitato. Non ha detto nulla di interessante, ha salutato, ha rivendicato le poche cose fatte nei suoi cinque anni, si è complimentato per l’iniziativa, ha auspicato un confronto, ha risalutato e se n’è andato. Non prima, però, che Lanfranco gli dicesse, papale papale, che «qui dobbiamo metterci tutti in discussione», tutti, quindi anche lui che è il sindaco uscente ricandidato da due forze politiche della ex coalizione (FI e Moderati).
Mancava solo che gli facesse il disegnino: rimetterci tutti in discussione vuol dire che tu non puoi essere anche il nostro ricandidato sindaco, primo perché lo sei già di Colamussi, secondo perché non funzioni più elettoralmente. Puoi venire con noi, aggregarti a noi con la tua lista civica “I Moderati”, quella sì che ci serve. Un disegnino che Lanfranco ha avuto il bon ton di non fare a Roberto, ma che ha capito benissimo Tonino Troiani, consigliere e capogruppo de “I Moderati” che, al Di Gioia, ha detto con tutta al sua, emozionata, semplicità: «Il simbolo della tua lista dovrebbe essere un volpino, perché Lanfranco io ti ritengo un volpino».
Non sono candidato sindaco
Sempre rispondendo a Rutiglianoonline, Di Gioia ha smentito di voler fare il candidato sindaco dell’era post-ideologica rutiglianese. Ma quel simbolo dietro le sue spalle, squisitamente elettorale, lui da solo al tavolo dei relatori, lui che modera, relazione, presenta, risponde, tradiscono l’ambizione.
Giovedì sera ha fatto tutto da solo, come da solo, e con carisma, ha governato per dieci anni il paese e la sua coalizione, al limite aiutato dai consigli di un particolare consulente “esterno” frequentato con una certa assiduità nei due mandati.
Ora non è candidato, perché ha da costruire la coalizione alternativa, ha da imbarcare quante più liste civiche. Ci ha provato col PD, sembra abbia -sul suo treno- già imbarcato Mimmo Gigante, probabilmente imbarcherà qualche altro pezzo del centrosinistra, ha da riempire la sua lista.
Le priorità ora sono queste, ora non è il momento della sua proposta. Quando un minimo di coalizione si profilerà all’orizzonte, saranno buttati sul tavolo dei nomi come candidati sindaco e ci sarà un confronto che li brucerà. Potrebbe succedere che, alla fine, dopo aver bruciato diversi nomi, lui sarà “costretto” a scendere di nuovo in campo direttamente nel ruolo che più gli è consono, candidato sindaco. Lo farebbe, ovviamente, solo per salvare la patria, per il bene del paese.
E’ vero, potrebbe non essere così, potrebbe davvero trattarsi di puro altruismo politico. Ma io, un Lanfranco Di Gioia che si spende in prima persona, dopo essere scomparso per cinque anni, che si butta a capofitto in una così tanto impegnativa avventura per fare eleggere una persona a sindaco che non sia lui, non me lo so davvero vedere.
Sarà ideologia, dietrologia, sarà -come ha detto Lanfranco giovedi sera alla sua platea- perchè sono «l'unico comunista rimasto a Rutigliano», sarà quello che volete, ma io la penso così.
A breve una sintesi video dell’incontro.