La Francia alle urne: una democrazia in pericolo?
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- Pubblicato Lunedì, 25 Aprile 2022 10:20
- Scritto da Vito Castiglione Minischetti
di Vito Castiglione Minischetti
Emmanuel Macron ha vinto le elezioni presidenziali, domenica 24 aprile 2022, con il 58,55% dei voti, contro il 41,45% di Marine Le Pen. L’astensione non è mai stata così alta, oltre il 28%. È stato rieletto presidente con ampio margine, contro chi proponeva una Francia chiusa, ripiegata verso un passato di grandeur, contro i sovranisti e i nazionalisti radicali.
Con Macron all’Eliseo, la Francia resta europea e respinge per la terza volta la tentazione populista ed euroscettica che, in questa campagna elettorale, si è rivelata ancora più aggressiva con un risultato storico (un balzo in avanti di oltre 8 punti per Marine Le Pen rispetto al 2017). L’elevato tasso di astensione, le schede bianche e nulle (8,6%) uniti ad un risultato spaventosamente importante di Marine Le Pen mostrano il quadro di un Paese disunito e lasciano in gola il gusto amaro di una vittoria motivata essenzialmente, per molti, dalla salvaguardia dei valori di tolleranza, di libertà, di fraternità, della democrazia tout court.
L’entusiasmo, l’energia e l’audacia di Macron mostrati sul palco del Louvre la sera del 7 maggio 2017, insieme alla solenne promessa: «In questo Paese esiste anche la rabbia, per ragioni che comprendo. Farò di tutto nei prossimi cinque anni perché non ci siano più ragioni di votare per gli estremi», non hanno frenato i populismi, e la sua politica, al contrario, ha generato ed incrementato estremismi della destra reazionaria, da Le Pen a Zemmour.
A chi mi chiedeva la mia valutazione in questa consultazione elettorale rispondo che al primo turno dell’elezione presidenziale1 ho dovuto fare la scelta del “voto utile”, allo scopo di evitare di ritrovare, nel ballottaggio, l’estrema destra. Domenica 24 aprile, ho votato, come tanti, senza illusioni e senza esitazione per Emmanuel Macron, contro Marine Le Pen, come già votai, nell’analoga situazione, per lo stesso Macron nel 2017 e per Jacques Chirac nel 2002. Un voto che non è per niente un voto di adesione alla politica di Macron, ma un voto per il futuro di questo Paese, un voto per l’Europa, un voto contro il dispotismo dilagante in Europa. È stata una necessità critica, dura, ma che partecipa alla grande mobilizzazione per riaffermare i nostri valori d’umanismo e di solidarietà, contro la minaccia di distruzione dei principi di uguaglianza della democrazia. Si è, ormai, da diverso tempo, nella condizione di trovarsi nell’incapacità di poter esprimere liberamente la propria indignazione davanti alle promesse tradite e alle politiche condotte, e di poter esprimere la propria rabbia davanti alle conseguenze sociali e morali, come se queste scelte politiche ci avessero già fatti cadere in una società autoritaria.
La crisi dei partiti cominciata in Italia già da qualche tempo, sta diventando una realtà inarrestabile anche in Francia. La nascita di movimenti come quello di Macron, di Mélenchon e di Zemmour ha contribuito a validare e ad accelerare la scomparsa dei grandi partiti politici di governo. La Francia, in questo, sembra imitare sempre più l’Italia. Oramai, la scelta imposta all’elettore, privato di alternative credibili, è quella fra una democrazia apparente (la riforma della Quinta Repubblica francese è di rigore!) e un populismo dilagante.
Certo, lo sbarramento contro la spinta continua dell’estrema destra ha ancora una volta funzionato evitando così di far precipitare il Paese nel razzismo e nel putinismo; ma la Francia rimane malata e divisa. Riforme urgenti sono necessarie per una giustizia sociale e fiscale, per la solidarietà e l’ecologia, fondate sui valori di uguaglianza e di umanità.
Quest’ultime consultazioni per l’elezione del presidente della Repubblica hanno ancora una volta dimostrato che se si vuole evitare, fra cinque anni, uno scenario dello stesso tipo con il grave rischio di precipitare nell’irreparabile, Macron deve attuare con urgenza ciò che aveva già promesso in occasione della sua prima elezione.
Intanto, la campagna elettorale del cosiddetto «terzo turno» è già cominciata, la sera del 24 aprile, con una serie di violenti manifestazioni antifasciste e anticapitaliste in diverse città francesi al grido di «Macron, vattene via!». Una contestazione che il leader della sinistra contestataria Jean-Luc Mélenchon è deciso a cavalcare dopo l’eccellente risultato del primo turno (22%) in vista delle elezioni legislative previste il 12 e 19 giugno 2022. Emmanuel Macron rischia, in queste future consultazioni, di uscirne sconfitto, e quindi di ritrovarsi nella scomoda posizione di dover governare il Paese in regime di coabitazione.
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1 Come è noto, il modello francese prevede che gli elettori votino direttamente il presidente della Repubblica con un sistema elettorale maggioritario a due turni.
Foto Emmanuel Macron:
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Foto bandiera della Francia: From Wikimedia Commons, the free media repository