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Concorso e Fischietti, l’assessore Poli evita i fratelli “Altieri-Troy” sul manifesto

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di Gianni Nicastro

Concorso Nazionale del Fischietto in Terracotta Città di Rutigliano 2019. Sta suscitando polemiche il manifesto del Concorso perché non riporta i fischietti vincitori della scorsa edizione, ma un anonimo gallo De. Co. (Denominazione di origine Comunale). Quest’anno, dunque, l’amministrazione è venuta meno alla consuetudine, o meglio, alla tradizione, di mettere sul manifesto dell’edizione corrente i fischietti vincitori dell’edizione precedente. Si è sempre fatto così, perché era una sorta di riconoscimento agli artisti vincitori e anche perché così si mettevano in evidenza -come biglietto da visita- i pezzi del concorso ritenuti più belli dalla giuria tecnica. Insomma, era il modo migliore per valorizzare e annunciare il Concorso nei comuni della provincia.

Francesco Laforgia, che nel 2018 ha vinto non solo il concorso nazionale come primo classificato con il fischietto “Troy... in rutiglianese”, ha anche avuto il premio della satira, c’è rimasto male, ovviamente, molto male. «Ci sono rimasto malissimo», ha detto, infatti, ieri l’artista, da me interpellato. «Era un sogno per me, non avevo mai vinto il primo premio e, sinceramente, l’idea di poter essere sul manifesto mi lusingava, come penso abbia lusingato tutti gli artisti che hanno vinto negli anni precedenti». Laforgia ritiene che non aver messo sul manifesto il suo fischietto sia stato il frutto di una scelta politica «che io -ci ha detto- non condivido». «Per mefischietto-troy-laforga-4 sarebbe stata una grande soddisfazione -ripete l’artista- ci sono, quindi rimasto malissimo anche perché lo stavo aspettando dall’anno scorso. Quando poi mi sono ritrovato un gallo, con tutto il rispetto per il gallo, sinceramente ho pensato che la scelta fosse stata fatta per altri motivi». «Quella del manifesto era una consuetudine -ha aggiunto infine Francesco Laforgia- non è scritto in nessun regolamento, d’accordo, però era una consuetudine che a noi rutiglianesi faceva piacere ritrovare ogni anno. Non posso farci nulla, certo, però l’amarezza rimane».

Su questa vicenda ieri sera ho intervistato l’assessore alla cultura Giuseppe Poli al quale ho chiesto il perché di quella scelta. «E’ stato scelto il marchio De. Co. perché siamo in un momento di crisi del settore, effettivamente di difficoltà; allora c’era bisogno di un simbolo forte che potesse rappresentare complessivamente e unitariamente questo patrimonio culturale di Rutigliano». Ci ha detto che la scelta l'ha fatta lui ed è stata condivisa, senza dire da chi, ma ha ribadito che la responsabilità è sua. «Un fischietto in terracotta di Rutigliano -ha aggiunto l’assessore- può essere simile a tanti altri fischietti in terracotta prodotti in altri paesi. Allora cosa distingue questo fischietto da altri: che quando uno acquista un fischietto di Rutigliano acquista un pezzo di storia del nostro paese». Bene, il fischietto che l’assessore non ha messo sul manifesto non è stato prodotto “in altri paesi”, è “un fischietto in terracotta di Rutigliano” e ha anche il marchio De. Co. All’assessore forse è sfuggito -o forse no- che se avesse rispettato quella consuetudine avrebbe degnamente continuato a rappresentare il “patrimonio culturale di Rutigliano” perché sul manifesto sarebbe apparso un fischietto col marchio De. Co. numero 8.

Francesco Laforgia il marchio De. Co. lo ha ottenuto un paio d’anni fa. Siamo, dunque, di fronte a un artista che si è iscritto alla Camera di Commercio, che ha la partita Iva, paga tasse e contributi; una persona che, in modo regolare e corretto -non in “nero”- ha scelto di intraprendere l’attività figula, di seguire professionalmente la tradizione e la cultura dei fischietti in terracotta in un momento in cui le botteghe figule chiudono, assessore!

Le botteghe sono in difficoltà, e a volte chiudono, non perchè sul manifesto non c'è il gallo De. Co., ma fischietto-troy-laforga-1per la pesante pressione fiscale e contributiva, per la crisi economica che spinge il pubblico a spendere meno, per una Fiera del Fischietto sempre uguale a sé stessa, poco innovativa anche in riferimento ai manufatti, oltre che al format in se. Una fiera contaminata da fischietti di bassa fattura e da terracotte e ceramiche addirittura “made in China” che tutti gli anni si vedono sulle bancarelle dei commercianti e che squalificano la Fiera del Fischietto, fanno inorridire gli affezionati di questa fiera, i collezionisti, il pubblico informato, culturalmente preparato. Sono queste, insieme alla crisi generale, le cose che mettono in difficoltà le botteghe figule De. Co. e il patrimonio culturale che rappresentano; sono queste le cose che l’assessore Giuseppe Poli deve vedere e considerare, è su queste cose che deve intervenire, non sulla sana consuetudine di valorizzare gli artisti De. Co. anche con i loro fischietti vincitori stampati sui manifesti, una visibilità tanto straordinaria quanto meritata.

Erano anni che non nasceva una nuova bottega, che un giovane non intraprendeva la via della terracotta nel solco della tradizione e della cultura dei fischietti. Francesco Laforgia è l’ultimo dei figuli ad aver preso questa strada, ad aver puntato sul marchio di qualità De. Co. E in cambio l’assessore che fa? Anziché valorizzarlo, lo mortifica non dandogli la soddisfazione di vedere il suo fischietto sul manifesto del concorso così come è capitato a tanti artisti e artigiani prima di lui. Bisogna averne di coraggio, non c’è che dire.

Ora, la verità, a mio modo di vedere, è molto meno prosaica e “culturale” di quanto voglia far credere l’assessore, è molto più banale. La verità sta nel fischietto, o meglio, nelle due testoline che escono dal "Cavallo di Troia" e che rappresentano i fratelli Altieri, Gianvito e Nuccio, valorosi guerrieri greci. L’idea che sul manifesto del concorso di quest’anno campeggiasse un fischietto con i due riconoscibilissimi fratelli Altieri, sarà risultata piuttosto indigesta in modo particolare alla frangia colamusso-fittiana della maggioranza consiliare, della quale l’assessore Giuseppe Poli è l’addentellato in giunta. Note sono, infatti, le frizioni politiche, e anche personali, che hanno contrapposto gli Altieri a quella frangia a causa del passaggio di Nuccio da Direzione Italia alla Lega, al “tradimento” nei confronti di Raffaele Fitto per Matteo Salvini. Tra l'altro è stata proprio la frangia colamusso-fittiana che, per ritorsione politica, ha preteso dal sindaco il licenziamento in tronco di Gianvito Altieri da assessore alla cultura un anno fa.
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Se così fosse davvero, saremmo di fronte a una farsa, a un teatrino del più ridicolo provincialismo politico, ad amministratori incapaci di cogliere finanche la beffa di riproporre quel fischietto oggi, dato che Nuccio e Gianvito il quattro marzo 2018 non hanno espugnato Troia-Rutigliano, hanno perso, altro che valorosi guerrieri greci. Un teatrino, appunto, un po' come quello allestito nel 2003 dall’amministrazione Di Gioia in una vicenda più o meno simile; un teatrino che -allora- fece sorridere, attraverso giornali e TV, l’Italia intera.

Qualcuno se lo ricorderà il fischietto di Pietro Leone che vinse primo classificato dalla giuria popolare, un fischietto che rappresentava Franco Delliturri da un lato, Lanfranco Di Gioia al centro sul trono e Giovanni Redavid dall’altro lato, i tre protagonisti del ritiro della firma di Redavid dalle dimissioni contemporanee di undici consiglieri comunali, dimissioni che avrebbero fatto cadere l’amministrazione Di Gioia se la firma non fosse stata ritirata. Leone immortalò con grande senso artistico e irriverente carica satirica quella scena. Il comune mise in discussione il responso della giuria popolare e bloccò la premiazione dell’artista Leone. Ne venne fuori un parapiglia tecnico-formale e un eccezionale risalto mediatico. Svelata la manovra, tesa a boicottare un fischietto che ridicolizzava una discutibile vicenda politica, per metterci una pezza, il comune costituì una commissione che avrebbe dovuto decidere se premiare Leone o no. Qualche giorno dopo, quella commissione, ripristinò il responso popolare e restituì la vittoria a Pietro Leone.

Giuseppe Poli come Lanfranco Di Gioia? No, peggio. Perché quello di Di Gioia fu un maldestro tentativo di occultare il fischietto “galeotto” di Leone e perchè, alla fine, Di Gioia quel fischietto lo mise sul manifesto dell'edizione 2004 del Concorso, sia pure in piccolo. All’assessore Poli, l’occultamento del fischietto di Laforgia, "l'operazione politica", gli è riuscita perfettamente.

Per fortuna il teatrino sta per finire.

 

 

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