L’industria della plastica a Rutigliano, parla Gianni Leone
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- Pubblicato Lunedì, 07 Aprile 2014 01:10
- Scritto da Gianni Nicastro
di Gianni Nicastro
Da qualche tempo a Rutigliano si parla di un impianto industriale di lavorazione della plastica che sorgerà accanto all’area PIP di via Adelfia. C’è chi sostiene che l’insediamento sarà realizzato a ridosso della Divella, che tratterà rifiuti (tipo discarica), che sarà inquinante. Insomma, c’è chi paventa uno scenario catastrofico.
Noi abbiamo dato un’occhiata al progetto e diciamo subito che non sarà costruito a ridosso della Divella, ma a circa un chilometro in linea d’aria dal pastificio. Non tratterà rifiuti generici, ma plastica differenziata a monte dai rifiuti domestici e speciali non pericolosi. Nel progetto si legge che “l’azienda si occupa esclusivamente del riciclaggio di bottiglie di plastica”, dalle quali, dopo una selezione che le dividerà a seconda del polimero (PET, HDPE, LDPE,PP, PS, PVC), ricaverà le scaglie di polietilene (PET) utili alla Carton Pack per produrre "foglia" con cui fare gli imballaggi plastici per alimenti. Un lavoro che la Carton Pack già svolge da anni a Rutigliano, come ci ha spiegato Gianni Leone, figlio del titolare di quell’azienda, nell’intervista qui sotto pubblicata.
Le due imprese che, a novembre scorso, hanno presentato il progetto al comune di Rutigliano si chiamano Errepet e Selectika, società a responsabilità limitata il cui amministratore unico, in entrambe, è Gianni Leone della Carton Pack, ditta che detiene il pacchetto azionario maggioritario in tutte e due le nuove società. La D&D Holding S.r.l. dei fratelli Antonio e Nicola Diana (Napoli) è l’altra azionista di Errepet e Selectika; in quest’ultima c’è ancora una terza società con una piccola quota azionaria, si tratta della Dalena Ecologia di Putignano.
Due società significano due diversi impianti, ma fortemente complementari. La Selectika selezionerà la plastica differenziata che arriverà in balle semipressate o sfusa, la Errepet lavorerà le bottiglie di PET selezionate della Selectika, le pulirà dalle etichette, dalla colla e da eventuali sostanze inquinanti con energici lavaggi ad acqua calda, le macinerà fino a ridurle in scaglie pronte per essere ritrasformate in nuovi imballaggi. Un ciclo produttivo che si inserisce perfettamente nella filiera del riciclo e riutilizzo della materia, in questo caso della plastica. “L’iniziativa si colloca nell’ambito del sistema CO.NA.I. (Consorzio nazionale Imballaggi)” si legge, infatti, nel “Rapporto preliminare di verifica” allegato ai progetti.
Le due aziende, dunque, lavoreranno entro “specifici accordi” sottoscritti “con i consorzi di filiera (CO.RE.PLA., CIAL, COMIECO, CNA [i consorzi della filiera CONAI, rispettivamente della plastica, dell’acciaio, della carta e dell’alluminio. N. d. r.]). Siamo di fronte, dunque, per quello che si legge nelle carte e per quello che ci ha riferito direttamente l’amministratore unico, a un modello ecosostenibile di insediamento e sviluppo industriale teso al recupero di materia, alla valorizzazione di frazioni importanti la cui destinazione, diversamente, sarebbe la discarica o l’incenerimento.
L’impatto positivo che industrie del genere hanno sull’ambiente e sull’economia è grande. Ma a leggere i progetti, alcuni passaggi del ciclo produttivo e la vocazione societaria della Selectika che si evince dall’oggetto sociale, hanno suscitato in noi alcune perplessità. Nell’intervista a Gianni Leone, fatta martedì scorso 1° aprile, abbiamo parlato anche di queste perplessità.
Nell’ufficio della Carton Pack l’amministratore delle due società ha cominciato subito col dirci da dove nasce questa nuova scommessa produttiva. «Lo spirito è quello di intraprendere una iniziativa imprenditoriale che riteniamo possa essere valida per questo territorio -ci ha detto- e, ovviamente, lo facciamo con degli obiettivi specifici per noi perché, quando abbiamo pensato a questo progetto, lo abbiamo fatto per una integrazione a monte». «Perché -ha aggiunto- sostanzialmente oggi il mercato, la grande distribuzione italiana, ed europea in particolare che anticipa quelle che sono le tendenze del mercato, chiedono imballaggi in materiali riciclati e il PET è il materiale principe nell’ambito di questo mercato».
Materiale che ha un grande valore commerciale.
«Grandissimo se pensiamo che oggi il COREPLA praticamente fa delle aste per l’acquisto di PET riciclato, quindi è un materiale che ha assunto un tale valore, per la sua vocazione intrinseca al riutilizzo, che viene messo all’asta. Oggi la grande distribuzione chiede di realizzare prodotti con, addirittura, fino al 100% di materiale riciclato laddove la normativa sul food contact non ha ancora recepito le direttive europee che già ci sono in questo ambito, per cui viene utilizzato un mix di materiali riciclati e vergini. Noi già da tempo ci siamo attivati in questa direzione perché, come azienda, siamo particolarmente attenti a quello che succede sul mercato. Negli Stati Uniti ormai è da vent’anni che utilizzano PET riciclato, per cui noi ci siamo attivati già da tempo e questo non è un progetto che nasce così, per opera dello Spirito Santo, nasce perché è una sorta di verticalizzazione a monte per noi. Se vogliamo, è materia prima a chilometro zero perché, in questo modo, evitiamo ai camion di fare su e giù per l’Italia; quindi nasce da questa idea. Dopodiché, ovviamente, la sinergia con gruppi, con aziende, che detengono il know-how...».
In questo caso il know-how ce lo sta mettendo la D&D Holding...
«Esatto».
Società già con grande esperienza nel settore.
«Ultradecennale esperienza nel settore, gente capace, seria, rispettata da un punto di vista imprenditoriale e come persone per quello che hanno fatto e realizzato. Quindi, sostanzialmente nasce da lì, ma nasce anche dal fatto che, dal punto di vista impiantistico, la Puglia è carente, non vi è una struttura in grado di trattare la raccolta differenziata e, nello specifico, la plastica differenziata. Sostanzialmente questo prodotto deve fare centinaia di chilometri per andare fuori ed essere trattato per poi, magari, ritornare qui».
La Errepet è l’azienda che preparerà la materia prima triturerà la plastica, preparerà le scaglie di PET che, poi, saranno lavorate altrove. Il polimero rigenerato, mi pare di capire, non lo farete voi. E’ così?
«No, la Errepet, sostanzialmente, produrrà scaglie di PET che diventano già materia prima per noi...».
Scaglie che voi trasformerete come Carton Pack...
«Che noi possiamo utilizzare come Carton Pack ...».
Mi faccia capire. Le scaglie di PET potrebbero essere lavorate direttamente dalla Carton Pack?
«Certo, certo. Perché le scaglie di PET oggi hanno già la possibilità di essere trasformate, vengono già utilizzate ampiamente nel mercato degli imballaggi...».
Cioè, siete voi capaci di ricavare il polimero dalle scaglie di PET.
«Noi dalle scaglie di PET siamo in grado di produrre foglia, che poi viene utilizzata per la produzione di imballaggi sempre qui, all’interno del nostro stabilimento. E’ una pratica consolidata, non stiamo parlando di...».
Quindi, voi non produrrete una materia prima seconda che poi sarà lavorata altrove, la lavorerete voi direttamente a Rutigliano.
«Esatto. Infatti questo potrebbe essere uno dei pochissimi esempi, non voglio esagerare ma, forse, a livello europeo: nell’arco di pochi metri viene concentrata la trasformazione di un imballaggio che proviene dalla raccolta differenziata in un nuovo imballaggio pronto per l’immissione sul mercato».
Questo nuovo insediamento industriale, dunque, è complementare a una produzione che già voi fate a Rutigliano come Carton Pack.
«E’ una integrazione».
Ma, come ricavate dalle scaglie il polietilene con cui fate gli imballaggi. Le fondete nella Carton Pack?
«Le scaglie subiscono un processo di estrusione da cui si ricava la foglia...».
Voi adesso comprate la materia prima.
«Esatto, acquistiamo la materia prima».
Domani, invece, la materia prima la produrrete voi con questo nuovo insediamento industriale...
«Sì, con questo nuovo insediamento, anche se sarà una realtà separata...».
Tutto sommato è un lavoro che già fate. Da quando producete voi la materia prima?
«Cioè quello di estrudere la foglia e produrre vaschette, già da diversi anni».
Quindi, voi ora le scaglie di PET le acquistate.
«Le acquistiamo già, in questo momento, dalla stessa azienda...».
Dalla D&D Holding.
«Sì, loro hanno una azienda che fa questo, ma non solo da loro, anche da diversi altri fornitori nell’ambito del mercato nazionale e internazionale. Sostanzialmente questa è una operazione che già facciamo. L’unica cosa che si aggiungerà è quella delle selezione».
Che farà la Selectika.
«Sì, quella è una integrazione importante perché, là dove ci sono degli insediamenti produttivi legati alla produzione di scaglie, per dare maggiore efficienza e anche efficacia al processo produttivo, e là dove ci sono i casi di maggiore successo, deve anche esserci un impianto di selezione meccanica nella quale vengono, con tecnologie avanzatissime, raggruppate plastiche omogenee».
Rutigliano fa una raccolta differenziata mediamente dell’80% e la frazione plastica raccolta nel 2013 è stata di 550 t. Leggo che la potenzialità dei vostri impianti è, invece, quantitativamente molto più alta: 100 t/giorno la Errepet e 170 la Selectica. Ai vostri impianti arriveranno, dunque, circa 62.000 tonnellate anno di plastica. Avrete, quindi, necessità di prendere la plastica da qualche altra parte. Da dove arriverà tutto questo materiale?
«Allora, ovviamente si parla di potenzialità nominali. Comunque, per quanto riguarda la Errepet sono 28.000 t/anno, per la Selectika sono circa 50.000. Il bacino di utenza è quello della Provincia di Bari e non solo. L’impianto dovrebbe, ovviamente qualora venga realizzato, accettare il prodotto che arriva da un’area di 70-80 chilometri. Questo ovviamente dipenderà da quello che sarà lo sviluppo della raccolta differenziata in Puglia; tutti oggi hanno compreso qual è l’importanza della raccolta differenziata e con il suo sviluppo si svilupperà anche questa attività».
Sono attività, insomma, imposte anche dalle direttive europee non solo dalla necessità di andare verso un modello di sviluppo economico-produttivo diverso, più incentrato sul recupero di materia prima seconda che sul consumo di materia prima vergine, questo perché i costi economici ed ambientali diventano sempre più insostenibili.
«Certo e, comunque, il nostro intervento fa parte della filiera della raccolta differenziata che, ricordiamoci, è l’alternativa alla discarica, all’incenerimento».
Come noi valorizziamo l’organico trasformandolo in fertilizzante, così questa industria valorizza la plastica rimettendola in circolo. Siamo di fronte al riutilizzo delle frazioni differenziate, lo scenario è straordinario. Però, ritornando alle quantità, lei prima diceva che quelle descritte nel progetto sono nominali. In realtà di quali quantità giornaliere effettivamente parliamo.
«In questo momento i dati precisi non ce li abbiamo, però, orientativamente io credo che, nella fase iniziale, l’impianto dovrebbe lavorare con circa un 30% di quelle quantità».
Il 30 % di quello che è scritto nei progetti.
«Sì, 30-40%».
Un abbattimento notevole rispetto alle potenzialità nominali.
«Stiamo parlando, comunque, di un progetto che avrà dei tempi di realizzazione non velocissimi. Dobbiamo immaginare questa cosa proiettata di qui ad almeno 24-36 mesi, non è un impianto che può partire nell’arco di qualche mese. Ci vorrà del tempo per realizzarlo».
Leggo che lavorerete qualsiasi tipo di plastica anche proveniente dai rifiuti speciali non pericolosi. Siccome tra questi ultimi rifiuti ci sono i teli agricoli esausti di polietilene, voi prevedete la lavorazione anche di questi teli?
«Assolutamente, non fa parte assolutamente del nostro...».
Cioè non è un materiale che lavorerete.
«No assolutamente, non viene lavorato da questi impianti. Possiamo andare a vedere impianti simili che sono in Italia, lo stesso della D&D Holding, per esempio, non utilizza questo materiale».
Quindi possiamo escludere in via definitiva che l’industria che voi volete realizzare a Rutigliano lavori materiali, diciamo, con un certo impatto ambientale tipo i contenitori plastici di fitofarmaci e teli agricoli. Questo lo si può escludere in via assoluta sia per adesso che per il futuro?
«Certo, certo, assolutamente sì».
Lavorerete solo materiale innocuo e non pericoloso.
«Esatto, assolutamente».
Va bene. Veniamo, invece, ad un altro aspetto importante. Di che tipo di investimento finanziario stiamo parlando, in termini quantitativi, per la costruzione di questo insediamento industriale.
«L’investimento previsto è di circa 30 milioni di euro e si prevede un impatto occupazionale a regime, il che significa un arco di un paio di anni, di circa 80 unità».
30milioni di investimento e 80 dipendenti assunti nelle due aziende...
«A tempo indeterminato».
Certo. Parliamo adesso dell’impatto ambientale di questo insediamento.
«Guardi, io ritengo che l’impatto ambientale sia prossimo allo zero, allo zero considerato quello che siamo abituati a vedere normalmente in giro. Impatto zero perché sostanzialmente la Selectika fa una selezione meccanica, cioè è come se ci fossero degli omini che dividono il materiale per plastiche omogenee...».
In parte è così perché c’è un passaggio che prevede la selezione manuale...
«Sì perché le macchine possono fare tanto ma non tutto, ci sono delle cose che devono essere fatte dagli uomini. Quindi si tratta solo di una selezione».
E la Errepet?
«La Errepet non fa altro che triturare e, dopo tutta una serie di processi di selezione, continua a separare residui di plastiche diverse che possono ancora esserci. Quindi si continua a separare la materia fino ad avere soltanto la bottiglia di PET la quale viene triturata, subisce un processo di lavaggio...».
Questo è un aspetto importante perché sono quattro le fasi di lavaggio che questo materiale subisce. A che temperatura lavora l’impianto.
«Sostanzialmente a bassa temperatura, non parliamo di alte temperature».
Quindi non si tratta di fusione, ma di rammollimento della plastica.
«Esatto, parliamo di acqua calda che serve a frizionare la parte superficiale della scaglia, serve a lavare e a pulire la parte superficiale».
Come produrrete il calore, come è la centrale termica.
«Ci saranno dei classici bruciatori che utilizzeranno il gas».
Leggo GPL.
«GPL, sì. Vorremmo portare qui il gas, però in questo momento non c’è la linea del metano, ma stiamo verificando cosa si può fare. Nella fase iniziale, comunque, utilizzeremo il GPL. Quindi un normale bruciatore per riscaldare l’acqua così come si fa a casa».
Veniamo adesso alle perplessità, due in modo particolare. La prima è in relazione agli scarti che si produrranno dalla lavorazione che farà sia la Selectika che la Errepet, perché non tutto il materiale che entra, alla fine, viene utilizzato. Poniamo 100 come quantità di plastica in entrata, 50 è quella che si utilizza, il resto è scarto. Che fine fa questo scarto sig. Leone.
«Tutto quello che non è possibile riutilizzare o trasferire ad aziende in grado di recuperare e riutilizzare, va praticamente alla termovalorizzazione. Sostanzialmente oggi, se non viene effettuata la raccolta differenziata, molte volte il prodotto va a finire nei termovalorizzatori e, nel nostro caso, ci finirà una minima parte, quella minima parte non riutilizzabile».
Per questo tra i soci della Selectika figura anche la Dalena Ecologia che produce proprio il combustibile solido secondario, l’ex CDR, adesso si chiama CSS. Allora, la mia perplessità, sig. Leone, è proprio legata al riutilizzo degli scarti di lavorazione di questo impianto. Ma parliamo ora della prima perplessità. Leggo nella relazione generale della Errepet che uno dei lavaggi previsti serve “ad abbattere immediatamente il terriccio e gli altri contaminanti pesanti”. Se lavorerete le bottiglie di plastica, di che tipo di contaminanti parla la relazione generale?
«Poiché stiamo parlando di raccolta differenziata, all’interno di un sacchetto potrebbe esserci una bottiglia di plastica che è stata appoggiata per terra o nel terreno... questa non è perfettamente pulita, potrebbe...».
Essere venuta a contatto con qualche agente inquinante...
«Esatto, gli inquinati sono questi».
La relazione, quindi, fa riferimento all’eventualità che ci possano essere inquinanti, non a un fatto certo.
«Ovviamente si tratta di materiale che non è perfettamente pulito. D’altronde non lo si sottoporrebbe a questo processo se fosse perfettamente pulito. Vorrei, comunque, chiarire una cosa. L’utilizzo dell’acqua nel processo avverrà in un circuito chiuso. L’acqua sarà costantemente riutilizzata, rigenerata nel senso che verrà depurata attraverso un depuratore e messa sempre in circolo».
Però l’acqua trasporterà materiali ed eventuali sostanze inquinanti dovuti al lavaggio. Sarà filtrata...
«Certo...».
Come lo smaltirete questo materiale.
«I fanghi che saranno generati, come da ogni impianto di depurazione, saranno conferiti a società specializzate».
Non andranno a finire nella fogna...
«Assolutamente».
Nella fogna andrà a finire solo il liquame dei servizi igienici.
«Certo, quello che può finire nella fogna».
Quindi nessuna emissione di gas in atmosfera e nessun rifiuto liquido scaricato in fogna.
«Non avremo camini, camini legati a processi produttivi non ce ne saranno».
Va bene. La seconda perplessità è legata alla gestione eventuale che si potrebbe fare degli scarti plastici. Lei ha detto chiaramente che dagli scarti si ricava un combustibile molto apprezzato nella cogenerazione perché ha un grande potere calorifico. Leggo nell’oggetto sociale della Selectika che, tra le altre potenziali attività, c’è anche la “gestione di impianti per il recupero e il riutilizzo dei rifiuti e/o residui derivanti da cicli di produzione o di consumo per la produzione di energia attraverso processi di combustione”. Ora, questo sta nel vostro oggetto sociale, poi vedo la Dalena Ecologia, quella che fa il combustibile dalla plastica, consocietaria della Selectika. Il timore è quello che voi, a un certo punto, immaginiate di utilizzare qui quegli scarti. C’è il rischio che un giorno noi si veda sorgere la ciminiera di un inceneritore che valorizzi gli scarti plastici a ridosso del PIP di via Adelfia?
«Assolutamente no. Non è il nostro lavoro, perché, ripeto, per noi questa è una forma di verticalizzazione a monte, cioè noi sostanzialmente stiamo in qualche maniera cercando di acquisire competitività. Perché i nostri, chiamiamoli colleghi, sul mercato europeo, hanno già associato alla produzione di imballaggi impianti nei quali si recupera il PET. Noi lo facciamo con questo obiettivo specifico, per noi -se vogliamo- è una forma di efficientamento del nostro processo produttivo. La produzione di energia non è il nostro lavoro».
Io mi sono un po’ spaventato quando ho letto questa attività nel vostro oggetto sociale.
«Sì, ma questi sono oggetti sociali standard, nei nostri obiettivi assolutamente non c’è la termovalorizzazione dei rifiuti plastici, anche perché, essendoci un’azienda partner che fa questo in altro luogo, non ha nessun senso. Anzi, è sinergico il fatto per cui Dalena Ecologia faccia parte di questo discorso perché lei si dovrà occupare di gestire questi scarti di lavorazione».
Quindi i rutiglianesi non vedranno mai sorgere la ciminiera di un inceneritore nella zona industriale di via Adelfia.
«Assolutamente no».
Va bene.
«Voglio aggiungere ancora semplicemente questo. Riteniamo che questa sia una iniziativa nella quale si coniuga attività economica e valorizzazione della raccolta differenziata con un ritorno sociale molto importante per via dello sviluppo occupazionale e per l’impatto ambientale zero. E’, insomma, la classica situazione in cui vincono tutti. Noi avremmo piacere di farlo a Rutigliano, per tanti motivi. Perché pensiamo innanzi tutto che Rutigliano sia il nostro paese, in questi anni siamo cresciuti, abbiamo dato lavoro; ci piacerebbe continuare a fare questo a Rutigliano e, soprattutto, si creerebbe un modello forse unico -come dicevo prima- a livello europeo. Davvero sono pochi gli esempi nei quali, partendo dal rifiuto differenziato, si generano nuovi imballaggi. Sicuramente è un caso scuola. Non è difficile immaginare che una cosa del genere possa avere anche una valenza fortemente formativa nei confronti dei giovani: venire qui e vedere che dal sacchetto con dentro la plastica, attraverso la lavorazione, nuovi prodotti prendono vita. E’ un caso sicuramente unico, e diventerebbe anche un caso di eccellenza. Ci farebbe piacere farlo qui, noi ovviamente manderemo avanti un iter burocratico autorizzativo e amministrativo normale se sarà ben recepito dalla comunità. Qualora questo non fosse possibile andremo a farlo da qualche altra parte; nel caso, onestamente, credo sarebbe un peccato».
Quindi se voi doveste avere problemi di tipo amministrativo, o di consenso sociale, la Carton Pack e le altre società si rivolgeranno verso altri territori.
«Ad altri territori che hanno già manifestato un fortissimo interesse a portare in casa questo insediamento».
Territori limitrofi?
«Territori in Provincia di Bari».
Avete già avuto richieste di spostamento in quei luoghi?
«Potrebbero esserci sicuramente degli interessi, ma ripeto, il nostro obiettivo è chiaro, è quello di fare questa cosa a Rutigliano perché non vediamo nessuno svantaggio in questa cosa, non vediamo controindicazioni».
Avete presentato il progetto allo Sportello unico del comune di Rutigliano. A che punto è l’iter amministrativo?
«Si è fatta una conferenza di servizi...».
Il 6 febbraio scorso.
«Sì, a febbraio. Conferenza nella quale si è cercato di capire meglio l’orientamento. E’ indubbio che si tratta di un iter amministrativo non semplice, che sicuramente non si chiude in una conferenza di servizi. Quindi, dovrà scontare diverse valutazioni, diversi giudizi. In questa prima conferenza si è cercato di capire un po’ gli orientamenti. Adesso, sulla scorta delle indicazioni che abbiamo ricevuto, i tecnici stanno lavorando per riorganizzare l’iter burocratico-amministrativo e, quindi, mandare avanti la cosa nei prossimi mesi».
In questo primo approccio come ve li siete visti gli amministratori locali rispetto a questo progetto.
«Gli amministratori hanno preso atto del fatto che c’è una volontà da parte di aziende locali di realizzare una iniziativa di questo tipo, guardano a quello che succede. E’ ovvio che, se questo progetto meriterà tutte le autorizzazioni, meriterà di andare avanti da un punto di vistae tecnico-amministrativo senza problemi di nessun tipo, io credo che gli amministratori non potranno essere contrari ad una iniziativa nella quale, alla fine, ripeto, si vedono soltanto dei vantaggi».
Avete già sottoposta il progetto all’assoggettabilità VIA e VAS?
«Certo, ci stiamo lavorando, stiamo preparando».
Il progetto sarà realizzato a ridosso del PIP su un’area di sette ettari in zona agricola, sarà quindi necessaria una variante urbanistica. Avete fatto già richiesta di variante?
«Ci stiamo lavorando, l’iter amministrativo è appena cominciato».