Pineta. Gli atti amministrativi le diverse relazioni il protocollo ISA l’abbattimento
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- Pubblicato Sabato, 22 Febbraio 2020 11:06
- Scritto da Gianni Nicastro
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di Gianni Nicastro
Premessa
Quella che qui vi accingete a leggere non è una disquisizione tecnica su quanto sta succedendo in pineta, è solo un approfondimento giornalistico basato sull’analisi degli atti amministrativi, della relazione del tecnico incaricato, del protocollo ISA richiamato nella sua relazione e di un’altra relazione sulle cause della caduta degli alberi in pineta redatta da un diverso tecnico il 20 marzo 2019 su input di una mia richiesta di accesso agli atti e alle informazioni presentata all’ufficio tecnico il 19 febbraio 2019. Detto questo, vengo al sodo.
Gli atti amministrativi
Comincio da un paio di domande: perché il comune, attraverso un tecnico, ha deciso di abbattere trentuno alberi nella “Zona 11” della pineta comunale? La risposta ufficiale non c’è o, perlomeno, non la si legge negli atti amministrativi a monte di quella decisione. Chi ha formalmente deciso una simile operazione in pineta?
Gli atti pubblicati all’albo pretorio, che sono a monte dell’incarico all’agronomo, quindi della decisione di abbattere, sono tre. In ordine: una determina dell’ufficio lavori pubblici di “affidamento incarico professionale per la 'verifica visiva mediante applicazione del metodo V.T.A., secondo il protocollo ISA' su alberatura posta nel territorio comunale”, la n. 1488 del 11-12-2019; una delibera di giunta comunale “Approvazione perizia tecnica per lavori di manutenzione straordinaria alla pineta comunale”, la 195 del 30-12-2019; una determina dell’ufficio tecnico “Lavori di manutenzione straordinaria dell'alberatura dell'area denominata pineta (area 11)”, dello stesso 30-12-219 n. 1637.
Faccio notare un fatto di una certa rilevanza -ritengo- rispetto al quale il sindaco potrebbe fornire chiarimenti. Il primo atto amministrativo su questa vicenda -non ne ho trovato altri all’albo pretorio- è la determina 1488 dell’11 dicembre scorso nel cui attacco, in premessa, si legge “che è intendimento dell'Amministrazione Comunale procedere con la valutazione dell'alberatura presente sul territorio comunale attraverso la ‘Verifica visiva mediante applicazione del metodo V.T.A. secondo il protocollo ISA’" e “che pertanto, occorre procedere con urgenza, ad incaricare apposito professionista cui affidare l’incarico per la ‘Verifica visiva mediante applicazione del metodo V.T.A. secondo il protocollo ISA’”. Dal momento che non si legge una parola su cosa abbia determinato questa “urgenza”, presumo che si tratti della frequente caduta degli alberi di questi ultimi anni nella Zona 11 della pineta, quella, per intenderci, a valle, su cui c’è il prato. E’ strano che l’ufficio tecnico non accenni per nulla al problema vero, la caduta degli alberi. Ma la cosa più strana è che non c’è nessun atto di indirizzo deliberato con il quale la giunta abbia precedentemente espresso l’intendimento di procedere nella verifica VTA di cui parla l’ingegnere comunale nella determina dell’11 dicembre.
Sembrerebbe, quindi, che la decisione formale di incaricare un agronomo, per quella verifica, sia stata presa direttamente dal responsabile del servizio. Una delibera di giunta c’è, ma è successiva alla determina di incarico, è del 30 dicembre 2019. Questa delibera, nelle premesse, attacca allo stesso, pedissequo, modo della determina di incarico che la precede e si limita ad approvare i lavori indicati nella perizia tecnica dell’agronomo; si limita, cioè, a prendere atto, ad approvare quanto deciso del responsabile del servizio nella determina dell’11 dicembre 2019 che la giunta, nel suo atto, richiama. Lo stesso giorno della delibera di giunta, il 30 dicembre 2019, il responsabile del servizio fa un’altra determina, con la quale affida alla ditta appaltatrice della manutenzione del verde pubblico “i lavori di alberatura dell'area denominata Pineta”, cioè la “rimonda del secco”, la “potatura di “53 alberature”, l’abbattimento di “31 alberi adulti”, la “piantumazione” di 4 alberi e il “trapianto” di altri 2 alberi. Lavori dell’importo di 13.480 euro. Con gli 8.377 euro stanziati per l’agronomo incaricato, il costo totale dell’operazione “pineta” arriva a 21.857 euro.
In sostanza, dalla cronologia degli atti esaminati, viene fuori che l’operazione pineta non sia frutto di una decisione politica, di una deliberata scelta amministrativa, ma frutto di una determina dell’ufficio tecnico; a meno che la giunta non abbia, all’ingegnere comunale, espresso verbalmente l’“intendimento” di “procedere con la valutazione dell'alberatura” ecc. ecc.; il che sarebbe quantomeno poco ortodosso sul piano tecnico-amministrativo.
L'analisi visiva
Neanche l’agronomo scrive della cosa che tutti a Rutigliano vogliono sapere: per quale motivo gli alberi cadono, si schiantano al suolo, scollati e interi, in pineta e solo nella Zona 11, quella presa in considerazione dai lavori in esecuzione.
La relazione tecnica agronomica sulla “verifica della stabilità biomeccanica e delle alberature comunali con metodo V.T.A.", consta di una pagina e mezza al lordo del largo spazio dedicato all’intestazione, al titolo e a una grande foto. Un po’ poco per una decisione così drastica su un’area così importante dal punto di vista storico e ambientale, senza considerare il valore affettivo della stessa pineta per i cittadini di Rutigliano. Proprio in virtù di quella importanza e di quel valore, ci si sarebbe aspettati una relazione più dettagliata, che analizzasse il più grande polmone verde della città nel complesso e nel dettaglio degli apparati di ogni singolo albero, per capire le cause della caduta dei pini, che è la vera emergenza in quell’area.
La relazione dell’agronomo incaricato prende in considerazione gli alberi dal piano campagna alla chioma, non c’è nessun passaggio sull’apparato radicale, sulla salute delle radici. Non vorrei essere io, qui, ad osservare che la stabilità di un albero dipende anche, e forse soprattutto, dal suo apparato radicale, che è quello che lo tiene ben ancorato al suolo. In pineta non è mai caduto un albero perché si è spezzato, tutti gli alberi si sono schiantati al suolo con il tronco alla base scollettato, staccato di netto dall’apparato radicale, che spesso è rimasto nel suolo, oppure con l’emersione di parte della zolla, come dimostrano le foto qui sotto.
Dal piano campagna in su l’agronomo incaricato, nella sua relazione, non individua nessun particolare problema. “Osserva” soltanto “che agli esemplari più vetusti è stato eseguito, decine di anni fa a vedersi la dimensione delle branche secondarie, la capitozzatura con l’eliminazione della dominanza apicale della chioma”. “Tale operazione -continua - a fato sì che il castello (o 1° impalcatura) si sviluppasse con forma totalmente anomala, con deviazione dei rami orizzontali che hanno trovato spazio per svilupparsi verticalmente costruendo una piegatura istantanea e molto pronunciata a 90° formando una struttura a gomito. Proprio a causa del cambiamento di direzione così improvviso, questa anomalia deve essere considerata un difetto morfologico abbastanza grave, visto che la fibratura del legno subisce una forte sollecitazione alla torsione dovuta al vento”. Ancora: “Poiché, nel legno, la resistenza a torsione delle fibre è di entità molto inferiore rispetto alla resistenza a trazione o compressione, tutte le deformazioni della struttura dell’albero che possono provocare la torsione delle fibre sono da considerarsi della massima importanza in quanto tendono a rendere meno robusta la struttura meccanica o, in altri termini, più probabile la rottura o il cedimento dell’albero se tale fenomeno si manifesta sul fusto principale”.
Non solo, dunque, non è sicuro (“più probabile”) che quel difetto faccia rompere o cedere l’albero, ma perché questo possa “probabilmente” succedere, il fenomeno si deve pure manifestare “sul fusto principale”, cioè sul tronco. L’agronomo, però, non scrive che quel difetto lo abbia, effettivamente, riscontrato sul “fusto”.
La disquisizione è senza dubbio interessante, ma cosa c’entra con la caduta degli alberi? Se il problema è il castello troppo elevato, la torsione delle fibre dovuta a scellerate modalità di potatura (capitozzatura), questi fenomeni si riscontrano anche negli alberi che l’agronomo ha risparmiato nella Zona 11. La maggior parte degli alberi, se non tutti, hanno quella conformazione, quel “grave difetto morfologico” con le stesse inclinazioni, più o meno (si vedano le foto qui sotto di alcuni alberi risparmiati).
L’altra “anomalia riscontrata” sugli “esemplari più vetusti”, si legge ancora nella relazione, “è l’altezza di inserzione del Castello molto elevata rispetto al piano campagna, dovuto probabilmente al sesto di impianto utilizzato molto stretto per la specie (circa 6x6m) che ha fatto che i rami più basali perdessero la loro vitalità, obbligando ai consecutivi manutentori l’operazione di spalcatura dell’albero”.
Per quanto si legge, l’agronomo non ne ha riscontrato altri di difetti, o di problemi, alle alberature della pineta, sostanzialmente capitozzatura e sesto di impianto molto stretto. Da qui ha tratto la “conclusione” di abbattere 31 alberi su 91 presenti nella Zona 11, il 34%. Gli alberi del restante 66%, che presentano più o meno le stesse due “anomalie” (come si evince dalle foto), non si capisce per quale motivo non dovrebbero fare la stessa fine o non dovrebbero essere classificati alla stessa maniera.
L’agronomo non lo spiega nella risicata relazione e un’altra relazione non c’è. Ho chiesto all’ufficio tecnico se fosse stata depositata un’altra relazione, più approfondita -della quale pure si è vociferato-, che spieghi in modo univoco, albero per albero, i motivi che hanno portato l’agronomo a scegliere la “Classe D” delle “Classi di propensione al cedimento” per gli alberi da abbattere e classi progressivamente più leggere (C/D, B e A) per gli alberi che rimangono. La risposta dell’ingegnere comunale è stata no, al momento l’unica relazione depositata è quella che qui sto analizzando.
Comunque, alla fine della sua relazione, l’agronomo scrive che “ha rilevato tutti gli elementi necessari per poter valutare la classe di pericolosità di appartenenza di ogni singolo esemplare” e che i “dati saranno consegnati all’Amministrazione al termine del lavoro delle altre aree assegnate e a seguito della digitalizzazione delle schede di campagna”. Insomma, i dati alla fine dei lavori su tutte le aree, a piante della pineta ormai abbattute e rimosse.
VTA e protocollo ISA
L’agronomo scrive, nella sua relazione, che “il censimento fitosanitario, realizzato con metodo V.T.A. secondo il protocollo ISA, è stato eseguito durante il periodo di inizio dicembre 2019”. Che cos’è il metodo VTA? In internet c’è una vasta letteratura specialistica, in pdf e in slide, a cura di dottori agronomi, singoli e associati. Ho scelto la spiegazione dello “Studio Agron DOTTORI AGRONOMI ASSOCIATI”: “Il metodo VTA (Visual Tree Assessment), attraverso un'attenta e coscienziosa analisi visiva da parte di un tecnico qualificato, è un metodo che permette di individuare all'interno di una popolazione arborea, quegli individui che manifestano sintomi di probabili anomalie a carico dei propri tessuti interni. Sul singolo albero consente di individuare quei punti critici su cui effettuare un'analisi strumentale in grado di misurare la porzione residua del legno sano, che e direttamente correlabile con il fattore di sicurezza dell'albero stesso”. La stessa cosa si legge nel punto “1)” del protocollo ISA: “Gli oggetti dell’indagine sono alberi presi singolarmente e radicati in qualsivoglia sito (parchi, giardini, filari stradali ecc). Lo scopo di una valutazione di stabilità deve descrivere la situazione biomeccanica di un albero nei suoi vari apparati, in termini qualitativi e quantitativi soprattutto per quanto concerne il rischio di schianti o cedimenti”. Ancora al punto “2)”: “Le analisi visive prendono in considerazione l’albero nei suoi diversi apparati”, “Sulla popolazione oggetto di verifica l’indagine visiva ha lo scopo di individuare (screening visivo) quali piante necessitino di indagini più approfondite di tipo strumentale”.
Al punto “4) Restituzione dei dati al committente” si legge che “La Relazione Tecnica relativa alle indagini di stabilità deve contenere: -Descrizione della metodologia utilizzata e delle procedure operative. -Schede pianta (sottoscritte e datate dal rilevatore) che permettano di comprendere la situazione biomeccanica dell’albero (evidenziandone i punti critici) e di visualizzare la localizzazione degli eventuali punti di sondaggio (qualora l’albero sia stato verificato anche strumentalmente). -La scheda pianta conterrà anche un giudizio sintetico sulle condizioni di stabilità dell’albero”. Ad oggi, come detto sopra, gli alberi si stano abbattendo e l’unica relazione tecnica che il comune ha nella mani è quella di una paginetta, sostanzialmente.
E’, in ultimo, interessante un passaggio del punto “7)” denominato “Limiti applicativi”: “Non è possibile predire se un albero (o sua porzione) esaminato potrà schiantarsi oppure no, ma se ha o non ha le caratteristiche biomeccaniche e strutturali idonee a garantirne la stabilità sulla base delle conoscenze attuali”, cioè sulla base di tutto il sapere agronomico, dell’analisi visiva VTA e di quella strumentale.
Per aver decretato l’abbattimento di 31 alberi nella Zona 11 della pineta l’agronomo incaricato deve aver affibbiato a quegli alberi la “Classe D”, quella “Estrema”, la cui descrizione dice questo: “Gli alberi appartenenti a questa classe, al momento dell’indagine, manifestano segni, sintomi o difetti gravi, riscontrabili con il controllo visivo e di norma con indagini strumentali. * Le anomalie riscontrate sono tali da far ritenere che il fattore di sicurezza naturale dell’albero si sia ormai, quindi, esaurito. Per questi soggetti, le cui prospettive future sono gravemente compromesse, ogni intervento di riduzione del livello di pericolosità risulterebbe insufficiente o realizzabile solo con tecniche contrarie alla buona pratica dell’arboricoltura. Le piante appartenenti a questa classe devono, quindi, essere abbattute”. L’asterisco significa “* È ammessa la valutazione analitica documentata”.
L’altra relazione, quella del 20 marzo 2019
In realtà si tratta di un “parere tecnico-scientifico sullo stato di conservazione delle alberature di Pinus halepensis (Pino d’Aleppo) in largo Pineta del Comune di Rutigliano”. Un parere che l’ufficio tecnico ha commissionato ad un dottore agronomo per rispondere a una mia formale richiesta di informazioni sui motivi per cui gli alberi in pineta cadono prevalentemente, se non esclusivamente, nella parte a valle, nella parte dove c’è il prato.
Avevo chiesto anche se, agli alberi caduti, si fossero analizzate le radici per capire se una qualche malattia le avesse attaccate. Circa le analisi l’ufficio non ha risposto, lasciando intendere che sulla comprensione di un fenomeno così preoccupante sul piano della sicurezza e dell’incolumità dei cittadini, nulla si fosse fatto fino alla perizia tecnica stimolata dalla mia richiesta.
L’agronomo, quindi, risponde con una relazione di 16 pagine corredata da foto di alberi e schemi di apparati radicali. Descrive un quadro piuttosto preoccupante della pineta: mancanza di spazio per un adeguato sviluppo, danni da calpestio, inquinamento, condizioni pedoclimatiche inadeguate. Analizza l’apparato epigeo, la chioma, e quello ipogeo, “gli apparati radicali in ambito urbano”. Rileva che, da “informazioni assunte”, “uno strato di terreno sovrastante sia stato aggiunto in occasione della realizzazione del letto alluvionale” e che questa aggiunta abbia “determinato l’eccessivo interramento del coletto delle piante”. “Successivamente -si legge ancora- si è proceduto alla semina del prato con la realizzazione dell’impianto irriguo”. “Nello strato di terreno interessato dal prato -continua la relazione- si evidenziava infatti la produzione di radici a partire dalla zona del colletto della pianta di Pino d’Aleppo, mentre nella porzione di suolo sottostante le radici mostravano sintomi di asfissia radicale”.
Una trattazione accompagnata da foto di un sondaggio (scavo) su un tronco con il colletto interrato, residuo di un albero caduto. Ma è nelle “Conclusioni” che trovo davvero interessante questa perizia tecnica.
“Nella parte recintata -scrive l’agronomo- l’interramento del colletto” ha “stimolato la crescita di nuove radici (reiterazioni di radici) che servono per riattivare la conduttanza, perdendo però il sistema radicale di ancoraggio, per ricostruirne uno nuovo con le relative conseguenze biomeccaniche”. In sostanza , gli alberi “hanno sviluppato un apparato radicale nello strato superficiale del suolo aggiunto successivamente, perdendo gradualmente quello sviluppatosi originariamente in profondità”.
Quindi, in risposta ai quesiti da me posti, il tecnico scrive che “si può in definitiva affermare:
a) La zona della pineta nella quale si sono verificati crolli di alberature è quella dove vi è la presenza del prato. Il prato, per le sue caratteristiche, necessita nei periodi estivi di frequenti interventi irrigui e la presenza di suolo argilloso, rallentando la percolazione delle acque, favorisce la formazione di ristagno idrico. Tale fenomeno potrebbe aver determinato condizioni favorevoli per lo sviluppo di marciumi a carico del colletto delle piante, come si è potuto notare, seppur in forma lieve, su qualche pianta crollata. A tal proposito, non si hanno elementi tali da poter affermare con certezza, che interventi irrigui frequenti possono aver causato ristagni idrici e marciumi radicali ma anche piogge violente e intense probabilmente, possono aver contribuito alla formazione di tale fenomeno. In ogni modo, qualora si intende conservare il prato, al fine di ridurre gli interventi irrigui, si consiglia di sostituire l'attuale miscuglio ‘Festuca arundinacect’ e ‘Dichondra repens’ (microterme) con la "zoysia japonica", una delle specie più interessanti delle macroterme, o altre simile.
b) Sintomi di marciumi radicali riscontrati sulle radici di piante crollate sono riconducibili a fenomeni di ristagni idrici verificatesi nella suddetta zona ma non è ritenuta esclusivamente la causa di crollo, in quanto vanno considerati una serie di aspetti agronomici e pedoclimatici come anche l'interramento eccessivo del colletto che può aver influito sulle condizioni biomeccaniche delle piante.
Infine, non va trascurato, però, che gli eventi di crollo si verificano maggiormente in coincidenza di eventi climatici eccezionali (forte vento)”.
Sulla pineta comunale siamo, dunque, in presenza di due relazioni -di altrettanti stimati e qualificati professionisti- che dicono, sostanzialmente, cose diverse, anche molto diverse.