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Zone agricole, variata la variante la campagna elettorale può cominciare

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di Gianni Nicastro

Purtroppo il consiglio comunale di mercoledì scorso non era in diretta web, ma solo in diretta radio; i cittadini hanno potuto sentire, ma non vedere, lo “spettacolo”, sotto certi aspetti anche divertente, soprattutto rivelatore dei reali motivi per i quali si è portata in consiglio una discutibile variante urbanistica che edifica, prima liberamente, ora meno liberamente ma allo stesso modo preoccupante, l’intero agro di Rutigliano.

Una variante che rende edificabile soprattutto il territorio agricolo a ridosso della parte esterna della circonvallazione, più vicina al centro urbano, vietato in modo assoluto alla edificazione dalle storiche norme tecniche di attuazione (NTA) del PRG per 500 metri verso la periferia dello stesso territorio, vincolo di inedificabilità che l’altro ieri è stato, appunto, cancellato. Quindi, la zona agricola più appetibile, dove in questi anni si sono costruite anche abitazioni con piscina -interventi edilizi la cui legalità andrebbe vagliata- sarà messa a disposizione di chiunque sia un imprenditore agricolo professionale o “prevalente”, nuovo termine coniato nelle due ore di sospensione del consiglio comunale dai luminari della maggioranza neo-ricostituita.

Prima di entrare nel merito della variante, del suo rapporto con le norme regionali e nazionali, mi soffermo un attimo su quello che è successo in consiglio.
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La consigliera del PD Antonella Berardi, all’inizio della discussione, ha proposto il ritiro dei tre punti all’ordine del giorno relativi a varianti urbanistiche, per opportune ragioni: si trattava di atti importanti, molto tecnici, sui quali non c’era stata nessuna discussione nelle commissioni e nella conferenza dei capigruppo perché andate deserte, nessuna discussione anche nel paese. La stessa variante delle zone agricole è stata presentata in consiglio comunale tre anni fa e ritirata dal sindaco per la necessità di un approfondimento che, da allora, assolutamente non c’è stato, come hanno fatto notare gli unici tre consiglieri di opposizione presenti, Minguccio Altieri, Antonella Berardi e Giuseppe Valenzano. Messo ai voti, il ritiro dei punti urbanistici è stato bocciato con 3 voti a favore e 11 contro.

Anche Franco Delliturri ha votato contro il ritiro del punto perché «E’ un provvedimento -ha detto- che già dal 2015 stiamo discutendo, un provvedimento che ha voluto fortemente, non solo l’amministrazione, ma soprattutto il Movimento Agricoltori Rutiglianesi, all’epoca assessore, amico, ing. Nicola Berardi e lo avevamo proposto così, sic et simpliciter, come viene riproposto oggi. Quindi io ringrazio che finalmente l’amministrazione ha preso atto di questo provvedimento che va a favore della collettività, soprattutto agricola». Delliturri, quindi, ha rivendicato a sé, e al suo amico ingegnere ex assessore, la paternità politica di questa variante urbanistica.

A un certo punto, nella discussione sulla variante, i conti a Delliturri hanno cominciato a non quadrare, perché l’emendamento della maggioranza all’art. 38 delle NTA conservava la costruzione residenziale in agricolo esclusivamente al coltivatore diretto o all’imprenditore agricolo professionale, così come vuole la legge. Questo ha mandato in crisi il capo del MAR che voleva, invece, dare la possibilità di edificare la residenza in agricolo anche all’«agricoltore» non professionale, ai «braccianti agricoli», o «agricoltori in genere» che dir si voglia (tutte categorie coniate, seduta stante, dallo stesso Delliturri). La sua preoccupazione, espressa in consiglio comunale, era che il contributo di costruzione non lo dovesse pagare -come prevede la legge- non solo il coltivatore diretto e l’imprenditore agricolo professionale, ma anche il bracciante agricolo, l’agricoltore in genere o chi svolge “prevalentemente attività agricola”, insomma chi abbia semplicemente anche 5.000 mq di suolo agricolo e una motozappa. La preoccupazione era, quindi, allargare la platea variante-urb agricola-inchiesta-1degli edificatori residenziali in agricolo assicurandole il pagamento “non dovuto” del contributo di costruzione. Che Delliturri ci sia effettivamente riuscito, in questa operazione, strategica ai fini del clientelismo elettorale, è un altro paio di maniche, come si vedrà più avanti.

Ma il parapiglia su questo passaggio tra Delliturri, l’assessore all’urbanistica Patrizia Meliota, il presidente del consiglio, che si parlavano addosso senza capirsi, ha portato il consigliere Stephi Simone a proporre una strategica sospensione del consiglio che il sindaco ha voluto si mettesse ai voti. E’ stata concessa con i soliti 11 voti a favore e tre contrari dell’opposizione. La sospensione, però, ha dato eclatantemente ragione alla consigliera Berardi che, di quel punto, aveva chiesto il ritiro proprio per un approfondimento.
L'amministrazione, con i suoi consiglieri e con Delliturri, si è appartata in sala giunta e vi è rimasta circa due ore, dopodiché consiglieri comunali di maggioranza, sindaco e assessori, come giuristi provetti, sono tornati in sala con emendamenti alla variante della variante che sembrano “norme” generali di nuovo conio, ma fatte in casa.

L’opposizione non ha abboccato
Detto questo, vengo al sodo. L’amministrazione comunale ha portato in consiglio una variante urbanistica alle Zone E simile a quella presentata e ritirata tre anni fa, con in più la furbata di integrarla con gli emendamenti proposti allora dall’opposizione, che non cambiavano granché, rispetto alla proposta della stessa amministrazione, solo legavano le residenze in agricolo a modalità costruttive più ecocompatibili. Il disegno era chiaro: imbarcare il voto anche dell’opposizione o, al limite, metterla in estremo imbarazzo. I tre consiglieri di opposizione non hanno abboccato, hanno comunque fatto una battaglia contro la sostanza di quella variante e l’hanno, alla fine, personalmente bocciata con tre voti contro.

La variante prima e dopovariante-urb agricola-inchiesta-5
L’attacco edilizio ai suoli agricoli è cominciato, tre anni fa, con l’eliminazione totale dei vincoli che limitavano le costruzioni, sia a carattere produttivo che residenziali, alla funzionalità dell’attività produttiva agricola e all’essere agricoltore professionale o coltivatore diretto (art. 37 NTA). In sostanza chiunque poteva costruire una residenza e, volendo, anche un capannone non strettamente agricolo. Diminuivano da 10.000 a 5.000 i metri quadri minimi per l’edificazione e spariva anche il vincolo di inedificabilità nella fascia dei 500 metri oltre la circonvallazione (art. 38 NTA).

La variante portata in consiglio l’altro ieri, dell’art. 37 conservava il vincolo di costruzione di un capannone in funzione dell’attività agricola, ma svincolava le costruzioni residenziali in questo modo: “Le nuove costruzioni a carattere residenziale vanno ammesse anche quando non siano in funzione della conduzione dei fondi…”.
L’emendamento -qui in grassetto, come il secondo- fatto dall’amministrazione, cioè la versione definitiva approvata di questo passaggio, l’ha letta il sindaco: «Le nuove costruzioni a carattere residenziale vanno ammesse anche quando non siano destinate a soddisfare le necessità della produzione agricola …». Non solo, dunque, la conduzione dei fondi non c’entra nulla con la residenza in agricolo, non c’entra nulla la produzione agricola in sé, quindi, la costruzione della residenza è completamente scollegata dalla vocazione agricola delle zone agricole.

Appresso, il sindaco ha letto il secondo emendamento, relativo  all’art. 38: «La nuova costruzione a carattere residenziale deve essere realizzata per corrispondere alle esigenze residenziali esclusivamente del coltivatore diretto o dell’imprenditore agricolo professionale e di tutti gli altri soggetti che svolgano prevalentemente attività agricola». Dell’art. 38 rimane la riduzione a 5.000 metri quadri del lotto minimo e l’eliminazione del divieto di inedificabilità nei 500. Accontentato Franco Delliturri, la variante è passata con 11 voti favorevoli e 3 contrari.

L'ing. Ottomano “ritiene”variante-urb agricola-inchiesta-4
Gli emendamenti, prima di essere votati, hanno avuto bisogno del parere tecnico del funzionario responsabile, l’ing. Carlo Ottomano, che è stato chiamato d’urgenza in consiglio: «Sul primo emendamento si ritiene di poter esprimere parere favorevole», ha detto il responsabile. «Sul secondo emendamento si ritiene di poter esprimere parere favorevole», ha ridetto lo stesso responsabile. Faccio notare qui un fatto interessante. Per due volte l’ing. Ottomano ha utilizzato il verbo “ritenere”: «si ritiene di poter…». Il verbo “ritenere” ha un sacco di significati, quello che qui attiene, il vocabolario Treccani lo indica al punto 4 della voce: “Giudicare, stimare”. Cosa ha fatto, quindi, l’ing. Ottomano, ha espresso un giudizio, una stima personale? Una formulazione di parere che cozza con quanto si legge sul frontespizio della stessa proposta di delibera della variante portata in consiglio: “Pareri di cui all’art. 49-comma 1- del D. Lgs. n° 267/2000. VISTO: Si esprime parere per la REGOLARITÀ TECNICA. Il Responsabile del servizio OTTOMANO CARLO”. Il parere, quindi e di “regolarità tecnica”, come dice la legge, non si può -mi pare di capire- “ritenere” che sia “favorevole”. O è tecnicamente regolare, o non è.

Emendamenti e costi di costruzione non dovuti
Delliturri e colleghi approvatori di variante non si sono resi conto delle conseguenza del “combinato disposto” dei due emendamenti. Il Testo unico dell’edilizia (DPR 380/2001), all’art. 17, comma 3, dice che “Il contributo di costruzione non è dovuto: a) per gli interventi da realizzare nelle zone agricole, ivi comprese le residenze, in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell’articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153”. Qui il dettato è chiaro e semplice e non lascia adito ad interpretazioni: per non pagare il contributo di costruzione, quindi gli oneri di urbanizzazione, capannoni e residenze devono essere realizzati in funzione della conduzione del fondo e delle esigenze dell’imprenditore agricolo a titolo principale, qualifica che non esiste più perché sostituita con “Imprenditore agricolo professionale” dal D. Lgs 99/2004. Sono, quindi, necessari due requisiti, quello oggettivo (conduzione dei fondi) e quello soggettivo (imprenditore agricolo professionale). Va da sé che, se questi due requisiti -tra l’altro ribaditi da tanta giurisprudenza amministrativa- non ci sono, se non si è un “Imprenditore agricolo professionale” e non si ha un fondo da condvariante-urb agricola-inchiesta-6urre, nessuna attività produttiva agricola da svolgere, e si vuole costruire in agricolo, si deve pagare il contributo di costruzione perché, a questo punto, si sarebbe sostanzialmente un semplice edificatore, costruttore di residenza fine a sé stessa.

Effetti degli emendamenti sulle norme
Fuori dalla logica dell’emendamento in questione, c’è da dire che l’edificazione in aree agricole non è assolutamente possibile se è svincolata dall’attività produttiva agricola, come si desume da tutta la normativa urbanistica nazionale. Può non esserci il requisito soggettivo (col pagamento comunque del costo di costruzione), uno può anche non essere principalmente imprenditore agricolo -come in giurisprudenza si va consolidando- ma è indispensabile, imprescindibile, il requisito oggettivo, la funzionalità dell’edificazione all’attività agricola.

L’emendamento all’art. 37 delle NTA approvato in consiglio l’altro ieri ha fatto venir meno proprio il requisito indispensabile, quello oggettivo, perché prescrive che “Le nuove costruzioni a carattere residenziale vanno ammesse anche quando non siano destinate a soddisfare le necessità della produzione agricola”; vanno ammesse a prescindere dalla produzione agricola, a prescindere, quindi, dalla conduzione dei fondi perché c’è produzione agricola solo se si conducono i fondi.

L’emendamento dell’art. 38 si è preso, invece, la libertà di ampliare il requisito soggettivo allargandolo a soggetti “che svolgano prevalentemente attività agricola”, soggetti non compendiati dall’art. 17 del 380/2001 che ne cita solo due, coltivatore diretto e imprenditore agricolo professionale. Sembrerebbe che sindaco, maggioranza e Delliturri siano andati al di là di quello che prescrive la legge, si siano spinti -da pionieri del diritto- molto oltre gli emendati alle NTA del PRG di Rutigliano, abbiano volato così alto da produrre una sorta di modifica e integrazione alle leggi -nazionali e regionali- che governano, e tutelano, le zone agricole.

La campagna è sempre stata edificabile, con criterio
E’ molto probabile, se non sicuro, che questa variante non passi il vaglio, l’esame istruttorio, della sezione urbanistica regionale. Nel caso, comunque, lo passasse e diventasse operativa, allora si dispiegheranno tutte le potenzialità edificatorie a carattere anche speculativo dell’agro di Rutigliano. Delliturri, maggioranza e sindaco hanno più volte detto in consiglio comunale, il 10 aprile scorso, che questa variante finalmente darà la possibilità agli “agricoltori” di farsi la casa in campagna, dove ricoverare i trattori, la nafta, i teloni. Non è assolutamente vero che prima gli agricoltori (imprenditori agricoli, coltivatori diretti) questa possibilità non ce l’avessero. Dal 1999, anno di adozione del PRG e delle sue NTA, l’unico divieto che incombeva sull’imprenditore agricolo era l’edificazione di qualsiasi cosa entro i 500 m oltre la circonvallazione; nella maggior parte dell’agro rutiglianese, migliaia di ettari di suolo agricolo, gli agricoltori “legali” la residenza in campagna se la potevano fare tranquillamente. Hanno preferito, però, farsi le case, le villette a schiera o le ville, nel centro abitato, per una ragione di chiara appartenenza al tessuto sociale della propria città e per le indispensabili relazioni sociali che crea. Il non ripopolamento delle campagne è stata una scelta degli agricoltori non una conseguenza delle NTA del PRG, come si legge nella relazione tecnica che accompagna la variante in questione.
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Chi ha fatto richiesta?
Dal mondo agricolo, infatti, non è mai venuta -che a me risulti- una richiesta, una particolare esigenza di edificazione residenziale delle zone agricole, e la prova è il fatto che nella relazione tecnica accompagnatrice di questa variante, identica a quella di tre anni fa -cambia solo la firma da Ing. Erminio D’Aries a ing. Carlo Ottomano- non si propone nessuna analisi, nessun dato statistico, nessun riferimento a uno studio di settore che conforti la tesi dello spopolamento delle campagne a Rutigliano, mai “popolate” storicamente, e che individui la causa di questo “spopolamento” negli articoli 37 e 38 delle NTA del PRG, come fa, invece, molto peregrinamente, quella relazione tecnica.

La verità
Concludo citando la parte più importante della relazione tecnica in questione, quella che dice la verità, sulla quale parte, l’assessora Patrizia Meliota, sollecitata dal consigliere Giuseppe Valenzano, ha farfugliato cose fuori tema. L’ing. D’Ariers nel 2015, l’ing. Ottomano pedissequamente nel 2019, scrivono: “L’amministrazione Comunale si è trovata a dover rispondere ad alcune richieste di intervento nelle zone agricole 'E' che, seppur compatibili con l’interesse generale, non sono ammesse dalla vigente strumentazione urbanistica e specificatamente dalle vigenti Norme Tecniche di Attuazione, che non consentono la residenza in agricolo per una fascia di 500 metri dal perimetro urbano e che richiedono, per la residenza in agricolo, un lotto minimo di intervento di 10.000 metri quadri”.

Chi ha fatto quelle richieste di intervento nelle zone agricole? Interessante sarebbe sapere i nomi, ma basterebbe sapere anche solo la qualifica: si tratta di imprenditori agricoli? No perché, come è scientifico, agli imprenditori agricoli è consentito l’edificazione anche residenziale nelle zone E, ma nella fascia dei 500 metri no, è vietato anche a loro. Nel caso si sia trattato di imprenditori agricoli, è evidente che la richiesta abbia riguardato quella fascia, quella più urbanisticamente appetibile.

Ma Franco Delliturri, sponsor ufficiale della variante in questione, con la maggioranza e il sindaco, non si sono accontentati di eliminare il vincolo di inedificabilità nei 500 metri, non si sono accontentati di ridurre il lotto da 10.000 a 5.000 mq, hanno anche svincolato la residenza in agricolo dalla conduzione dei fondi, quindi dalle necessità dell’azienda agricola e hanno ampliato la platea degli edificatori fino a comprendere “tutti gli altri soggetti che svolgano prevalentemente attività agricola”, categoria indefinita e di nuovo conio.

Ma si sa, l’appetito viene mangiando e la campagna elettorale è praticamente alle porte.

 

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