Così scompaiono i pozzi, tra incuria e indifferenza
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- Pubblicato Giovedì, 24 Marzo 2016 12:57
- Scritto da Vito Solenne
di Vito Solenne
Dopo l’interessate incontro intitolato “Bellezza e degrado nel territorio di Rutigliano” nell’ambito degli approfondimenti culturali a cura dell’Archeoclub d’Italia sede di Rutigliano, venerdì scorso è stato trattato un altro tema importante dal titolo "I pozzi nella storia: tra S. Lorenzo e Azetium”. Ha moderato l’evento il vicepresidente dell’Archeoclub d’Italia sede di Rutigliano, Nicola Valenzano.
A relazionare sul tema della serata un ospite illustre, lo speleologo Simone Pinto che nel 1991 insieme ad altri soci del gruppo speleologico “Gruppo Puglia Grotte” (Gpg) di Castellana Grotte hanno esplorato alcuni pozzi presenti tra le località Madonna delle Grazie e San Lorenzo a Rutigliano.
Il dott. Pinto ha ricoperto numerosi incarichi nel campo della speleologia, tra i più importanti quello di istruttore nazionale della scuola di speleologia della Società Speleologica Italiana (Ssi); è stato presidente del gruppo speleologico Gpg; ha ricoperto la carica di consigliere nazionale e tesoriere della Ssi, oltre a far parte del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (Cnsas) del Club Alpino Italiano (Cai) che lo ha visto impegnato nelle attività di soccorso del terremoto dell’Irpinia nel 1980. Altrettanto importante è stato il suo impegno in campo politico ricoprendo la carica di sindaco del comune di Castellana Grotte dal 1995 al 2007 e tutt’ora ricopre la carica di consigliere comunale.
Prima di cedere la parola al relatore della serata, il presidente della delegazione rutiglianese dell’Archeoclub, Peppino Sorino, ha voluto condividere con il pubblico un aneddoto che lo ha visto protagonista a fianco del pioniere dell'archeologia rutiglianese, Pippo Catamo, durante i lavori di pulizia di alcuni pozzi in località Azetium.
Precisamente all’imboccatura di un pozzo hanno rinvenuto un manufatto a forma di vaso, utilizzato per chiuderne l’apertura come elemento di protezione. Questo manufatto, dal nome pitos, è oggi custodito al primo piano del Palazzo comunale e secondo il Presidente dell’Archeoclub rappresenta un sarcofago che nel periodo greco era utilizzato per adagiare i corpi senza vita dei bambini in tenera età. Un altro manufatto del genere è stato scoperto in zona Purgatorio tra gli anni 1972 e 1976. Quel pozzo che per caso conservava quel sarcofago, oggi non ve n’è più traccia.
Altri pozzi sono diventati inspiegabilmente privati, nonostante la presenza di lapidi che ne indicano la proprietà pubblica. Quei pozzi pubblici in passato hanno rappresentato una importante risorsa d’acqua per i nostri antenati e oggi costituiscono degli straordinari contenitori di informazioni archeologiche.
L’attività di studio delle cavità artificiali, come i pozzi appunto, rientrano tra i compiti della Commissione Nazionale delle Cavità Artificiali della Ssi, la quale predispone uno studio secondo procedure e modelli stabiliti a livello nazionale, dei seguenti dati: denominazione della cavità, sua ubicazione, rilievo topografico, speleometria (ovvero i dati metrici dell'estensione accessibile delle cavità), la posizione topografica, la tipologia, l'epoca di realizzazione, il terreno geologico, lo stato di conservazione (stabilità, presenza di inquinamento, percorribilità interna, ecc.), bibliografia di riferimento (ove presente).
Mentre a livello regionale esiste il catasto delle grotte e delle aree carsiche della Puglia, previsto dalla legge regionale n. 33 del 2009 contenente le norme per la tutela e valorizzazione del patrimonio speleologico, che è consultabile liberamente online all’indirizzo www.catasto.fspuglia.it
Secondo le procedure previste per lo studio delle cavità artificiali, il dott. Pinto ha prima di tutto fornito un quadro dal punto di vista storico servendosi delle fonti disponibili, come il testo intitolato “Rutigliano in rapporto agli avvenimenti più notevoli della Provincia e del Regno – Sue origini e vicende” del 1877 di Lorenzo Cardassi, noto storico locale.
Lo studio del Cardassi parla di un antichissimo acquedotto sotterraneo vicino alla Cappella rurale di S. Lorenzo Martire, il quale riteneva che non fossero stati i romani a costruirlo, ma i “Pelasgi o Greci”. Il limitato numero di trattazioni dedicate al tema dei pozzi, secondo il dott. Pinto, è in contrasto con la loro abbondanza nel territorio regionale. A Rutigliano, sempre secondo lo speleologo, il numero dei pozzi raggiunge un picco di gran lunga superiore alla media regionale, con una tradizione nota probabilmente in epoca protostorica.
Per tale motivo il Gpg insieme all’Archeoclub di Rutigliano hanno deciso di studiare un campione di pozzi antichi ubicati tra Madonna delle grazie e San Lorenzo, al fine di accrescere la conoscenza in ordine alle loro caratteristiche. Prima di scoprire le peculiarità dei pozzi studiati, è opportuno saper distinguere gli elementi di un pozzo rappresentati dal basamento, dal rivestimento e dall’apprestamento fuori terra. Partendo dalla superficie, accade spesso che la parte superiore sia stata rimossa, come mostra la foto scattata in località Azetium e sostituita in questo caso da un copertone; pertanto risulta difficile risalire all’aspetto fuori terra del pozzo.
L’operazione di prelievo d’acqua poteva essere effettuata attraverso appositi apprestamenti muniti di carrucole, come mostra la foto a fianco, per movimentare i secchi. Per quanto riguarda il rivestimento interno, i pozzi esplorati risultano in parte in pietra rudimentalmente lavorate e in parte perfettamente scolpite e levigate. Inoltre ci sono dei pozzi realizzati per metà in pietra e per metà in tufo. Non meno importante è la terza componente del pozzo relativa alla sua struttura basale che solo in pochi casi è stato possibile indagare a causa della presenza dell’acqua o di melma.
I pozzi esplorati tra Madonna delle Grazie e San Lorenzo rientrano nella categoria dei pozzi freatici, il cui funzionamento deriva dalla presenza della falda freatica. La falda freatica è un tipo di falda acquifera naturale che si forma quando l’acqua piovana dalla superficie attraversa gli interstizi del terreno permeabile e scende per gravità negli strati sottostanti, finché non incontra uno strato impermeabile (es. argilla) e si accumula. Il pozzo, così realizzato, attinge l’acqua dalla falda acquifera attraverso le pareti del pozzo stesso. L’acqua proveniente dalla falda freatica non può essere utilizzata per scopi potabili perché lo strato di terreno permeabile percorso dall’acqua non è sufficiente ad eliminare le impurità.
Dalle attività di esplorazione di questi pozzi è emerso che la loro forma è a bottiglia, con una profondità media di dieci metri ed un’altezza dell’acqua al loro interno di due metri. Il relatore ha attirato l’attenzione del pubblico su di un pozzo in particolare denominato pozzo “zero”, profondo 13,60 metri che ad una profondità di tre metri dal fondo presenta una condotta che è stata percorsa dai soci del Gpg per diciotto metri, la cui esplorazione si è interrotta a causa di una frana che non ha permesso di proseguire la ricerca.
Sempre secondo lo speleologo questa condotta potrebbe essere collegata direttamente all’emissario o acquedotto di cui parla il Cardassi nella sua pubblicazione e che andrebbe studiata in modo approfondito. A questo proposito il dott. Pinto ha rivolto un suggerimento all’amministrazione comunale per un censimento puntuale di queste cavità artificiali per la realizzazione di sentieri didattici e reti culturali. In effetti tra Madonna delle Grazie e San Lorenzo, esiste già una cartellonistica nell’ambito del progetto “Natural-mete nel sud-est barese” realizzata dal Gruppo di Azione Locale (Gal) del “Sud-Est Barese” (Seb), ma i pozzi freatici lungo la strada comunale “Pozzo Cannella” non sono stati presi in considerazione.
L’assessore comunale con delega alla Cultura, Gianvito Altieri, arrivato alla fine dell’evento si è detto felice di partecipare agli approfondimenti culturali dell’Archeoclub e ha informato il pubblico di una importante iniziativa da parte degli studenti del liceo scientifico “Ilaria Alpi”, i quali sempre in collaborazione con l’Archeoclub effettueranno delle visite guidate per scoprire i “tesori” che nasconde il territorio di Rutigliano. «A volte noi pensiamo di conoscere il nostro territorio ma invece probabilmente non ne conosciamo neanche un cinque per cento» ha dichiarato l’assessore Altieri. E fin qui come dargli torto?