Il volto pugliese della Grande Guerra nell’ardore di Domenico Messeni
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- Pubblicato Sabato, 14 Novembre 2015 15:39
- Scritto da Teresa Gallone
di Teresa Gallone
Rutigliano 13 novembre. Nell’occasione ufficiale del centenario del primo conflitto mondiale e a pochi giorni di distanza dalle celebrazioni tenutesi in onore delle Forze Armate, Rutigliano dedica una tappa del “viaggio nella memoria” (intrapreso dallo scorso anno dalla L.U.T.E “Lia Damato”) a Domenico Messeni, concittadino caduto nella Grande Guerra.
Tratteggia la figura emblematica di Domenico, Emanuele Messeni, nipote professore di letteratura, nel libro “Anche a Pove c'erano gli ulivi. Storia di Domenico Messeni, giovane pugliese nella bufera della Grande Guerra” (Edizioni dal Sud) nel non casuale teatro dell’aula magna della scuola primaria “Giuseppe Settanni”.
Emanuele Messeni ha accolto personalmente gli avventori, visibile il suo “ardore”, ha anticipato ciò che si è poi ben delineato nel corso della presentazione della sua opera, il motore della sua penna: raccontare lo zio non solo nell’ottica della sua personale esperienza ma come “simbolo della generazione 1898-99”, quella cancellata dall’ “inutile strage” - così Giovanni Capotorto, moderatore dell’incontro, cita Benedetto XV- del primo conflitto mondiale.
È proprio Capotorto a dare inizio all’incontro assieme a Giuseppe Sorino, presidente della sede rutiglianese dell’Archeoclub d’Italia, con un proficuo approfondimento sull’apporto non trascurabile del paese durante il conflitto: 140 i caduti concittadini, mutilati o stroncati dalle epidemie, tre i simboli eretti in loro nome, il mirabile monumento in piazza XX settembre, il sacrario sito nel cimitero comunale e la cappella di Sant’Antonio da Padova nella chiesa di San Domenico.
È seguito l’intervento di Maria Melpignano, dirigente scolastico del I C.D. “G. Settanni”, scaturito da una lettura sentita e critica dell’opera di Messeni, indispensabile personale chiave di interpretazione del libro: Domenico Messeni è protagonista assente nella memoria diretta di chi ne scrive e dei suoi concittadini ma presente nel suo sacrificio.
La professoressa Melpignano ha individuato il fil rouge dell’opera nell’ardore che ha mosso Domenico Messeni (il giovane non partì volontario, ebbe il “battesimo del fuoco” sei giorni prima di Caporetto, fu impressionato dalle truppe degli Arditi di Giovanni Messe e si arruolò in un secondo momento volontariamente) e che ha ispirato Emanuele Messeni nel percorso di conoscenza e resa della figura dello zio.
Ha dato il suo contributo (nell’organizzazione quanto nella comprensione del valore dell’incontro) l’assessore alla cultura e al turismo Gianvito Altieri, sottolineando un ulteriore particolare fondamentale dell’opera di Emanuele Messeni, il ruolo degli ulivi e dunque, ancora, dell’ardore che suscita la terra patria: Domenico viene ferito a morte il 25 ottobre 1918 e a confortare i suoi ultimi momenti consci sono proprio gli alberi a lui così familiari, conferma tacita della giustezza delle sue azioni “ardite”.
Gli ulivi, conclude Altieri, iconema della Puglia, conforto ultimo nel sacrificio del giovane e sprone attuale a rinnovare il sentimento che fu suo di orgoglio e protezione per la terra natia, qui ulteriore elemento di valore del libro di Messeni.
Si deduce che l’opera del professor Messeni alterni personale taglio lirico a impegno storiografico notevole e il Vito Antonio Leuzzi (direttore dell’I.P.S.A.I.C., istituto pugliese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea) ha fornito gli strumenti per comprenderne l’importanza. Leuzzi ha contestualizzato l’elemento di novità del libro inserendolo nella scorta dell’indimenticata attività di Tommaso Fiore e citando a proposito Giorgio Rochat che ha notato quanto una “nuova leva di studiosi” stia approfondendo ciò che fu dei soldati e che non è passato attraverso le mediazioni culturali.
Quello che accomuna, ha sottolineato Leuzzi, Fiore (che partecipò in prima linea alla Grande Guerra, mosso dall’interventismo democratico e dalla speranza della funzione uguagliatrice del conflitto, e ne testimoniò l’efferatezza nel taccuino “Alla giornata” scritto durante la permanenza in un campo di concentramento tedesco), Salvemini ed Emanuele Messeni è completa mancanza di adesione alla retorica che circonda l’evento guerra, la resa non mendace e autentica di quello che fu per “il popolo di formiche”.
È sulla scia di questi indispensabili interventi chiarificatori che ha esordito l’autore del libro in questione, proiettando il gruppo scultoreo “I genitori addolorati”, opera di una donna tedesca resa folle dalla perdita del figlio in guerra. Il principio del suo discorso non è stato casuale poiché tutta la sua opera ruota attorno alla percezione familiare dell’evento guerra, quella personale della sua propria infanzia accompagnata dal ricordo infuso dello zio Domenico.
Ammette, il professor Messeni, di aver incontrato problematiche riguardo quella che fu la “scelta esistenziale” dello zio come di tutta la generazione di cui era parte (cita per argomentare “L’esame di coscienza di un letterato” di Renato Serra) e di aver superato le suggestioni personali attraverso l’incontro chiarificatore con un’esperta di costellazioni familiari che ha sciolto il groviglio emozionale consentendogli di arrivare alla concretizzazione dell’obiettivo del suo libro: ridare dignità alla memoria di questa generazione attraverso lo zio Domenico, non celebrare ma infonderne lo spirito ardito, renderlo attuale.
Emanuele Messeni si è mostrato eccellente rappresentante della categoria degli insegnanti nel suo lavoro scientifico non occultatore ma portatore di verità, assolvendo al compito che Tommaso Fiore sintetizzò in una sola frase: “Non mentire. Formare teste ben fatte”.
A presentazione conclusa (tra sentiti applausi) il comitato organizzatore ha esposto interessanti iniziative: la ristampa di un rarissimo volume contenente documentazione e testimonianze dei concittadini caduti e superstiti della guerra, l’allestimento nel Museo Civico di una mostra permanente (Giuseppe Sorino ha rinnovato l’invito alla cittadinanza per la partecipazione attiva attraverso l’invio di documenti, testimonianze e cimeli) e in ultimo la meritata intitolazione di una via cittadina a Domenico Messeni a ricordo e ammirazione perenne del suo ardore.