Il libro di Simone Weil contro la forma partito
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- Pubblicato Sabato, 31 Ottobre 2015 16:13
- Scritto da Carlo Picca
di Carlo Picca
Il partito politico lavora per il bene comune o per se stesso ? Questa è la domanda a cui risponde il testo di Simone Weil, -Senza partito-. La risposta che se ne evince sembra essere netta: Per se stesso, per la sopravvivenza di se stesso.
Simone Weil (1909 – 1943), filosofa e mistica francese le cui opere sono state divulgate grazie al prezioso lavoro dello scrittore e filosofo francese Albert Camus (1913 – 1960), non ha visto la pubblicazione di questo suo scritto, essendo stato pubblicato postumo sette anni dopo la sua morte. La Weil fu anche ricca d'impegno come attivista partigiana, e nonostante i persistenti problemi di salute.
E’ un testo, -Senza Partito-, che denuncia i limiti della forma partito, si potrebbe già dire da una prima e superficiale analisi grammaticale del sostantivo in questione. Partito è il participio passato di partire, e fornisce il senso di un tempo in se concluso.
In maniera approfondita, questo scritto, si concentra sul concetto di bene comune in relazione alla forma partito. Concetto di bene comune che possiamo sintetizzare in quell’obbligo di fornire risposta ai bisogni primari e collettivi dei cittadini, per il miglioramento della loro qualità della vita e per il bene delle relazioni fra di loro.
Quando il partito si occupa di sopravvivere, tende a diventare un’istituzione. Termina così di occuparsi del bene comune perché, dapprima dovrà badare alla sua sussistenza, dopodiché agli interessi di chi vi fa parte e solo per ultimo dedicarsi ai cittadini.
Si evincono allora il perché dell’importanza di due cose. La prima è quella di eliminare il finanziamento di un partito, il quale deve fondamentalmente vivere grazie ai suoi sostenitori, in modo da essere sempre vicino ai bisogni della collettività e partecipato da questa. La seconda è la rotazione in tutte le cariche, in tempi stretti e definiti e con un limite nei mandati.
Un partito che si istituzionalizza, smette di generare consenso fra i cittadini. Il consenso si ottiene infatti lavorando per il bene comune e non certo lavorando per la sopravvivenza della forma partito.
Tuttavia per generare un consenso irreale, il partito istituzione, perseguendo la sua sopravvivenza, si dedica alla propaganda anziché generare partecipazione. Così vengono meno, principio di realtà, idee e contenuti a favore di quanto deve conservare l’istituzione partito. Ecco perché ogni regime, ogni partito fa uso di propaganda, pianificando l’ utilizzo di tecniche di persuasione a beneficio di chi organizza il processo.
I tesserati di un partito invece sono caratterizzati dalla mancanza di uno spirito critico e la presenza dello spirito di parte. Così facendo, non solo rinunciano al perseguimento del bene comune, ma sopraggiunge in loro, a scapito del bene comune, dapprima la mancata obiettività, e conseguentemente la mancata dinamicità, con il conseguente immobilismo di contenuti e riforme per il bene comune.
Questo scritto della filosofa francese primo novecento che teorizzava, fra i primi, le criticità delle forme partito, è una lettura consigliata per tutti coloro che si occupano, a vario titolo e forme, di politica.
Buona Lettura!