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Le “Storie di vita vissuta” di Girolamo Difino

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di Tino Sorino


Due episodi avventurosi, emozionanti e carichi di “pathos”, raccontati da Girolamo Difino, in un libricino che si legge tutto d’un fiato, dal titolo “Storie di vita vissuta” (Noja Edizioni2P, 2013). Sono stati al centro dell’attenzione, in un incontro tenuto il 27 febbraio scorso nella sala- convegni del Laboratorio Urbano “Exviri” di Noicattaro, gremita di gente, nonostante la pioggia battente.
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A promuovere l’evento, l’assessorato alla Cultura del Comune di Noicattaro che ha organizzato la presentazione, per celebrare il  centenario della “Prima Guerra Mondiale”. Con l’autore, sono intervenuti il neo assessore alla Cultura Vittoriana Dilorenzo, lo storico locale Michele Sforza, la scrittrice e poetessa Rita Tagarelli, già sindaco del Comune di Noicattaro, il presidente dell’associazione “Madonna del  Carmine” di Noicattaro in Chicago, John Favuzzi con  la sua consorte Antonietta Gialò  e infine l’assessore uscente alla Cultura Vito Didonna, che ha voluto fortemente questo incontro.

Il quale ha sottolineato l’importanza che assumono questi racconti a livello locale, augurandosi che il libro possa essere letto nelle scuole, affinché “i nostri giovani inizino a rivalutare gli uomini del nostro paese e il nostro paese stesso”. Nel primo episodio, Difino racconta le vicende di un suo zio, Vito Didonna, capitano di marina, che, all’età di 27 anni,  durante una tempesta in pieno oceano, il 29 giugno 1929, mentre era al comando del grande transatlantico italiano “Duilio”, salvò da sicura morte, a circa 100 miglia da Gibilterra, tutti i passeggeri della nave americana “New York Express”(in viaggio verso gli  Stati Uniti d’America), in panne a causa di un devastante incendio a bordo.

Nel secondo racconto, che abbraccia tutto il periodo della “Grande Guerra” (dall’inizio del 1915 fino al 1918), Mimì parla di suo padre Vito (Noicattaro, 14 ottobre 1897 - Noicattaro, 23 aprile 1959), soldato del 13° Reggimento Fanteria, dei suoi combattimenti eroici sul Carso, dove si salvò per miracolo dallo scoppio di una granata, meritandosi la decorazione con la “Croce al Merito di Guerra”, della sua dura prigionia in un carcere di Vienna (Munzemberg), dove alle temperature rigide di trenta gradi sotto zero, si aggiungevano, anche, le disastrose condizioni di lavoro (dalle 12 alle quattordici ore al giorno), della sua rocambolesca fuga dal carcere, della sua nuova cattura sempre ad opera delle truppe austriache e del suo trasferimento nel carcere di Dombovar- Budapest in Ungheria.

Ed ancora tratta di altri episodi sempre riguardanti il suo papà, scelto tra i tanti prigionieri del storia-vita-vissuta-2carcere dalla figlia del conte Dahio, Athina, in qualità di contadino alle dipendenze della nobile famiglia ungherese (che viveva in un castello ad una ventina di Km da Budapest e che aveva richiesto alla direzione del carcere un prigioniero da adibire alla cura di cavalli e alla potatura degli alberi da frutta di una vastissima tenuta di circa 100 ettari), del grande amore ricambiato di Vito per la contessina, della morte di Athina a causa della tubercolosi e infine del suo ritorno a casa nel 1919 dalla stazione ferroviaria di  Budapest a Noicattaro, dove morì all’età di 62 anni.

Artefice di questo interessante ed accattivante lavoro, il nojano Girolamo Difino, uomo di grande onestà, moralità e serietà, conosciuto da tutti come Mimì, classe 1938, già impiegato presso il Comune di Noicattaro, incaricato, nel 1996,  per accettazione, come  “Giudice Popolare” presso la Corte d’Assise di Bari, socio onorario, nel 2003, presso l’associazione “Madonna del Carmine” di Noicattaro in Chicago, Illinois (USA) e attualmente in pensione.

Nella sua prefazione, l’autore così scrive: “ Ho voluto raccontare le storie avventurose vissute da mio zio e da mio padre, un po’ per conservare il ricordo di queste persone a me tanto care, ma soprattutto per parlare del coraggio degli uomini di una volta, nella fattispecie di due “nojani” del nostro recente passato, protagonisti di episodi particolarmente esaltanti della loro vita…Mio zio, quando veniva a Noicattaro, libero da impegni sulle navi, e mio padre, quando tornò dalla prigionia, amavano raccontare svariate volte queste loro avventure, che noi ascoltavamo con la bocca aperta, perché sembravano cose incredibili, che si leggevano solo nei romanzi o si vedevano solo nei film”. Un modo per conoscere e non dimenticare uomini coraggiosi e  storie vere e bellissime come queste che vanno conservate e tramandate alle nuove generazioni.

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