Il fuoco e il gelo della Grande Guerra, Camanni racconta
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- Pubblicato Venerdì, 06 Marzo 2015 18:02
- Scritto da Rosalba Lasorella
di Rosalba Lasorella
La vita oltre la metafora, la guerra oltre la retorica. I confini sembrano labili eppure, ad un tratto, si fanno così drammaticamente evidenti. A distanza di cento anni, permangono i segni di quella lunga e assurda battaglia combattuta sulle Alpi dai soldati più giovani, spesso ignari del grande (e macabro) potere racchiuso tra i ghiacciai e le montagne.
Raccontata così, attraverso lo sguardo esperto di chi le vette sente di conoscerle, la Grande Guerra assume una nuova dimensione, più umana e meno diabolica. A testimoniarlo sono le storie raccolte da Enrico Camanni, scrittore e giornalista, nel suo ultimo lavoro “Il Fuoco e il Gelo – La Grande Guerra sulle montagne”, presentato presso l’ITETS “E. Montale” lo scorso 28 febbraio.
Promosso dall’Assessorato alla Cultura e alla Pubblica istruzione del Comune di Rutigliano, l’incontro ha guidato gli studenti fin dentro le contraddizioni del primo conflitto mondiale, quasi improvvisato nella sua organizzazione militare ma sorvegliato rigidamente dall’implacabile natura. I monti alpini, sino ad allora frequentati solo dai viaggiatori benestanti, diventano trappole mortali, confini invalicabili che separano sì due diverse nazioni ma cristallizzano le paure di un’unica umanità.
Presentato dal dirigente Andrea Roncone e dalla prof.ssa Dominga Lepore come «una persona poliedrica, dai tanti interessi, amante delle Alpi e alpinista attivo», Enrico Camanni coniuga la propria personale passione all’esigenza di dimostrare –come già nei romanzi precedenti- che si può guardare alla storia attraverso prospettive differenti. Le lettere scritte dal fronte (oltre 4.000.000.000 tra messaggi, cartoline e biglietti) rivelano quanto difficile fosse per i giovani combattenti affrontare l’inverno, sconfiggere il nemico armato di «valanghe di neve assassina», trovare un senso a tanto dolore e tanto sacrificio.
«Scrivere era l’unico modo per sentirsi vivi» ha spiegato l’autore, descrivendo il primo conflitto mondiale come «una guerra di nervi, di fede, di resistenza», in cui «contava essere più dei bravi alpinisti che dei bravi militari». Il fuoco, compreso quello delle prime mitragliatrici, nulla poteva contro il gelo ostinato, capace tuttora di nascondere corpi e cicatrici.
Di questo triste scenario, dove «l’alba del nuovo giorno era già una vittoria», Enrico Camanni restituisce un ritratto autentico, supportato dalle parole di chi –nell’attesa che qualcosa accadesse- cercava la propria serenità in giochi da bambino. O dilatava «nella scialba memoria» il ricordo immortale di una gioventù perduta. Tra loro anche Eugenio Montale, ufficiale di fanteria in Valmorbia, di cui l’assessore Gianvito Altieri ha ricordato il contributo poetico proprio nella scuola che porta il suo nome.