Fabrizio Colamussi, poeta e drammaturgo: un rutiglianese a tutti gli effetti
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- Pubblicato Mercoledì, 20 Gennaio 2021 17:58
- Scritto da Vito Castiglione Minischetti
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di Vito Castiglione Minischetti
«... un giorno forse sarò chiamato il cantore dell’anelito».
F. Colamussi, La fontana di Arethusa.
Sessantacinque anni fa, il 20 gennaio 1955, moriva a Lecce Fabrizio Adolfo Felice Colamussi, un rutiglianese a tutti gli effetti; figlio di Belisario, ufficiale dei Carabinieri, e nipote di Giovanni, ex sindaco di Rutigliano. È noto infatti che l’antica e nobile famiglia Colamussi è originaria di Rutigliano. Si ricordano in particolare Giuseppe Nicola, arciprete della Collegiata Santa Maria della Colonna e di San Nicola nell'anno 1753; il notar Cristoforo (1768-1778); il giureconsulto Ermenegildo (1761); l’anzidetto Giovanni, consigliere e sindaco di Rutigliano (1860-1877). Dei numerosi figli di Giovanni Colamussi (nonno di Fabrizio), che vivevano insieme nella casa di campagna di Rutigliano, sulla via per Mola, ricordiamo Domenico, primogenito, che fu assessore comunale nel 1882-83; Oronzo, canonico, e Belisario, terzogenito, che fu tenente colonnello dei regi carabinieri. Delle figlie si ricorda in particolare Elisabetta, sposata Violante, che viveva nel borgo antico di Rutigliano; anch’essa ebbe numerosi figli, tra cui Giovannino (padre dell’ex Presidente della Camera dei deputati, Luciano) e Alfredo, entrambi giornalisti antifascisti.
Si ricordano anche alcuni membri della famiglia Colamussi di Rutigliano che presero parte come volontari alla campagna napoleonica di Russia, menzionati nel Diario di Giuseppe Mallardi (di Polignano) (fasc. 24, p. 39): Colamussi Belisario, Colamussi Giacomo e un Belisario Nicola da Rutigliano1 .
Fabrizio Colamussi, secondogenito di Belisario e di Vincenzina Carretti, figlia di Fabrizio (sindaco di Monteroni di Lecce), nacque occasionalmente a Piazza Armerina, in provincia di Enna, l’11 giugno 1889, a causa del trasferimento del padre in Sicilia. Come si evince dall’atto di nascita del Colamussi, regolarmente trascritto nei registri anagrafici del Comune di Rutigliano e riportato qui di seguito, la famiglia aveva il proprio domicilio a Rutigliano.
DICHIARAZIONE DI NASCITA
Comune di Rutigliano
Atti di NASCITA – Anno 1889: Trascrizione n. 18.
Comune di Piazza Armerina
Anno 1889 n. 369.
«L’anno milleottocentoottantanove addì diciannove di Giugno a ore antimeridiane dodici nella nella Casa Comunale Io MICHELE Cavalier TROIANO Sindaco Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Rutigliano ho oggi ricevuto dall’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Rutigliano, dico di Piazza Armerina copia autentica di atto di nascita, che esattamente per intero trascrivo, ed è del tenor seguente Provincia di Caltanisetta – Comune di Piazza Armerina copia autentica di atto di nascita – Numero Trecentosessantanove. COLAMUSSI FABRIZIO, ADOLFO, FELICE. L’anno milleottocentoottantanove addì quindici di Giugno a ore antimeridiane nove nella Casa Comunale, avanti di me CRESCIMANNO Cavalier ANTONIO sindaco, Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Piazza Armerina è comparsa Conti Antonina, di anni sessanta, levatrice, [...], la quale mi à dichiarato che alle ore pomeridiane nove e minuti trenta del dì undici del corrente mese, nella casa posta in via Largo Castello, al numero undici, dalla Signora CARRETTI VINCENZA, proprietaria, moglie del Signor COLAMUSSI BELISARIO, Tenente de’ Reali Carabinieri domiciliati in Rutigliano (Bari), è nato un bambino di sesso mascolino, che ella mi presenta, e a cui da i nomi di FABRIZIO, ADOLFO, FELICE. [...]. Sindaco Crescimanno.
Da estratto conforme rilasciato oggi quindici giugno milleottocentoottantanove. Da servire per uso dello Ufficio dello Stato Civile di Rutigliano.
Eseguita la trascrizione, ò munito del mio visto ed inserta la copia nel volume degli allegati a questo Registro.
[Firmato] Michele Troiano».
Fabrizio Colamussi trascorre così la fanciullezza e la prima adolescenza in Sicilia, poi, nel 1901, si trasferisce a Ravenna, dove frequenta il ginnasio. Negli stessi anni, come scrive suo nipote Lorenzo Carlino, passa, molti periodi estivi a Rutigliano, sotto i pini della villa del nonno Giovanni, sulla via per Mola, insieme ai genitori e alla sorella Maria. A Rutigliano, Fabrizio Colamussi trova anche l’amore ricordato in una lirica con le iniziali di P.R.: «La poesia C’eri anche tu, pubblicata nel ’26, ricorda una presenza femminile (P. R.), sotto un pino della campagna di Rutigliano, dove si recava sempre il Colamussi. In questi soggiorni egli godé molto del rapporto con i parenti, sia quelli della campagna, sia quelli del paese. Ricorda infatti con piacere e nostalgia la vicinanza dello zio Oronzo (sacerdote), che gli insegnava la vita semplice, morigerata e con cui s’intratteneva molto in conversazioni, intercalate con lunghi silenzi»2 . Fra le componenti importanti della sua poesia Rutigliano è certamente una delle Muse che lo hanno liricamente ispirato. Ritroviamo infatti riferimenti a questo luogo e ai suoi cari che ha molto amato nelle sue liriche, come negli splendidi versi della poesia intitolata Sul pino in cui appare la figura dello zio Oronzo, sacerdote, con il quale il Colamussi discorre della sua vita durante “tante ore indimenticabili” e di “certi istanti di raccoglimento nell’incanto di placide notti lunari”:
Vi lascio, freschissimi rami... / Veggo la carrozza spuntare dal viale / che riporta dal paese lo zio. / È l’ora che pranza la famiglia. / Vado. Ecco, lesto discendo. / Ma vi lascio l’intima anima mia, / freschissimi rami, / perché sotto l’ombra vostra / ho imparato una nuova vita / e non so viverne un’altra. / [...]3.
Una nota dell’intellettuale leccese Francesco Lala4, che gli è stato vicino, afferma che le città che più ha amato Fabrizio Colamussi sono state Ravenna, dove divenne amico della poetessa Barbara Tosatti, Lecce, Rutigliano e Bari. A Rutigliano come a Bari, Colamussi coltivò una serie di amicizie intellettuali; in particolare, fu amico di Alfredo Violante e di suo fratello Giovannino, dei quali era come abbiamo visto anche cugino, ma di idee politiche opposte. Fabrizio Colamussi fu infatti un grande ammiratore, come poeta e come politico, di Gabriele D’Annunzio. Ma la sua “adesione” al fascismo mal si accordava con la fede umanista, con i valori di pace, di fratellanza, con l’amore per la natura e la poesia, di cui è profondamente intrisa tutta l’opera del Colamussi.
Nel 1905, la famiglia si trasferisce definitivamente a Lecce, luogo d’origine della madre5. Qui, il giovane Fabrizio continua i suoi studi liceali e universitari, che termineranno col conseguimento della laurea in Legge presso l’Università di Macerata nel 1915. Appartengono a questo periodo alcuni lavori editoriali, più che altro dispense, di diritto civile e amministrativo, ma soprattuto la pubblicazione, nello stesso anno, del primo dramma Lo spirito della pietà. Tuttavia, l’esercizio della professione legale non gli si addice, e ancor meno la breve esperienza di insegnamento e di direzione del Museo provinciale Archeologico di Lecce, per cui fa in modo di riacquistare la tanto anelata libertà e il desiderio esplicito di dedicarsi anima e corpo allo studio delle letterature italiana, francese e inglese.
A Lecce, visse modestamente e serenamente in un austero palazzo di famiglia, circondato dai genitori e dalla sorella Maria, fino alla morte. Ai suoi tempi, il capoluogo della regione salentina era infatti un centro di notevole vitalità in campo culturale e, da questo estremo angolo della Penisola, Colamussi, dotato di una vasta cultura classica e scevro da ogni corrente o scuola letteraria, guardò con profondo interesse alla cultura europea e più particolarmente alla letteratura francese dell’epoca. Sin dagli anni Venti intraprese una fitta corrispondenza con vari studiosi, letterati e poeti di tutto il mondo e tradusse un certo numero di composizioni in prosa e in versi di diversi autori francesi contemporanei, fra i quali il poeta simbolista francese Théo Varlet, con cui ebbe un lungo rapporto epistolare, Armand Godoy e André Devaux. Un suo brevissimo intervento fu pubblicato nella rivista francese La Phalange6, insieme a Gabriele D’Annunzio, al suo amico Armand Godoy, al poeta e scrittore Léon-Paul Fargue, a Michele Saponaro ed altri. La sua curiosità letteraria lo spinse a tradurre anche autori del romanticismo inglese, come Shelley (l’Adonais), Lord Byron (l’Ave Maria!), Swinburne ed altri. Molte di queste traduzioni furono pubblicate nella rivista napoletana Fantasma e su altri periodici. Fu autore notevole di testi teatrali drammatici fra i quali si distinguono Lo spirito della pietà (1915), Elisabetta d’Austria (1926), L’Artide (1939), Il faro della latinità (1950) e La fontana di Arethusa (1955, postumo). Come poeta, scrisse nel 1941 i poemetti dal titolo Simboli dell’infinito e nel 1948 le liriche Linee sull’azzurro. Altre raccolte liriche così come l’epistolario sono rimasti inediti. Va precisato che le sue opere risultano essere presenti nelle maggiori biblioteche del mondo.
Nel 1940 venne richiamato alle armi e destinato, data l’età (51 anni), all’Ufficio Censura Militare di Bari. Qui, trovò una sistemazione presso il fratello Giovanni, che viveva nel capoluogo pugliese, e trascorse l’estate nella casa di campagna del nonno a Rutigliano durante tutto il periodo della guerra. È di questo periodo la pubblicazione a cura del Colamussi stesso di un opuscolo contenente i Giudizi sull’opera letteraria di Fabrizio Colamussi, Bari, Laterza e Polo, 1941.
Morì a Lecce nel 1955, dopo una breve malattia, nella sua casa della piazzetta S. Giovanni dei Fiorentini. Numerosi furono i necrologi e le commemorazioni in tutta l’Italia, fra questi, il saggio pubblicato sulla rivista letteraria “L’Albero” a cura di Donato Valli, il quale nell’anno accademico 1977-78 assegnò una tesi di laurea in Lettere Moderne intitolata Fabrizio Colamussi, così come la studiosa Lina Jannuzzi, specialista dell’opera del Colamussi, fece svolgere una tesi di laurea, nell’anno accademico 1984-85, intitolata: Fabrizio Colamussi poeta. A questi, oltre i suddetti Federico e Lorenzo Carlino, Alessandro Laporta, si aggiunge il prof. Mario Proto, dell’Università del Salento, il quale definisce Fabrizio Colamussi un intellettuale europeo vissuto al sud, “il meno provinciale dei provinciali”, una «figura atipica del mondo letterario meridionale, e di Lecce in particolare, città nella quale ha trascorso gran parte della sua laboriosa esistenza»7. Ma, nonostante la nascita siciliana e la residenza nel capoluogo salentino, Colamussi − «alternando la propria residenza fra Lecce, città dalla scenografia barocca che ne accentua la dimensione teatrale, e Rutigliano, la bianca cittadina ai margini della Murgia, nella casa paterna8» − non sembra però ignorare quel forte vincolo di appartenenza, quel indescrivibile affetto e sentimento, che lo legava al suo ceppo familiare di origine e che fa di lui un rutiglianese a tutti gli effetti.
L’interesse e l’attenzione critica intorno all’opera del drammaturgo, poeta, traduttore e critico letterario, a partire dai primi anni dalla morte, attirano sempre più studiosi che, attraverso seminari e giornate di studio organizzati soprattutto dall’Università del Salento, danno vita a un’attenta analisi del corpus letterario del Colamussi. Appaiono i primi articoli, interviste, monografie, atti di seminari e convegni che lo riguardano. Nel 1982, presso la Adriatica editrice di Lecce, vengono pubblicati i “drammi” a cura di Lina Jannuzzi e, nel 1990, sempre a cura della Jannuzzi, viene pubblicato il volume Teatro di Fabrizio Colamussi presso l’editore di Lecce, Milella.
La Città di Lecce lo ha commemorato con ragione, dedicandogli una via. Penso che Rutigliano, culla della Famiglia Colamussi, debba anch’essa un tributo sincero allo studioso considerato fra i più importanti scrittori pugliesi di livello internazionale. Forse si potrebbe prendere in considerazione l’idea di intitolare la Biblioteca Comunale di Rutigliano al drammaturgo e poeta salentino-rutiglianese Fabrizio Colamussi, e promuovere in seguito iniziative intorno alla figura del letterato.
P. S. Rigrazio il dott. Michele Ferrazzano della Biblioteca Provinciale di Foggia, per avermi dato l’opportunità di pubblicare la poesia “C’eri anche tu!...”.
Ringrazio particolarmente la famiglia Carlino per aver messo a disposizione le preziose foto di Fabrizio Colamussi qui pubblicate.
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1 E. De Vecchj, Re Murat e la campagna del 1815 in Italia secondo il diario manoscritto di un valoroso ufficiale pugliese, Bari, Società Editrice Tipografica, 1932?, p. 192.
2 L. Carlino, «Biografia: Con note bibliografiche», in Fabrizio Colamussi letterato e poeta salentino, atti del Seminario di Studi, Lecce, 23 ottobre 1999, Ed. Milella, 2001, p. 14.
3 D. Valli, «Il cantore dell’anelito», Ibid., pp. 66 e71.
4 F. Lala, Fabrizio Colamussi (1889-1955) [Centenario della nascita].
5 Originaria di Monteroni di Lecce.
6 La Phalange, n° 2, 15 janvier 1936 [96-(2) p. / p. 97-192].
7 M. Proto, Fabrizio Colamussi : Un intellettuale europeo vissuto al sud, op. cit., p. 79.
8 L. Jannuzzi, «Fabrizio Colamussi: il teatro», in Fabrizio Colamussi letterato e poeta salentino, op. cit., p. 30.
Foto
Slide di apertura: ritratto di Fabrizio Colamussi (del pittore Luigi Grande).
Nel testo dall'alto vero il basso: Fabrizio Colamussi (a sinistra) con i nipoti Lorenzo e Federico (Carlino).
Fabrizio Colamussi con il fratello Giovanni.