Il castello e la torre normanna di Rutigliano: storia di un’alienazione
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- Pubblicato Venerdì, 22 Maggio 2020 16:15
- Scritto da Vito Castiglione Minischetti
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di Vito Castiglione Minischetti
«Torre normanna ─ maestosa mole
Di feudal maniero [...] ancor resisti
Agl’insulti de gli uomini e del tempo...»
S. Tagarelli, A Rutigliano degli Avi miei
Per cominciare, vorrei riportare una notizia di fresca data (27 febbraio 2020), nota certamente a molti, che potrebbe avere il gusto di una provocazione nel contesto rutiglianese: «Da oggi i cittadini di San Nicandro Garganico diventano proprietari dello storico Castello normanno-aragonese e potranno trasformarlo in un forte attrattore turistico-culturale1».
Penso allora alle parole di deplorazione del nostro eminente storico di un secolo e mezzo fa, il canonico Lorenzo Cardassi, circa l’iniqua sorte toccata al Castello e alla sua Torre di vedetta Normanna di Rutigliano:
«Poste le quali cose, parmi troppo giusto che quegli Amministratori del Comune, [...], s’abbiano il meritato biasimo dei presenti e dei posteri per la nessuna carità di patria addimostrata in quella opportunità2».
Il giudizio storico del Cardassi sulla travagliata storia della cosiddetta Torre Normanna sembra coincidere profeticamente con lo stato d’animo degli odierni cittadini rutiglianesi, i quali considerano di aver ereditato una insensata situazione giuridico-amministrativa.
Ciò che sorprende è che il Cardassi sia stato l’unica voce a gridare nel deserto silenzioso della città, tutta intenta agli affari, e indifferente (nonostante la presenza durante tutto l’Ottocento di numerosi intellettuali) di fronte a quello che stava per accadere e che avrebbe purtroppo inciso pesantemente sul destino di uno dei suoi più importanti monumenti.
Nessuno contesta che la Basilica Palatina di S. Nicola di Bari avesse giuridicamente il diritto di cedere a privati uno dei monumenti che era appartenuto a un suo feudo3, cosa che si è sempre fatta (lo stesso destino è toccato al castello normanno-svevo di Sannicandro di Bari4, nostro sodale di (s)ventura nella lunga e travagliata storia con il Capitolo di S. Nicola di Bari). Tuttavia quella parte del patrimonio cittadino che era già stata riconosciuta di valore storico-architetturale5 era moralmente e culturalmente inalienabile. Soprattutto se consideriamo le numerose controversie insorte ed i diversi pareri di giuristi che hanno cercato di argomentare quesiti del tipo: la concessione dei feudi fatta alla Basilica da Carlo II d’Angiò fu in perpetuo? Per non parlare dei contributi che in diverse occasioni i cittadini di Rutigliano furono chiamati a "donare", al di là delle rendite dovute, come per esempio accadde nel 1535 per il restauro del campanile della stessa Basilica di S. Nicola, per il quale l’università di Rutigliano dovette versare 200 ducati6.
In questa ed in altre situazioni, il Capitolo di San Nicola, nostro "utile padrone", ha sempre considerato il feudo di Rutigliano come "roba di conquista". Lo dimostra uno dei suoi perentori interventi, fra i tanti, del 1521, presso il re di Napoli, il quale fu tenuto ad inviare una missiva al Capitano regio di Rutigliano (che pure rappresentava la corte baronale ed aveva la giurisdizione civile e criminale per i tre casi: pena di morte, amputazione di membra, esilio): «Lettera del re Ferdinando al capitano a guerra di Rutigliano che non habiti nel castello di detta terra ma nelle case di sua solita habitazione dentro detta terra lasciando il castello al capitolo7».
Giova forse ricordare brevemente come sono andate le cose. Il 20 luglio 1304, il re Carlo II d’Angiò dettò le famose «costituzioni» per la basilica di S. Nicola di Bari, «sua cappella», e desiderando arricchirla di rendite sia per il culto sia per i canonici, il primo novembre di quell’anno, donò in feudo la metà del castello di Rutigliano e, nel 1306, l’altra metà. Il feudo di Rutigliano fu quindi concesso alla Basilica in feudum nobilem e comportava il possesso di «casali, fortezze, servitù, case, vigne, terre coltivate e incolte, pianure, monti, valli, tenimenti», il tutto in regime di esenzione fiscale8.
Con il decennio francese (1804-1815), cessato il sistema feudale, i rapporti del capitolo nicolaiano con i suoi feudi cambiarono profondamente. Nel 1808 fu creata una magistratura e giurisdizione straordinaria denominata Commissione Feudale con il compito di liquidare e risolvere tutte le contese tra cui quelle di Rutigliano9. Il gran priorato della basilica ed il suo tesoriere decisero allora di disfarsi via via dei beni appartenenti ai loro ex feudi, fra i quali appunto il « palazzo baronale col Castello » di Rutigliano. Nel 1819, il Comune di Rutigliano ottenne dal Capitolo di S. Nicola di Bari la possibilità di poter affittare la Torre e l’ex casa baronale, ed affidò all’ing. Nicola Leandro il progetto delle riparazioni necessarie per l’utilizzazione dei luoghi come « Carcere Criminale e Correzionale », ma i lavori non furono eseguiti10. Per cui il Capitolo decise, nel 1829, la vendita del castello.
In quell’epoca, il gran priore della basilica nicolaiana era mons. Giulio Cesare Giliberti, alla cui funzione si univa la dignità di Palatino, e che aveva come titoli: luogotenente del re, di lui intimo consigliere a latere, gran priore ed ordinario della real cappella palatina di S. Nicola di Bari, barone di Sannicandro e Rutigliano, [...]11.
Vale la pena ricordare, fra l’altro, che il Capitolo di S. Nicola di Bari possedeva in Rutigliano, oltre al Castello, anche i cosiddetti fondi rustici e urbani che consistevano in 393 ettari di terra e numerose case, i quali finirono per essere poi venduti dalla Regia Delegazione Palatina che nel frattempo aveva sostituito il Capitolo nella gestione dell’ingente patrimonio12.
Come si concretizzò la vendita? È lo stesso Cardassi a dirci come andarono le cose:
«Nell’anno 1829 a dì 21 Luglio per mano del Notaio Sig. Giuseppe Lepore di questa stessa città fu stipulata la vendita del palazzo baronale col Castello tra il nominato R. Capitolo ed il Sig. Michele Ribera13, avo dei signori Torres, attuali possessori [1877]. Da questi stessi gentilmente mi fu favorita la notizia del prezzo totale d’acquisto che fu di L. 7225 (pari a ducati 1700:00), che se noi registriamo alla storia, si è unicamente pel fine di rinfacciare ai poco accorti Amministratori del Comune in quell'epoca, di avere senza alcuna carità di patria permesso che per si tenue prezzo addivenuto fosse proprietà privata un monumento di antichità patria, il baluardo della città antica. [...], certo non quale oggi si osserva, occupato in gran parte da nuove fabbriche fatte costruire dal Sig. Ribera... »14.
La proprietà del Castello, che consisteva in una torre di epoca normanna circondata da un edificio castellare, era quindi passata dal barone di S. Nicola di Bari al mercante di stoffe Michele Ribera15 per un « tenue » prezzo. Successivamente, per il matrimonio con una figlia del Ribera, fu Rocco Torres ad ereditare il Castello. Intanto, i locali abitativi ricostruiti, che Lorenzo Cardassi chiama "nuovo fabbricato", servirono come abitazione alla famiglia Torres e alla famiglia del tenente di fanteria Giovanni Cardassi.
Nel 1890, il primogenito Michele Torres propose la vendita della Torre al Comune e all’Amministrazione Provinciale, non potendo sostenere le spese di gestione a causa anche delle precarie condizioni architettoniche in cui versava. Infatti, la mancata manutenzione ordinaria da parte del Capitolo di S. Nicola di Bari aveva provocato danneggiamenti strutturali e pericoli di crollo, della Torre in particolare16. Purtroppo, anche in questa occasione, i « poco accorti Amministratori del Comune » lasciarono che il momumento restasse proprietà privata.
Intanto Michele Torres morirà nel 1896, e sarà suo figlio Rocco a dover richiamare l’attenzione delle autorità, nel 1905, sulle intenzioni di abbattimento della Torre per ragioni di sicurezza.
Senonché sulla vicenda cadrà di nuovo prepotente il silenzio e, nel 1906, il signor Torres, pressato dai residenti del cortile del castello al fine di risolvere il problema del pericolo di crolli, ritornerà a minacciare la demolizione della Torre. Finalmente, il «Sup. Ministero» deciderà di considerare la questione sulla base di un nuovo progetto di restauro, ma esprimerà perplessità sulla somma di spesa preventivata, sottolineando che comunque il contributo non è obbligatorio e rammentando che «per legge è obbligatoria la buona manutenzione da parte dei proprietari, sia enti pubblici che persone private17».
Seguiranno poi alcuni progetti di restauro rimasti anch’essi sulla carta fino alla riunione romana della Direzione Generale delle Belle Arti del 7 marzo 1922, in cui venne decisa la spesa di 10.000 lire per disporre i « lavori di riattamento della torre normanna di Rutigliano, che minaccia anche di rovinare18». Sette anni dopo, si tenne un’altra riunione del Consiglio dell’Ente per la tutela dei Monumenti nel cui bilancio preventivo per l’anno 1929 fu stanziata la somma globale di circa 100.000 lire per concorrere con congrui sussidi ai restauri diversi, tra cui la Torre normanna di Rutigliano. È sicuramente in questo periodo che la Regia Soprintendenza alle Opere di Antichità e d’Arte della Puglia venne interessata grazie al piano dei lavori presentato dall’ing. Michele Sorino denominato: Antichissima Torre di Rutigliano: Progetto dei lavori urgentissimi occorrenti per la semplice conservazione del Monumento. Si apprenderà poi nell’aprile del 1930 che l’Ente provinciale della tutela dei monumenti aveva deciso di finanziare, oltre alle ricognizioni archeologiche come quelle in contrada Tomegna, nel territorio di Rutigliano, anche i lavori di restauro con la spesa di 5.000 lire "per le torri normanni" (sic)19.
Infine, da una ricerca effettuata dall’arch. Francesco Dicarlo presso l’Archivio comunale, veniamo a sapere che « i lavori per un ammontare di £ 14,735.73 (in realtà protrattisi fino alla metà del secolo XX) consistettero principalmente nella sistemazione degli scoli delle acque meteoriche e di una serie di interventi per la ricostruzione della merlatura in grandissima parte erosa dal tempo e crollata a causa delle intemperie»20.
A tutt’oggi, allorché siamo agevolmente informati della prima compravendita del 1829, ignoriamo quasi tutto della storia dell’acquisizione della Torre Normanna da parte degli attuali proprietari.
Per la storia più recente della Torre, si rinvia ai diversi articoli pubblicati nella rivista L’Arcobaleno del febbraio 2003, sulla Gazzetta del Mezzogiorno21 e sulla rete.
Resta il fatto che la storia anomala della Torre Normanna di Rutigliano perdura. Bisogna pertanto sperare che il glorioso santo Nicola, protettore della Città e del Castello, in particolare, reiteri nel XXI secolo un intervento "miracoloso", possibilmente risolutivo, del tipo di San Nicandro Garganico!
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1 Cfr. www.sannicandro.org/notizie/attualita/6440-acquisto-castello-la-regione-impegna-386mila-euro.
2 L. Cardassi, Rutigliano in rapporto agli avvenimenti più notevoli della provincia e del regno: sua origine e vicende, Bari, G. Gissi, 1877, p. 41.
3 Dopo il 1806, con l’abolizione del feudalesimo, il Capitolo di S. Nicola divenne usufruttuario dei beni immobili, e il feudo di Rutigliano si ridusse a una semplice proprietà privata.
4 Il Comune di Sannicandro ha potuto acquisire il suo castello nel 1967.
5 La Torre Normanna di Rutigliano venne menzionata, nel 1715, fra le sedici Torri di Guardia, la cui funzione era quella di difendere la Provincia dalle incursioni dei Saraceni, in: Serafino da Montorio, Zodiaco di Maria, ovvero Le dodici provincie del Regno di Napoli [...], Napoli, Severini, 1715. Cfr. L. Cardassi, Rutigliano, op. cit.i, p. 42. Vedi anche: P. Perfido, « La rete delle torri e dei castelli nel Sud-Est barese », in: Giornate di Studio sull'architettura fortificata. Rilievo e Restauro, a cura di V. Castagnolo, R. de Cadilhac, P. Perfido, G. Rossi, Martina Franca 2017, pp. 57-64.
6 Un rogito del 19 marzo 1535 afferma che: « L’università di Rutigliano [...] conviene con [...] i procuratori del capitolo, di rimettere a quest’ultimo tutti i proventi derivanti dalle controversie giudiziarie dei cittadini di Rutigliano ed inoltre di donare la somma di 200 ducati per il restauro del campanile di S. Nicola. », vedi: Cartularium Morea.
7 Cfr. D. Porcaro Massafra, L’archivio della Basilica di San Nicola. Fondo cartaceo, Bari, Edipuglia, 1988, p. 234.
8 Codice Diplomatico Barese, vol. XIII, doc. 135, pp. 205-206.
9 Cfr. [Pietro Natale], Per la città di Rutigliano contra il capitolo di San Niccola di Bari. Intorno alla giuridizione feudale, [1804?] ; P. Natale, Riassunto e nuova dimostrazione per l'Università di Rutigliano, Napoli 1809.
10 Cfr. F. Dicarlo, « Nicola Carelli architetto (1796-1884) : Vita ed opere nella sua città natale », in: Nicola Carelli architetto, Bari 1987, pp. 36-37.
11 F. S. Abbrescia, « Gran priorato di S. Nicola di Bari », in: V. D’Avino, Cenni storici sulle chiese arcivescovili, vescovili, e prelatizie (nullius) del regno delle due Sicilie, Napoli, Ranucci, 1848, pp. 750-753.
12 D. Porcaro Massafra, op. cit., pp. XIV-XV. – [Un esempio, fra tanti: nel febbraio del 1925, fu messa in vendita dalla Delegazione Palatina la « Masseria S. Martino in Rutigliano, di ettari 45.80.90 con vastissimo fabbricato » per la somma di lire 180.000].
13 Vedi: «Instrumento di conquazione fatta dal tesoriere Chiurlia con il signor Ribera di Rutigliano», in: D. Porcaro Massafra, op. cit., p. 104.
14 L. Cardassi, op. cit., p. 40.
15 I Ribera, originari di Venezia, si stabilirono a Rutigliano dove nel 1688, Emanuele Ribera, mercante di stoffe, sposò Grazia Chiaia, da cui ebbe 10 figli, tra cui Michele, il futuro acquirente del Castello, Francesco Paolo e Nicola, tutti mercanti di stoffe. Cfr. F. Dicarlo (a c.), Cardassi, op. cit, p. 98 nn. 3, 4, 5, 6.
16 A questo riguardo, già nel 1780 l’ing. Giuseppe Gimma aveva inviato una lettera al tesoriere della Basilica Giovanni Chyurlia per sollecitare « lavori di restauro alla taverna ed ai tetti del magazzino del castello ». [Tale magazzino serviva come deposito di grano]. Cfr. D. Porcaro Massafra, op. cit., p. 255.
17 F. Dicarlo, «Rutigliano : le trasformazioni urbane in età moderna», in Cardassi, op. cit, p. 59. Vedi anche: « La torre di Rutigliano », in: A. Vinaccia, Monumenti medioevali in Terra di Bari, Bari, S. T. E. B., 1915, p. 127.
18 Cfr. Corriere delle Puglie, 8 marzo 1922, p. 2.
19 Cfr. Gazzetta del Mezzogiorno, 5 marzo 1929 e 23 aprile 1930, p. 4.
20 F. Dicarlo, op. cit, pp. 58-59.
2116 luglio 2003; 20 marzo 2013; 6 e 24 luglio 2018.