Rutigliano e i suoi tesori nascosti. La Chiesa Madre e il polittico del Vivarini
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- Pubblicato Sabato, 23 Novembre 2019 11:18
- Scritto da Teresa Gallone
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di Teresa Gallone
La guardiamo di sfuggita in ogni passaggio frettoloso nel borgo antico, ci entriamo la domenica o durante le feste, celebriamo eventi lieti e tristi, fa parte della nostra vita da sempre. La nostra Chiesa Madre o ufficialmente la nostra Real Collegiata di Santa Maria della Colonna e San Nicola è motivo di vanto e di orgoglio, preziosissima di per sé e custode di opere inestimabili. Notissimo fra queste è il polittico di Antonio Vivarini, il più antico del suo curriculum, risalente al XV secolo e che in questo articolo conosceremo più da vicino, dedicando magari qualche passo del nostro percorso al suo contenitore, la nostra Chiesa Madre.
Antonio Vivarini e le sue opere “migranti”
Figlio di una famiglia di salda tradizione artigiana, nato a Murano e cresciuto nell’arte grazie alla lavorazione del vetro, Vivarini si dedica alla pittura dando vita a una vera e propria scuola che segnerà l’arte del Rinascimento. Si stacca dalla tecnica gotica più votata alla decorazione per dare concretezza alle sue figure e tridimensionalità agli spazi che rappresenta. La sua prima opera è una pala d’altare conservata a Venezia e risalente al 1440.
Antonio, suo fratello Bartolomeo e suo figlio Alvise danno vita a una florida bottega con contatti e committenti in tutto il Mediterraneo italiano. Proprio a questa fama risale il motivo della presenza di Vivarini nella nostra regione. Facoltose famiglie meridionali e prestigiosi monasteri richiedevano le opere dei Vivarini. Abbiamo la testimonianza proprio sotto i nostri occhi: la Basilica di San Nicola, la Chiesa di Sant’Andrea a Barletta, la Chiesa Matrice di Rutigliano sono contenitori preziosi di opere firmate proprio da Antonio Vivarini.
Il contenitore prima del
contenuto: la nostra Chiesa Madre
La sua costruzione risale al X secolo e con la bolla di Papa Niccolò II del 1059 venne elevata al rango di Nullius Diocesis (per il diritto canonico prelatura territoriale, modalità in cui clero e popolo sono separati da ogni diocesi, ndr), consacrata nel 1108 e mantenuta in questo privilegio sino al 1662.
Il suo corpo è una mappa dei secoli che ha attraversato, su cui si possono distinguere elementi romanici come il campanile e il bassorilievo di Cristo e gli apostoli sul portale, o barocchi come la cupola o le decorazioni interne. Romanica anche la pianta a croce e la suddivisione in tre navate. Al XVIII secolo risalgono poi l’organo a 24 canne, il coro in legno e le tele di Domenico Carella e Samuele Tatulli.
In questo contenitore tanto vario quanto prezioso, spicca il polittico di Antonio Vivarini.
Il prezioso contenuto
Si tratta di un polittico (pala d’altare costituita da singoli pannelli) risalente al 1461-1462, il più antico pezzo della bottega del Vivarini che la Puglia conserva. Raffigura la Vergine assisa in trono con il Bambino in braccio, circondata da santi e sormontata da Cristo adulto, risorto e vincitore della morte. Maria è rappresentata in uno stato di tranquilla serenità, assorta mentre cinge delicatamente suo figlio, le cui forme paffute contrastano con la linea snella del volto della donna. Attorno alla Vergine, Vivarini rappresenta otto figure: san Nicola, san Francesco, sant’Antonio, san Cristoforo, san Bernardino, san Pantaleone, santa Margherita e santa Caterina d’Alessandria. I santi, dinamici e tuttavia rigorosi nelle loro pose, spiccano sul fondo dorato vestiti di colori accesi, così come vivida è la veste della Vergine. Vivarini sceglie di riempire quasi totalmente gli spazi con corpi solidi, voluminosi e dinamici nelle espressioni e nelle pose, su uno sfondo non piatto ma profondo, di cui quasi si avverte lo spessore.
Questo prezioso contenuto ha lasciato il suo consueto contenitore nel 2016 per essere esposto in una mostra dedicata alla famiglia Vivarini presso Conegliano (Treviso). Di lui e delle altre testimonianze di Antonio e Bartolomeo Vivarini in Puglia si è occupato il noto storico dell’arte Vittorio Sgarbi. Una nostra eccellenza, Giovanni Boraccesi ha invece restaurato cinque scomparti di un polittico di Antonio Vivarini risalente al 1467 e oggi esposto nella Pinacoteca “C. Giaquinto” di Bari.