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9 Maggio 2019, ricordando Aldo Moro

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Sac. Pasquale Pirulli
don pasquale foto
Gli antichi romani dinanzi al mistero della morte, per cui l’uomo ritorna alla terra della quale era stato impastato, auguravano al defunto: “Pulvis sit tibi levis” (La polvere della terra ti sia leggera!) . Nei confronti dei limiti e dei difetti dei trapassati si imponevano un silenzio reverenziale: “Parce sepulto!” (Abbi pietà per chi è stato sepolto!).

La società civile si raccoglie nella memora anniversaria del decesso tragico dell’On. Aldo Moro, la cui salma fu ritrovata alle ore 13,50 del 9 maggio 1978 nel bagagliaio della Renault 4 posteggiata in via Caetani, dopo una telefonata del brigatista  Valerio Morucci al prof. Franco Tritto.  La tomba dello statista nativo di Maglie riposa nella tomba del cimitero di Torrita Tiberina.
Da parte della magistratura e delle autorità dello stato con processi e commissioni d’inchiesta  negli anni si è continuato ad indagare per far luce sulla vicenda Moro, iniziata con il sequestro avvenuto alle ore 9 del 16 marzo 1978 e la strage della sua scorta: Leonardi Oreste, Raffaele Iozzino, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Si sono distinti in questa azione secondo le proprie competenze il giudice Ferdinando Imposimato ,l’on. Giuseppe Fioroni e  l’on. Gero Grassi.

Nella comunità ecclesiale, ad iniziativa di estimatori e alunni, con l’approvazione della figlia dello statista Maria Fida Moro (gli altri due figli Giovanni e Agnese hanno preferito mantenere il silenzio), nel tempo si è avviato il processo per il riconoscimento della sua santità. Il card. Agostino Vallini, vicario del papa per la diocesi di Roma, in data 16 luglio 2012 nominava il dott. Nicola Giampaolo postulatore il quale il 21 settembre 2012 presentava il supplex libello per l’introduzione della causa. Così era esaudita la supplica di molti fedeli, avvalorata anche da numerose lettere raccomandatizie di vescovi e la causa veniva iscritta a ruolo diocesano e ad Aldo Moro era dato il titolo di “Servo di Dio”.

Il processo canonico si presenta quanto mai difficile perché la postulazione nell’intento di accelerare i tempi sceglie di far leva sul martirio (la tragica morte nella prigione di via Montalcini ) e anche perché è una impresa gigantesca anche la prima fase che è quella di raccogliere la documentazione sull’uomo, sul padre di famiglia, sul docente universitario e sull’uomo politico. Non parliamo poi della raccolta delle testimonianze che devono essere ad ampio spettro. La postulazione della causa di Beatificazione di Aldo Moro, coordinata dal dott. Nicola Giampaolo, si attiva  nel raccogliere  raccomandatizie di diversi vescovi diocesani e alti prelati. C’è anche la commossa testimonianza del  card. Francesco Colasuonno (Grumo Appula 2 gennaio 1925 – 31 maggio 2003) che nel pericolo si affidava all’intercessione di Aldo Moro. Tarda  ad arrivare una esplicita approvazione da parte della Conferenza Episcopale Italiana, anche se sommessamente suggerita.
Il giorno 11 luglio 2018 attraverso il sito Vatican News viene comunicata la nomina di un altro postulatore nella persona del domenicano P. Gianni Festa “quasi un fimine a ciel sereno”. A giustificare questa nomina il P. Festa ricorda che il giovane Aldo Moro durante i suoi studi di giurisprudenza all’Università di Bari aveva dato il proprio nome al terz’ordine domenicano secolare. Questa iniziativa ha ulteriormente ostacolato il già difficile iter processuale della causa in quanto ci si si trovava dinanzi a due iniziative concorrenti.

Si giustifica in qualche modo l’help  doloroso lanciato dall’on. Maria Fida Moro con la sua lettera del 6 maggio 2019 indirizzata a papa Francesco così presentata dalla stampa:         aldo-fida-moro-beatificazione-1
"Santità, la prego dal profondo del cuore di interrompere il processo di beatificazione di mio padre Aldo Moro  sempre che non sia invece possibile riportarlo nei binari giuridici  delle norme ecclesiastiche. Perché è contro la verità e la dignità   della persona che tale processo sia stato trasformato, da estranei  alla vicenda, in una specie di guerra tra bande per appropriarsi della beatificazione stessa strumentalizzandola a proprio favore". Lo   afferma Maria Fida Moro, figlia primogenita di Aldo Moro, in una   lettera-appello al Papa.

  "A me risulta che il postulatore legittimo sia Nicola Giampaolo al quale ho consegnato due denunce, che sono state protocollate ed inserite nella documentazione della causa nonché inoltrate per via  gerarchica a chi di dovere. Ma non ho avuto alcuna risposta e sono passati anni", continua.        "Nell'ambito dello stesso processo - sottolinea - ci sono delle infiltrazioni anomale e ributtanti da parte di persone alle quali non interessa altro che il proprio tornaconto e per questo motivo intendono fare propria e gestire la beatificazione per ambizione di potere. Poi è spuntato un ulteriore postulatore non si sa a quale titolo".
 
"Vorrei proprio che la Chiesa facesse chiarezza nella forma e  nel merito", continua. "Mio padre è stato tradito, rapito, tenuto prigioniero  ed ucciso sotto tortura. Dal 9 maggio di 41 anni fa è cominciato il 'business' della morte e lo sciacallaggio continuativo per sfruttare il suo nome a fini indebiti - prosegue Maria Fida Moro - Mi viene in   mente la scena, narrata nei Vangeli, dei soldati romani che si   giocavano a dadi, ai piedi della Croce, il possesso della tunica di   Gesù tessuta in un solo pezzo. I soldati erano, in qualche misura,   inconsapevoli di quanto stavano facendo invece costoro sanno di   compiere un'azione abbietta e lo fanno ugualmente in piena coscienza".    
 
   "Il mio nome significa fede e sono assolutamente certa della Comunione  dei Santi e della vita eterna - prosegue la figlia di Aldo Moro - E so  che mio padre è in salvo per sempre nella perfetta letizia   dell'eternità e nessuna bruttura può ferirlo. Ma preferire mille volte  che non fosse proclamato Santo - tanto lo è - se questo deve essere il  prezzo: una viscida guerra fatta falsamente in nome della verità".       
 "Paolo VI descriveva mio padre così: uomo 'buono, mite, giusto,   innocente ed amico' - sottolinea Maria Fida Moro rivolgendosi al   pontefice - Regali, se può, a mio figlio Luca ed a me una giornata di   pace in mezzo alla straordinaria amarezza di una non vita. Che il   Signore la benedica. Mio padre, dal luogo luminoso in cui si trova   ora, saprà come ringraziarla. Sono mortificata di aver dovuto  disturbare lei". Allo stato attuale della causa la competenza è dell’Ufficio delle Cause dei Santi presso il Tribunale del Vicariato della diocesi di Roma.

Notizia dell’ultima ora è  quella che in data 7 maggio 2019 il P. Gianni Festa o.p., ha rassegnato le dimissioni dal suo incarico di postulatore “per motivi personali”, anche se il gossip giornalistico ipotizza oscure minacce nei suoi confronti.
Alla fine si auspica che da parte del competente ufficio delle Cause dei Santi presso il Vicariato di Roma  ci sia una parola chiara che metta ordine in una vicenda dolorosa che rende ancor più pesante la terra che ricopre le spoglie di un cristiano esemplare, “uomo buono, mite, giusto, innocente ed amico” E ancora, vista la difficoltà della causa di beatificazione che è tanto complessa, ci si augura che ci sia franco dialogo e concreta collaborazione tra tutti quelli che sono amici e devoti del Servo di Dio Aldo Moro, laico, padre di famiglia, terziario domenicano, docente universitario e uomo politico di specchiate virtù cristiane ormai sulla strada del riconoscimento della sua esemplare santità. 

 

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