Il miracolo della pietra e del pesce nel Castello di Rutigliano (1342)
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- Pubblicato Sabato, 23 Febbraio 2019 11:31
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di Vito Castiglione Minischetti*
Fra i numerosi miracoli di san Nicola, vanno ricordati anche due episodi delle leggende nicolaiane legati al feudo rutiglianese che risalgono al 1342. Le leggende, si sa, hanno la loro logica interna, e la consultazione della più vasta raccolta dei miracoli e delle leggende di san Nicola redatta dal P. Antonio Beatillo, gesuita barese vissuto tra il '500 e il '600, mostra come la condizione secolare (1304-1806) di assoggettamento del castello di Rutigliano alla Reale Basilica Palatina di San Nicola dovesse essere giustificata e garantita dall’intervento diretto del santo.
L'opera del Beatillo (Historia della vita, miracoli, traslatione e gloria dell'illustrissimo confessore di Christo S. Nicolò..., Napoli, 1620) è un'opera che ebbe immensa fortuna in Italia e in Europa. Moltissime le edizioni e numerose le traduzioni, in cui furono narrati la vita del santo, i miracoli da lui compiuti, la storia della basilica di S. Nicola di Bari, oltre alla trascrizione di documenti dell’archivio della basilica stessa che Beatillo utilizzò largamente per la redazione delle pie leggende legate al nome di san Nicolò di Myra e di Bari.
La storia del miracolo della pietra e del pesce sarebbe tratta da «Scritture antiche, & antichi manoscritti della Chiesa di San Nicolò di Bari», oggi dispersi.
Il testo, qui di seguito riportato, è stato trascritto dalla prima edizione del 1620:
«Castiga San Nicolò alcuni offensori de’ Preti, e delle Giurisditioni della sua Chiesa di Bari. Cap. XIX»
[...] Pochi anni appresso, cioè nel mille trecento quaranta due, sotto il Sommo Pontificato di Benedetto duodecimo, regnando nel nostro Regno il medesimo Rè Ruberto, stavano lavorando alcuni muratori nel Castello di Rutigliano, Baronaggio della Real Chiesa di San Nicolò di Bari. Disse dunque un sabbato la sera il Capomastro a’ compagni: Horsù, fratelli, lavoriamo allegramente per amor di San Nicolò un poco più dell’ordinario, perche domani, per esser festa, ci potremo riposare à bastanza. Udite queste parole da uno di essi, persona poco divota, rispose incontanente in tal modo: E perche voglio macerarmi tanto io per amor di San Nicolò? Verrà forse egli questa sera à portarmi qualche buon pesce? Il Santo stà in Bari con li suoi Preti, che si godono l’entrate di quella Chiesa, e si mangiano i pesci, quando gli vogliono: essi vengano à fatigare, che stanno grassi di beni ecclesiastici, e non io, che sono un pover’huomo, e non voglio lavorare più di quel che mi tocca. O giuditij imperscrutabili dell'Eterno Dio. A pena finì quel tale la murmuratione, che cadendo dalla sommità della torre del Castello una piccola pietra (chianca la domandano in Puglia) lo percosse leggiermente nella fronte; ma li cagionò tal paura, che lo fè cascare, quasi morto, per terra. Corrono i compagni; cercano con diligenza la pietra, per vedere donde fosse cascata; e la trovano finalmente aperta per mezzo in due parti con la figura di un pesce nel di dentro, tutto fatto di pietra, che mandava odor grandissimo, come di pesce allora, allora fritto nella padella. Chi non si fosse avveduto del manifesto miracolo? Ciascheduno confessò, che quella pietra l’havea fatto cadere il Santo in castigo di colui, che murmurava de’ suoi Preti. Nè s’ingannarono; perche la effigie di quel pesce di pietra, che vi trovarono dentro, e l’odore, che spargea, manifestavano à tutti, essere stato quel caso miracoloso. Trà tanto rivenne il ferito, e vista la figura del pesce dentro di quella chianca, cominciò à piangere, & à percuotersi il petto, per lo peccato commesso in mormorar de’ Preti della Chiesa di Bari. Sparsesi la nuova di ciò non solo per tutto il castello di Rutigliano: ma di più ancora per i luoghi vicini, & arrivò fino à Bari, e per ogni luogo stupivano le genti di tal successo, e ne lodavano la gran potenza di San Nicolò. Passati poi trè giorni conferissi là il Vicario del Signor Priore con alquanti Canonici della sua Chiesa, e trasferirono à Bari la pietra così à punto, come stava con l’odore, e figura del pesce. All’ingresso della città si pose il clero di San Nicolò in processione, e cantando le letanie se ne andavano alla lor chiesa con grandissima comitiva di popolo; quando per la strada se gli fè incontro un contadino da Modugno, il quale vedendo, che con tanta pompa, e con cantici spirituali portavano i Preti non altro, che una pietra in processione, non sapendo la causa di ciò, cominciò ancor’esso à murmurare dei medesimi Chierici, e dire: Ben si afferma per tutto, che i Preti di San Nicolò hanno poco da fare; Ecco che son diventati fanciulli, e van cantando per la città con empir l'aria di gridi, senza portar altro, che una piccola pietra in mano. Nè finì la murmuratione, quando ne gli venne sopra il castigo, sendo, che in quel medesimo luogo diventò miracolosamente il meschino muto, e cieco. Del che avvistosi un suo compagno, lo menò con istupore di quanti havean veduto il miracolo, in una casa, & ivi lo distese in letto per farlo visitare da medici. Et ecco che in istendersi quel poverino fù sopra giunto da una febre horribilissima, che gran molestia gli cagionava. Da questi trè mali di mutolezza, cecità, e febre mosso il contadino, & illuminato nella mente si accorse, che del tutto era stato cagione quel ridersi della processione accennata, onde pentitosi da vero col cuore, fece trà se stesso voto al Signore, & al suo servo San Nicolò, se guariva, di palesare in publico, essere stata la sua sciocchezza causa di si gravi castighi. Fatto il voto, ricuperò la lingua, aprì gli occhi, restò sano della febre; & in adempimento della promessa, palesò lì à tutti la cagione di quelche gli era avvenuto. Perloche può ciascheduno pensarsi, con quanto maggiore allegrezza finì l'incominciata processione di quello, che principiò, per essersi degnato il Santo medesimo honorarla con tanti nuovi, e segnalati miracoli. »
BEATILLO Antonio, Historia della vita, miracoli, traslatione e gloria dell'illustrissimo confessore di Christo S. Nicolò, arciuescouo di Mira, e patrono della città di Bari / Composta dal M.R.P. Antonio Beatillo barese. theologo della Compagnia di Giesu. - In Napoli : nella stamperia de gli heredi di Tarquinio Longo, 1620. - [12], 982, [38] p. ; in-4°. [Libro Nono, Cap. XIX, pp. 751-752].
*Ex Conservatore della Bibliothèque nationale de France
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Le immagini del libro sono tratte da:
https://books.google.it/books?id=sw4_t0ZCRFcC&pg=PA677&lpg=PA677&dq=antonio+beatillo+barese+san+nicol%C3%B2&source=bl&ots=25F_ugXgVy&sig=ACfU3U3MWMVBbQRlyGk9ct49i4HaeA0moA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiV2Jr60dHgAhU55uAKHZMhD_YQ6AEwA3oECAcQAQ#v=onepage&q=antonio%20beatillo%20barese%20san%20nicol%C3%B2&f=false