L’impegno dei laici nella societa’, l'appello di Don Luigi Sturzo
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- Pubblicato Mercoledì, 16 Gennaio 2019 17:41
- Scritto da sac. Pasquale Pirulli
19 gennaio 1919
Don Luigi Sturzo e il suo appello per
l’impegno dei laici nella societa’ e nella politica
sac. Pasquale Pirulli
Dopo la pubblicazione dell’enciclica “Rerum Novarum” del papa Leone XIII nel 1891, riprende subito slancio l’attenzione dei laici nei confronti della problematica sociale e politica, sconvolta dagli eventi del Risorgimento e bloccata dal sospetto nei confronti di un regime contrario alla presenza della Chiesa in campo sociale. Nella forma iniziale l’Azione Cattolica avviata da Mario Fani e Giovanni Acquaderni nel 1867 si organizza in forma definitiva nel 1904 e poi nel 1908 Maria Cristina Giustiniani e Adelaide Coari fondano l’Unione delle Donne Cattoliche Italiane. A promuovere l’associazionismo cattolico si impegna l’economista Giuseppe Toniolo. Guido Miglioli promuove o sindacati cattolici e li organizza nelle Leghe bianche. In Lombardia il beato Giuseppe Tovini avvia la fondazione degli istituti di credito fondando la banca San Paolo a Brescia (1888) e il Banco Ambrosiano a Milano (1896). All’indomani della fine della Prima Guerra Mondiale nel 1918 Giovanni Battista Valente, Giovanni Gronchi e Achille Grandi fondano il primo sindacato cristiano “CIL” (Confederazione italiana dei lavoratori).
Nello spirito battagliero dell’Opera dei Congressi alcuni laici avvertono la necessità di un impegno politico e così dopo una veglia di preghiera nella chiesa di San Claudio a Roma affidano al sacerdote D. Luigi Sturzo il compito di stilare il manifesto della propria entrata in campo.
Chi è D. Luigi Sturzo? Egli nasce il 26 novembre 1871 a Caltagirone. Il fratello maggiore Mario sarà poi vescovo di Piazza Armerina. Egli studia nei seminari di Acireale, Noto e Caltagirone e viene ordinato sacerdote il 19 maggio 1894. Subito va a Roma e presso la Pontificia Università Gregoriana nel 1898 si laurea in filosofia e teologia. Avvicina Giuseppe Toniolo e Romolo Murri interessandosi alle problematiche sociali. Nell’anno 1895 nella parrocchia di S. Giorgio a Caltagirone avvia il comitato parrocchiale che promuove società operaie ed agricole e cooperative di lavoro e casse rurali. Spirito battagliero nel 1897 fonda il giornale “La Croce di Costantino” sulle cui pagine discute i problemi atavici del meridionalismo isolano: le condizioni di miseria delle campagne siciliane, la crisi dell’artigianato, la diffusione del latifondo e lo sfruttamento dei contadini da parte dei Gabellotti. Egli è convinto che in agricoltura bisogna promuovere la media proprietà. La sua azione trova ostacoli da parte della classe politica dominante, incomprensione da parte di alcuni cattolici e quando si scontra con i gabellotti di Palagonia è citato in tribunale.
Egli si dice convinto che la “buona politica” deve incominciare dal comune-municipio: “L’azione municipale e provinciale racchiude in sé molti problemi di interesse generale e determina una notevole influenza di partito sulla vita pubblica e sociale”. Si tratta di operare prima nel campo amministrativo e poi scendere sul terreno politico. Espone il suo programma in una lettera a Filippo Meda: “Se noi non ci stacchiamo dai liberali moderati, dai conservatori in quanto tali non arriveremo mai ad avere altra personalità che quella sola dei clericali, come ci chiamano, buoni a protestare ed a lamentarci a parole, e poi nei fatti ad aiutare gli stessi liberali con le alleanze nella vita amministrativa e con l’appoggio segreto, ipocrita, anche di clerici, nelle elezioni politiche. .. I cattolici devono entrare nell’associazione dei Comuni d’Italia e farsi portatori di un programma radicale sul piano amministrativo”. Il programma da lui elaborato viene pubblicato sulla rivista <<La Cultura Sociale>>, diretta da Romolo Murri. Nel 1905 D. Luigi Sturzo viene eletto presidente dell’Associazione dei Comuni d’Italia e anche Prosindaco di Caltagirone. Prospetta la fondazione di un partito municipale cristiano che sia “libero ed indipendente da qualsiasi interesse personale, da qualsiasi combinazione particolare, da ogni vincolo partigiano”. A livello nazionale propone nel suo discorso dal titolo “I Problemi della Vita Nazionale dei Cattolici” del dicembre 1905 tenuto a Caltagirone la fondazione di un “partito aconfessionale e svincolato dall’autorità ecclesiastica, fondato sul metodo della libertà ed a carattere popolare, al quale si dovrebbero aggregare le grandi masse degli esclusi dalle scelte politiche ed economiche dello stato liberale”. A livello nazionale, collaborando al quotidiano «Il Sole di Mezzogiorno», D. Luigi Sturzo propone il suo meridionalismo che è “essenzialmente anti protezionistico, antigiolittiano e regionalistico”. Si dichiara favorevole all’intervento dell’Italia nel primo conflitto mondiale perché si aspetta la giustizia nei confronti della classe dei contadini e uno sbocco migratorio alla eccedenza di manodopera rurale. Nel periodo del dopoguerra collabora con il ministro delle finanze Filippo Meda e con altri ministri e matura la sua coscienza politico-sociale.
Il 18 gennaio 1919 fonda il Partito Popolare Italiano redigendo il suo programma con l’«Appello a tutti gli uomini liberi e forti» del giorno dopo. Ecco l’incipit dello storico documento: “A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà”. Sono i laici cattolici che si devono far carico di operare per la pace e la giustizia sociale: “E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel Vincolo solenne della «Società delle Nazioni»".
La categoria “popolare” interviene a delineare una «buona politica» a favore della famiglia, delle diverse classi sociali, dei comuni e delle persone: “Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private”. Proprio dalla personalismo tradotto in politica scaturisce l’impegno di assicurare la libertà a tutti: “Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nova Società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie : libertà religiosa, non solo agli individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà di insegnamento; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche”.
Chiaramente espone la radice e l’identità del partito popolare che si riconosce nel cristianesimo e nella sua dimensione storico-politico-sociale: “Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, ispirandoci ai saldi principi del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell’organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici”. Egli rivolge il suo appello a tutti gli coloro che sapranno coniugare il nazionalismo patriottico con “un sano internazionalismo”. “A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell’amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degli interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo”.
L’estensore di questo storico Appello dinanzi alla dittatura fascista nel 1924 esprimerà la sua opposizione e andrà in volontario esilio prima a Londra e poi negli Stati Uniti. Sarà anche critico nei confronti della soluzione dell’annosa Questione Romana sancita con la firma dei Patti Lateranensi e della Conciliazione l’11 febbraio 1929. Nel 1946 farà ritorno in Italia e continuerà a impegnarsi da sacerdote nell’attività politica dichiarando sempre: “Sono un sacerdote non un politico”. Il presidente della Repubblica Luigi Einaudi nel 1952 lo nomina senatore a vita. Egli si ritira a viver ospite del convento delle suore canossiane a Roma . Chiude la sua laboriosa giornata terrena l’8agosto 1959.
Nel 1981 il papa Giovanni Paolo II ai vescovi siciliani in visita ad limina ne ha proposto “la vita, l’insegnamento e l’esempio… nella pinea fedeltà al suo carisma sacerdotale”. Nell’anno 2017 si è conclusa la fase diocesana del processo per la sua beatificazione. Non c’è che dire l’Appello di D. Luigi Sturzo a distanza di 100 anni non ha perduto la sua carica rivoluzionaria per tutti coloro che si vogliono impegnare da laici nella politica che rimane pur sempre “alta espressione di grande carità”.
Foto di Don Luigi Sturzo tratta da artspecialday.com