Famiglia, cibo e tradizioni in “I mangiatori di patate” di Vincent Van Gogh
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- Pubblicato Giovedì, 13 Settembre 2018 11:08
- Scritto da Teresa Gallone
Convivio fra Arte e Cibo a Palazzo Settanni
di Teresa Gallone
È il calore familiare a far da padrone a Palazzo Settanni in occasione del terzo appuntamento con il “Convivio fra Arte e Cibo”, tenutosi il 2 settembre scorso.
Narratrice d’eccezione per la prima parte della serata, Marilena Pirulli conduce i partecipanti in un percorso alla scoperta del lato più domestico del Palazzo, dimora a tutti gli effetti della storica famiglia Settanni.
Appositamente scelto per la sua originaria funzione di raccordo e di svago, è il salottino ad accogliere i visitatori, unico ad aver conservato gli arredi originari, sicuramente sede di momenti di intimità e tenerezza fra i membri della famiglia Settanni. Tra loro, sono le famose sorelle, ultime eredi della famiglia, le più note alla comunità.
Prematuramente private dell’unico fratello caduto nella Grande Guerra, con una fortuna economica consistente da gestire, pare abbiano consapevolmente scelto di amministrare i propri affari in modo riservato, a tal punto da assistere privatamente alle funzioni religiose in una cappella privata passando per un’uscita secondaria.
Come ha svelato Marilena Pirulli, le “quattro stagioni”, così benignamente soprannominate per il loro legame, in origine furono sei. La scoperta dell’esistenza di Maria Lucia e Francesca Settanni si deve alle ricerche di Francesco Dicarlo presso l’Archivio Storico Capitolare di Rutigliano. È in questa ricreata atmosfera domestica che ben si incastra l’analisi dell’opera scelta per la serata, “I mangiatori di patate” di Vincent Van Gogh, 1885.
Parla di «romanzo famigliare» la docente Angela Santamaria, di storie di affetto intrecciate in un contesto intimo come il salottino del Palazzo in cui lo spettatore rimane sempre inevitabilmente estraneo. Cinque soggetti, due coppie e una fanciulla di spalle, tutti intenti a condividere il momento più sacro e piacevole della vita di una famiglia, il pasto. Si tratterebbe di una sorta di eucarestia laica, il rito di ringraziamento e di godimento dei frutti del proprio lavoro.
Qui si intreccia la storia personale dell’artista stesso. Come rivela l’esperto Giovanni Borracesi è al fratello Theo che Vincent Van Gogh affida sia i suoi più intimi pensieri sia le sue idee in fatto di produzione artistica. Del dipinto oggetto del Convivio, Van Gogh racconta a Theo in una lettera dell’aprile del 1885, svelandone le motivazioni alla base: «ho voluto, lavorando, far capire che […] quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Ho voluto che [questo lavoro] facesse pensare a un modo di vivere completamente diverso dal nostro [...]».
Non è dunque il Bello artistico a interessare l’autore ma la ricostruzione di un ambiente domestico faticosamente creato e gelosamente custodito.
Protagonista dell’opera e della seconda parte della serata, la patata diventa oggetto di analisi scientifica a cura della docente Anna Avelluto. Di recente arrivo sulle tavole europee (XVI secolo, circa), il tubero a noi così familiare non ha avuto vita facile, complice soprattutto la sua “umile” origine. Fu l’agronomo francese Antoine Parmentier a riconoscere le proprietà nutrizionali della patata. Fra queste ricordiamo gli amidi, le vitamine C e B6, i sali minerali, il beta carotene e le antocianine, pigmenti idrosolubili e antiossidanti presenti nelle patate a buccia rossa.
La diretta esperienza delle qualità nutrizionali e di gusto della patata è riservata all’ultima parte della serata, la degustazione in terrazza Donna Giulia.