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Palazzo Settanni. I grani antichi, la biodiversità, il futuro ecosostenibile

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Grano, re della dieta mediterranea: lo si conosce davvero?

di Teresa Gallone

Rivoluzione e tradizione, armonia ed etica, queste le parole chiave della conferenza “Grani Antichi e Biodiversità” tenutasi sabato 17 marzo scorso presso Palazzo Settanni.
Elemento fondante della dieta e della vita mediterranea in toto, il grano è il protagonista degli interventi dei relatori esperti chiamati ad approfondire temi spesso celati ai consumatori.

Dei danni dell’agricoltura industriale e dei suoi prodotti si parla poco e in modo superficiale. Il consumatore medio tende a considerare gli effetti del sistema agricolo intensivo come normale conseguenza del progresso. Troppo poco è l’impatto di concetti quali desertificazione, inquinamento delle falde acquifere, patologie legate al consumo di prodotti di agricoltura intensiva.
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Il controllo sui ritmi naturali, la quasi totale sicurezza di disponibilità di derrate agricole in ogni periodo dell’anno hanno radicato nei produttori e nei consumatori la consapevolezza di essere parte di un processo rivoluzionario, dopo secoli di asservimento alla ciclicità della natura.

A sottolineare che il progresso scientifico non porti in assoluto a un’evoluzione positiva è Vincenzo Coppa, fondatore di “Laverdevia”. Colpito dalla bellezza intatta dei territori pugliesi e lucani, ispirato dalla resistenza delle tradizioni agricole locali, spiega di aver compreso quanto la vera rivoluzione sia da ricercare nel passato con gli strumenti del futuro. Il suo progetto vuole mettere in connessione istituzioni, singoli e associazioni per una riqualificazione della pratica agricola in nome dell’etica e del rispetto delle parti, ecosistema innanzitutto.

Sulla stessa lunghezza d’onda, Chiara Cipparano e Marianna Perniola operano sul territorio in nome dell’attività etica a tutto tondo. Nuove rivoluzionarie, le fondatrici del Mulino Perniola producono e promuovono grani antichi di qualità (cinque teneri, tre duri e grani-antica-mudias-3una varietà antica di farro, il monococco), coltivati nel rispetto totale della biodiversità. Inusuale e di esempio il loro rapporto con i consumatori, informati e partecipi di ogni fase della lavorazione dei grani, resi consapevoli di ciò che in seguito andrà sulle loro tavole.

L’acquisto consapevole e l’informazione preliminare sono di fondamentale importanza per il mantenimento della salute. Se ne fanno portavoce Elvira Tarsitano, presidente dell’ABAP (Associazione Biologi Ambientalisti Pugliesi) e Domenica Romanelli, gastroenterologa nutrizionista.

Appositamente nascosta al consumatore, l’origine del grano che finisce sulle nostre tavole non sarebbe del tutto da ricercarsi nelle profondità della terra. La dottoressa Tarsitano svela la natura geneticamente modificata del cereale alla base della piramide alimentare. Una base della varietà Senatore Cappelli verrebbe irradiata con sostanze ionizzanti per rendere la spiga innaturalmente più produttiva e resistente. Si aggiungerebbe poi l’uso indiscriminato del glifosato, erbicida totale non selettivo, altamente tossico e distruttore della biodiversità.

Una manipolazione simile dei grani, data dall’aumento della richiesta e dalla necessità di grandi quantità commerciabili, ha comportato una modificazione delle proteine gliadine e glutenine all’interno del chicco. La dottoressa Romanelli pone questo cambiamento alla base delle cause delle cosiddette “malattie del millennio”. Si tratta di affezioni dell’apparato gastrointestinale, dalla celiachia alla sensibilità non celiaca al glutine sino alle più comuni difficoltà di digestione, date dal consumo non consapevole di grano ad alto contenuto di glutine.

Il sistema microbiotico intestinale va a stravolgere la sua naturale attività di protezione e produzione antigenica, incorrendo in uno stato di infiammazione non contrastabile dato dall’eccesso di glutine o dall’ingestione di prodotti spacciati per integrali.

In un contesto simile, con un sostanziale aumento di patologie e intolleranze severe, il ritorno a una produzione “tradizionale” rispettosa della biodiversità, eticamente corretta in ogni sua fase e l’informazione per un consumo più consapevole si rivelerebbero strumenti di grande efficacia per imboccare la strada verso un percorso di vera evoluzione e progresso.

 

 

 

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