Tacchi a Spillo, violenza di genere e luoghi comuni a teatro
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- Pubblicato Lunedì, 12 Marzo 2018 17:31
- Scritto da Teresa Gallone
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L'ironia, l'arma più efficace per abbattere gli stereotipi
di Teresa Gallone
Tutto esaurito per "Tacchi a Spillo", spettacolo teatrale a cura dell'associazione Cuoriconleali, in scena a Conversano l'8 e i il 9 marzo scorsi.
Guidati da Antonella Nardomarino e Dario Faggiano, gli artisti portano alla ribalta spaccati amari di vita, stemperati da riflessioni ironiche e monologhi umoristici.
Recitazione, danza e musica si uniscono per offrire al pubblico il variegato panorama sociale e culturale odierno. Donne vere e fatti veri appaiono sulla scena, in diretto dialogo con il pubblico. In un fantomatico paradiso delle donne, tante vittime si incontrano e si raccontano. Fa da contraltare la messa alla berlina dei pregiudizi e degli stereotipi, il ribaltamento umoristico dei luoghi comuni su entrambi i sessi. Completa il tutto il diretto coinvolgimento sul palco della Spillo's Band che porta in scena un mirato repertorio di pezzi, dal divertente "Però mi vuole bene" del Quartetto Cetra all'ironico “Bocca di Rosa” di Fabrizio De Andrè.
Fra i 26 artisti interpreti spiccano due giovani talenti rutiglianesi, Gianpiero Florio, tastierista della Spillo's Band e Valeria Pesce, attrice. È lei a offrirci uno spaccato diretto sui retroscena e i personaggi dello spettacolo in un breve colloquio.
Valeria, quando hai cominciato a fare teatro?
«Ho iniziato a recitare "per colpa" di mia madre. A otto anni ero una bambina timidissima. Tutto cambiò con un provino che si teneva a scuola, reclutavano per il cortometraggio "Il coraggio di Matteo" andato in onda su Telenorba. Da lì la mia vita subì una variazione di rotta, sentivo sempre più che lo strano mondo dell'attore di teatro mi apparteneva. Per quanto sembri assurdo, sul palco riesco a essere me stessa, libera dall'oppressione del mondo. Lo scricchiolio del palcoscenico è diventato la mia musica preferita».
Da quanto fai parte dell'associazione Cuoriconleali?
«Dopo il tentativo di creazione di una mia compagnia, il destino qualche anno fa mi ha fatto incontrare l'associazione che mi ha accolta subito. È una grande famiglia che ha subito creduto in me, non solo come attrice ma anche come insegnante di recitazione per bambini e ragazzi».
Fra le storie che avete portato in scena in "Tacchi a Spillo", quale ti ha colpita di più?
«Credo di parlare a nome di tutti gli attori quando dico che tutte le storie ci hanno segnato profondamente. Pensare a quanto tutte le storie portate in scena siano vere e reali è sconcertante. Ogni monologo mostra come la donna sia forte e debole allo stesso tempo, capace di mostrare il sorriso con dentro l'inferno che impazza. Il bello è sempre lo scambio reciproco fra attore e personaggio: queste donne ci hanno donato molto e noi abbiamo infuso un po' del nostro nelle loro anime».
In quale personaggio interpretato ti sei sentita più naturalmente a tuo agio?
«Credo in quasi nessuno. Fortunatamente non ho mai vissuto nessuna fra le amare situazioni in scena. Ogni donna che ho interpretato ha un vissuto forte, quasi inquietante e che ha richiesto uno studio meticoloso. Ad esempio, la ragazza araba che interpreto nel monologo "Occhi di gatto" è completamente lontana da me per ovvie differenze culturali. Se dovessi però scegliere un personaggio a me più vicino, direi la "femme fatale" perché ha molto di me: forte, determinata e testarda al punto giusto».
Di quale personaggio hai fatto fatica a indossare i panni?
«Quello del monologo "Amorevolmente", della donna succube e incline a coprire il partner violento. Ero quasi restia a credere che una donna potesse comportarsi in modo così cieco e sciocco. È stato difficile in questo caso estraniarsi da me ed entrare in una psiche segnata dalla violenza fisica e mentale. Anche solo fingere di accettare una situazione simile ha richiesto un grande lavoro. Nonostante la sintonia che a fatica ho instaurato con questo personaggio, dentro di me non si è mai spento l'istinto alla ribellione che di sicuro provano, ma non riescono a concretizzare, le tante donne che si trovano a essere "attrici" in drammi simili».
Parità di genere a teatro: nel tuo campo ci sono distinzioni fra uomo e donna? Una donna a teatro ha più difficoltà a far sentire la sua voce?
«Fortunatamente, le distinzioni del teatro shakespeariano non ci sono più. Il teatro è una vocazione che accomuna entrambi i generi. È l'unione fra fantasia e realtà a contraddistinguere l'attore, uomo o donna che sia. Credo che oggi più che mai, visto che la cultura del teatro si sta perdendo, l'attore debba studiare duramente, sacrificarsi per offrire un'emozione autentica al pubblico. La passione che il teatro dà ad attore e spettatore non ha genere».
(Materiale fotografico gentilmente concesso dallo staff)