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Trappole per i giornalisti: le fake news!

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di sac. Pasquale Pirulli
don pasquale foto
Per la 52a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali è quanto mai opportuna  la riflessione sulle FAKE NEWS proposta da papa Francesco nel suo messaggio.  Bisogna convincersi che la comunione tra gli esseri umani si realizza attraverso la comunicazione. Proprio la comunicazione è il luogo privilegiato “per esprimere la propria responsabilità nella ricerca della verità e nella costruzione del bene”.  Diventa quanto mai urgente nel ritmo convulso della nostra società, caratterizzata dalla comunicazione digitale, impegnarsi a prevenire la diffusione delle fake news e così salvaguardare  la dignità dei giornalisti  e la comunicazione della verità. 

Nei media e online le fake news sono informazioni  infondate che mirano a ingannare e a manipolare il lettore. Gli obiettivi perseguiti dagli spacciatori di fake news sono: influenzare le scelte politiche e favorire ricavi economici. Le caratteristiche delle fake news sono la loro natura mimetica (sembrano plausibili) la capziosità (riescono a catturare l’attenzione e causando  nei destinatari anche ansia disprezzo, rabbia e frustrazione. Hanno un campo preferito di diffusione che è quello del social network.  Si corre il rischio di essere travolti dalla perversa logica della disinformazione che rifiuta il dialogo, scredita gli altri, e può fomentare anche conflitti.

E’ difficile contrastare la macchina infernale delle fake news che si avvale su discorsi ingannevoli e di meccanismi raffinati di persuasione. Bisogna educare gli utenti a “leggere e valutare il contesto comunicativo, insegnando a non essere divulgatori inconsapevoli di disinformazione, ma attori del suo svelamento”. E’ necessario che ci  siano iniziative istituzionali e giuridiche impegnate a dettare le norme necessarie ad arginare il fenomeno e ben venga la collaborazione delle tech e media company che intende definire i criteri per la verifica delle identità personali che si ritrovano nel gran mare della comunicazione. 

Papa Francesco si augura che a contrastare la disinformazione si faccia ri corso anche al discernimento che aiuta a scoprire nelle fake news “la logica del serpente” cioè di Satana, il quale rimane e agisce come “padre della menzogna”.  Alla oscurità che porta alla divisione bisogna contrappore l’aletheia che è ricerca della luce e della verità per fondare bene la propria vita. Sono due gli impegni che si devono perseguire: liberazione dalla falsità e ricerca della relazione. Si impone la ricerca continua della verità perché continua è la costruzione della relazione. Un principio di verifica è questo: “Dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati: se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o  se, invece, conducono ad una riflessione consapevole e matura, al dialogo costruttivo a un’operosità proficua.”
Dopo aver affermato con decisione che “la pace è la vera notizia” da diffondere nel mondo, papa Francesco richiama l’attenzione sul fatto che a contrastare le fake new non bastano le strategie ma è necessario l’impegno delle persone che devono essere responsabili servitori della verità.

Circa la missione del giornalista egli propone questa riflessione: “Se la via d’uscita dal dilagare della disinformazione è la responsabilità, particolarmente coinvolto è chi per ufficio è tenuto ad essere responsabile nell’informare, ovvero il giornalista, custode delle notizie. Egli, nel mondo contemporaneo, non svolge solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Ha il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sulll’audience, ma le persone. Informare è formare, avere con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione di pace”.

 Il papa auspica che ci sia un “giornalismo di pace”: “… un giornalismo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e a dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come un servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento  di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale”.   

Il messaggio si conclude con quella che possiamo indicare come la preghiera francescana del giornalista cosciente della sua missione di essere servitore della verità e costruttore di pace come lo fu S. Francesco d’Assisi che si presentava come l’araldo del gran Re salutando tutti con l’espressione “Pace e bene!”:

«Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace.
Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione.
Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi.
Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle.
Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostro parole siano semi di bene per il mondo:
dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto;
dove c’è con fusione, fa’ che ispiriamo armonia;
 dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza;
dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione;
dove c’è sensazionalismo, fa’ che portiamo sobrietà;
dove c’è superficialità, fa’ che portiamo interrogativi veri;
dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia;
dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto;
dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità. Amen».

 

 

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