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Rosita Pavone, ricercatrice rutiglianese con la passione per l’ambiente e la scienza

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ricercatrici-rutigliano


di Tino Sorino

“Da bambina sognavo di fare la veterinaria, poi ho conosciuto le biotecnologie e ho iniziato a sognare di poter salvare l’ambiente, grazie ai batteri mangia petrolio, ma “diventare imprenditrice non era sicuramente tra le mie opzioni”. A dirlo è Rosita Pavone, 28 anni, laureata in “Biotecnologie Industriali ed Ambientali” presso l’Università degli Studi di Bari, oggi CEO di BioInnoTech una startup tutta al femminile che converte gli scarti del settore agroalimentare, come il siero di latte, in risorse ricavandone prodotti ad alto valore aggiunto. ricercatrici-rutigliano-1

Rosita, una ragazza come tante altre, con tante passioni, dalla musica allo sport, dalla cucina al fai-da-te, ha scelto di restare in Italia e costruire qui il proprio lavoro. La scelta non è stata di certo facile, soprattutto perché a competere erano Rutigliano, paese di nascita della giovane ricercatrice e Goteborg, città svedese dove Rosita ha vissuto per sei mesi e dove le era stato offerto di restare.

“L’esperienza svedese è stata per me fondamentale sia da un punto di vista formativo che umano”, così Rosita continua a raccontare la sua storia. “Una volta tornata a casa, però, ho deciso di cambiare quell’idea di scienza fine a sé stessa ma soprattutto ho creduto fermamente nella possibilità di creare qualcosa di innovativo e di farlo nel mio paese senza nascondermi dietro la solita frase che all’estero tutto è meglio”.

Questa idea di cambiamento si è concretizzata grazie alla determinazione che Rosita ha incontrato nelle sue due amiche e colleghe Erika (26 anni, di Valenzano) e Maria (26 anni, di Deliceto). Insieme hanno dato vita a BioInnoTech. Le giovani ricercatrici hanno deciso di applicare le loro competenze al loro territorio e hanno messo a punto un processo in grado di riqualificare il siero di latte e trasformarlo da mero scarto inquinante a risorsa ricavandone proteine con applicazioni nutraceutiche e lievito per panificazione.

L’interesse verso la startup non è mancato, ma non poche sono state le difficoltà incontrate, “essere imprenditrici andava al di fuori delle nostre competenze scientifiche e nel primo anno abbiamo imparato tantissimo” spiega Rosita, riferendosi alla necessità di doversi destreggiare in faccende che riguardano il marketing, la gestione aziendale, la finanza.
Eppure sembra che le cose stiano procedendo per il meglio. Oggi, infatti, il loro processo è ultimato e pronto per essere testato su una scala di produzione intermedia alla quale seguirà il vero e proprio impianto industriale, step per il quale le ragazze sono oggi in cerca di investitori. “Adesso sogno il nostro impianto attivo e in grado di risolvere non solo il problema del siero di latte, ma quello di tanti altri rifiuti che invece possono essere delle risorse” ….e rendere la Puglia un esempio per tutta l’Europa.  

 

 

 

 

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