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Gli auguri «diplomatici» in Vaticano sono «lezione di politica universale»

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don pasquale fotodi sac. Pasquale Pirulli

Lunedì 8 gennaio 2018 nella sala Regia papa Francesco ha ricevuto i membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede per il tradizionale scambio di auguri per il nuovo anno.

Alle parole del Decano del Corpo Diplomatico Signor Armindo Fernandes do Spirito Santo Vieria, ambasciatore dell’Angola, il papa ha risposto con una vera lezione di “diplomazia universale” così come è universale la missione della Chiesa. Dopo aver salutato  i nuovi ambasciatori della Repubblica dell’Unione del Myanmar, della Repubblica del _Sudafrica, della Repubblica del Congo e della Federazione Russa, cè stato il ricordo commosso dell’ambasciatore della Colombia Guillermo Leòn Escobar-Herràn, recentemente scomparso.

Ecco la politica della Santa Sede: “favorire il benessere spirituale e materiale della persona umana e la promozione del bene comune”. Nei numerosi viaggi apostolici in Egitto, Portogallo, Colombia, Myanmar e Bangladesh egli ha incontrato “le comunità cristiane locali, che sebbene numericamente esigue, sono apprezzate per il contributo che offrono allo sviluppo e alla convivenza civile dei rispettivi paesi dei rispettivi  paesi”. Una parola breve sugli incontri con i rappresentanti delle altre religioni  sottolineando che “le peculiarità di ciascuna non siano un ostacolo al dialogo, bensì la linfa che lo alimenta nel comune desiderio di conoscere la verità e praticare la giustizia”.

L’anno 2018 è il centenario della fine della Prima Guerra Mondiale contrastata dai papi Pio X e Benedetto XIV e papa Francesco ne ricava due insegnamenti che purtroppo non furono attesi dai popoli. Il primo: “Vincere non significa mai umiliare l’avversario sconfitto” e il secondo: “La pace si consolida quando le nazioni possono confrontarsi in un clima di parità”. Si deve alla lungimiranza politica del presidente USA Thomas Woodrow Wilson la proposta dell’Associazione Generale delle Nazioni che propose principi di umanità inderogabili per la pace universale: diritti umani e vicendevoli doveri,  la dignità di ogni persona umana, la libertà, la giustizia e la pace, così come sono riconosciuti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Proprio la ricorrenza del 70° anniversario di questo decisivo documento delle N.U, firmato il 10 dicembre 1948 suggerisce al papa di proporre alcune riflessioni. La prima commenta questi diritti fondamentali con l’antropologia cristiana ispirata dal vangelo: “…Per la Santa Sede, infatti, parlare di diritti umani significa anzitutto riproporre la centralità della dignità della persona, in quanto voluta e creata da Dio a sua immagine e somiglianza. Lo stesso Signore Gesù, guarendo il lebbroso, ridonando la vista a cieco, intrattenendosi con il pubblicano, risparmiando la vita all’adultera e invitando a curare il viandante ferito, ha fatto comprendere come ciascun essere umano, indipendentemente dalla sua condizione fisica, spirituale o sociale, sia meritevole di rispetto e considerazione. Da una prospettiva cristiana vi è dunque una significativa relazione fra il messaggio evangelico e il riconoscimento dei diritti umani, nello spirito degli estensori della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. Non bisogna dimenticare che la dottrina sociale della Chiesa parla di “sviluppo umano integrale” “poiché riguarda la promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo”. La conclusione è questa: “Una visione riduttiva della persona umana apre invece la strada alla diffusione dell’ingiustizia, dell’ineguaglianza sociale e della corruzione”.

Purtroppo i sommovimenti sociali del “Sessantotto” hanno proposto una congerie di “nuovi diritti” che hanno avviato una colonizzazione ideologica dei paesi più forti e più ricchi nei confronti di quelli più deboli e più poveri con la conseguenza che i diritti fondamentali della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo vengono violati.
Il papa alza la voce nella difesa del “Diritto alla vita, alla libertà e all’inviolabilità di ogni persona umana” e denuncia: “Non sono solo la guerra o la violenza che li ledono, nel nostro tempo ci sono forme più sottili. Penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti. Penso agli anziani, anch’essi tante volte scartati, soprattutto se malati, perché ritenuti un peso. Penso alle donne , che spesso subiscono violenze e sopraffazioni anche in seno alle proprie famiglie. Penso poi a quanti sono vittime della tratta delle persone che viola la proibizione di ogni forma di schiavitù. Quante persone, specialmente in fuga dalla povertà e dalla guerra, sono fatte oggetto di tale mercimonio perpetrato da soggetti senza scrupoli?”.   

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo si affermava “il diritto alla salute della persona e dei suoi familiari… il diritto di ciascuno ad avere le cure mediche e i servizi sociali necessari”. Il papa ne ricava un monito attuale: “… auspico che nei fori internazionali competenti ci si adoperi per favorire anzitutto un facile accesso per tutti alle cure e ai trattamenti sanitari. È importante unire gli sforzi  affinché si possano adottare politiche in grado di garantire, a prezzi accessibili, la fornitura di medicinali essenziali per la sopravvivenza delle persone indigenti, senza tralasciare la ricerca e lo sviluppo di trattamenti che, sebbene non siano economicamente rilevanti per il mercato, sono determinanti per salvare vite umane”.  

“Diritto alla vita” implica “adoperarsi attivamente per la pace, universalmente riconosciuta come uno dei valori più alti da ricercare e difendere”. Purtroppo ci sono minacce alla pace in molti paesi del mondo che mettono a rischio lo sviluppo integrale dell’uomo: “Gli sforzi collettivi della Comunità internazionale, l’azione umanitaria delle organizzazioni internazionali e le incessanti implorazioni di pace che si innalzano dalle terre insanguinate dai combattimenti sembrano essere sempre meno efficaci di fronte alla logica aberrante della guerra”.

Papa Francesco richiama la correlazione fra disarmo integrale e sviluppo integrale e condanna la proliferazione delle armi che alimenta una logica permanente  di conflitto. Egli plaude alla firma del Trattato sulle proibizione delle armi nucleari promosso dalla Conferenza delle Nazioni Unite e ricorda non solo che la Santa Sede ha firmato e ratificato quel trattato secondo l’insegnamento di San Giovanni XXIII nella sua storica enciclica “Pacem in terris” (11 aprile 1963): “Giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano la bando le armi nucleari”. Le controversie tra i  popoli non si risolvono con il ricorso alle armi, ma attraverso il negoziato e poi egli ricorda l’invito di san Giovanni Paolo II: “Riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia. … È lecito tuttavia sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanità e abbiano pure a scoprire che una fra le più profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi e tra i rispettivi popoli regno non il timore, ma l’amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice di molti beni”.   
Alla luce di questa fondamentale  riflessione sulla pace papa Francesco esamina le situazioni a rischio di diversi paesi: la Corea, la Siria, Israele e Palestina, Venezuela, Iraq, Yemen,  Afghanistan, Sud Sudan, Congo, Somalia, Niger, Repubblica Centroafricana, Ucraina.

Ecco quello che il papa dice sulla Siria martoriata dalla guerra promossa dal fantomatico califfato islamico: “Parimenti è importante che possano proseguire, in un clima propositivo di accresciuta fiducia tra le parti, le varie iniziative di pace in corso in favore della Siria, perché si possa finalmente metter fine al lungo conflitto che ha coinvolto il Paese e causato immani sofferenze. Il comune auspicio è che, dopo tanta distruzione, sia giunto il tempo di ricostruire. Ma più ancora costruire edifici, è necessario ricostruire i cuori, ritessere la tela della fiducia reciproca, premessa imprescindibile  per il rifiorire di qualunque società. Occorre dunque adoperarsi per favorire le condizioni giuridiche, politiche e di sicurezza, per una ripresa della vita sociale, dove ciascun cittadino, indipendentemente dall’appartenenza etnica e religiosa, possa partecipare allo sviluppo del Paese. In tal senso è vitale che siano tutelate le minoranze religiose, tra le quali vi sono i cristiani, che da secoli contribuiscono attivamente alla storia della Siria”.

Una parola di “diplomazia sapiente” per la intricata situazione medio-orientale la cui regione vede il confronto tra Israele e Palestina in relazione anche alla città di Gerusalemme: “Un pensiero particolare rivolto a Israeliani e Palestinesi, in seguito alle tensioni delle ultime settimane. La Santa Sede, nell’esprimere dolore per quanti hanno peso la vita nei recenti scontri, rinnova il suo pressante appello a ponderare ogni in iniziativa affinché si eviti di esacerbare le contrapposizioni, e invita ad un comune impegno a rispettare, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite, lo status quo di Gerusalemme, città sacra a cristiani, ebrei e musulmani. Settant’anni di scontri rendono quanto mai urgente trovare una soluzione politica che consenta la presenza nella Regione di due Stati indipendenti entro confini  internazionalmente riconosciuti. Pur tra le difficoltà, la volontà di dialogare e di riprender ei negoziati rimane la strada maestra per giungere finalmente ad una coesistenza pacifica dei due popoli”.

Dopo aver dedicato ben due Sinodi alle problematiche della famiglia non poteva mancare da parte del papa il richiamo alle famiglie “che risiedono nelle zone interessate dalla guerra e che hanno perso i loro cari, non di rado anziani e bambini”. Una vera politica umana non può fare a meno di interessarsi della famiglia “nucleo naturale e fondamentale della società (che) ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato” (art. 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo). Dinanzi alla crisi della famiglia che in Occidente è ritenuto un istituto superato perché si preferiscono rapporti fragili e volubili papa Francesco grida: “Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide. E la roccia è proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce l’uomo e la donna, una comunione che ha una bellezza austera e semplice, un carattere sacro e inviolabile e una funzione naturale nell’ordine sociale.”. Dopo aver denunziato il fenomeno negativo del calo della natalità il papa si sofferma sul fenomeno delle migrazioni che egli ha già trattato nel messaggio per la Giornata Mondiale della pace che ha intitolato: “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Egli ha parole di apprezzamento per quelle autorità e stati che si sono impegnati nell’accoglienza e nell’assistenza dei migranti e porta l’esempio del Bangladesh che ha accolto i profughi del popolo Rohingya.   

Nella politica di accoglienza verso i migranti che affrontano le onde del mare della morte (Mediterraneo) si è distinta l’Italia: “Desidero poi esprimere  particolare gratitudine all’Italia che in questi anni ha mostrato un cuore aperto e generoso e ha saputo offrire anche dei positivi esempi di integrazione. Il mio auspicio è che le difficoltà che il Paese ha attraversato in questi anni, le cui conseguenze permangono, non portino a chiusure e preclusioni, ma anzi ad una riscoperta di quelle radici e tradizioni che hanno nutrito la ricca storia della Nazione e che costituiscono un  inestimabile tesoro da offrire al mondo intero.”   In tal modo il papa ha messo il freno a derive populiste di alcune forze politiche che tentano ancora oggi di alzare barriere alle frontiere e di emarginare migranti e rifugiati.  Non basta richiamare i diritti ma anche ci sono dei doveri  che gli individui hanno nei confronti della comunità cui appartengono e che li ospita. “Il giusto richiamo ai diritti di ogni essere umano, deve tener conto che ciascuno è parte di un corpo più grande. Anche le nostre società, come ogni corpo umano, godono di buona salute se ciascu8n membri compie la propria opera, nella consapevolezza che essa è al servizio del bene comune”. Una ultima riflessione riguarda l’impellente dovere di prendersi cura della Terra “nostra casa comune”: “Occorre dunque affrontare, in uno sforzo congiunto, la responsabilità di lasciare alle generazioni che seguiranno una Terra più bella e vivibile, adoperandosi, alla luce degli impegni con cordati a Parigi nel 2015, per ridurre le emissioni di gas nocivi all’atmosfera e dannosi per la salute umana”. E’ un po’ la traduzione dello spirito scoutistico di Baden Powel per cui ci si impegna a lasciare il mondo migliore di quanto le si è trovato. Il papa trova uno spunto anche nello “spirito di coloro che hanno costruito le cattedrali medievali che costellano l’Europa”: “Tali imponenti edifici raccontano l’importanza della partecipazione di ciascuno ad un’opera capace di travalicare i confini del tempo. Il costruttore di cattedrali sapeva che non avrebbe visto il compimento del proprio lavoro. Nondimeno si è adoperato attivamente, comprendendo di essere parte di un progetto, di cui avrebbero goduto i suoi figli, i quali – a loro volta – lo avrebbero abbellito ed ampliato per i loro figli. Ciascun uomo e donna di questo mondo – e particolarmente chi ha responsabilità di governo – è chiamato a coltivare lo stesso spirito di servizio e di solidarietà intergenerazionale, ed essere così un segno di speranza per il nostro travagliato mondo”.

Proprio la speranza di un mondo migliore deve animare la visione e l’impegno di chi ha responsabilità politiche. Non c’è che dire! Gli auguri “diplomatici” di papa Francesco sono stati per i membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede e per tutti gli uomini di buona volontà una magistrale «lezione di politica» dalla visione universale,  che partendo dai diritti della persona umana sottolinea anche i doveri verso gli altri e verso la casa comune, per dare a tutti speranza di progresso, di sicurezza, di accoglienza, di integrazione e di pace.

 

 

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