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Al Pantheon non c’è posto per l’ultimo re d’Italia

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vittorioeman III

 
di sac. Pasquale Pirulli
don pasquale foto
In Italia ritornano i Savoia! La salma della regina Elena è ritornata da Montpellier. Il feretro del re Vittorio Emanuele III è tornato da Alessandria di Egitto, dove era deceduto nel 1952. Li accoglie ora il santuario di Vicoforte. Il primo agosto 1900 egli come principe ereditario era corso al capezzale del padre re Umberto I vittima il 29 luglio 1900 a Monza  dell’anarchico Gaetano Bresci. La salma del re era stata tumulata il 13 agosto 1900 nel Pantheon sacrario storico dell’Italia nella cappella L dove poi nell’anno 1926 sarà tumulata anche Margherita di Savoia.

Precedentemente nella cappella C nell’anno 1878 era stato sepolto Vittorio Emanuele II primo re dell’Italia unita 17 marzo 1861). L’augurio civile ed umano nei confronti dei defunti inumati è espresso nella frase  lapidaria in lingua latina: “Sit tibi pulvis levis!” (Per te sia leggera la polvere!). E c’è il ricordo dei versi di Ugo Foscolo nella terza parte del suo carme civile  “I Sepolcri” : “A egregie cose il forte animo accendono / l’urne de’ forti,  o Pindemonte; e bella / e  santa fanno al peregrin la terra / che ricetta.. “quando ricordava i sepolcri dei grandi raccolti nella basilica di S. Croce di Firenze. Per i  cristiani rimane la speranza di un giudizio vero giusto e misericordioso da parte di un Dio che nel Figlio Gesù Cristo conosce il mistero della morte e la luce della risurrezione e la preghiera dell’Eterno Riposo richiamata dalle tre lettere R.I.P. (Riposa in pace!).
  
Mi pare che «la polvere della storia» sia ben pesante nei confronti di Vittorio Emanuele III che la retorica risorgimentale ha acclamato come il “re soldato” e che il suo sepolcro non possa essere qualificato «urna di un forte» da proporre quale esempio di virtù al grato ricordo dei posteri. Non si possono  dimenticare il satirico epiteto di “re sciaboletta” a lui dato dopo la sconfitta di Caporetto,  ma più  ancora le tragedie da lui provocate o non impedite come la prima guerra mondiale con oltre 600.000 morti, la legittimazione della dittatura fascista del duce Benito Mussolini, la supina approvazione delle leggi razziste del 1938 che avviarono molti ebrei italiani ai lager nazisti di Auschwitz  Flossenburg, Mathausen, la seconda guerra mondiale. A ciò si aggiunge la fuga da Roma, insieme al maresciallo d’Italia Pietro Badoglio alle 5,10 nella notte del 9 settembre 1943 abbandonando gran parte dell’Italia alla reazione dell’occupazione tedesca. Poi la ingloriosa navigazione della corvetta Baionetta da Ortona a Brindisi, scelta come capitale di un Italia allo sbando. Lo storico Gianni Oliva  così conclude il suo saggio “I Savoia”: «…. Dopo nove secoli di regno, la vicenda dei Savoia si esaurisce così, in una fuga che ha i contorni di una rotta e nella malinconia di un re troppo piccolo costretto a regnare in un’età troppo grande!».

Dinanzi alla morte si risveglia l’umanità: “Parce sepultis!” (Perdona ai morti!) ma il giudizio della storia non si può cancellare. Ben a ragione il presidente del Senato Pietro Grasso ha giustificato il rientro delle salme reali come “atto di umanità” e il ministro dei beni culturali Dario Franceschini  ha chiuso la polemica  degli eredi Savoia circa un trasferimento futuro al Pantheon di Roma: “Le salme di Vittorio Emanuele III e della regina Elena stanno bene a Vicoforte. La questione è chiusa!”. Negli anni di studio a Roma (1955-1959) più di una volta nella ricorrenza del 2 novembre ho partecipato alle messe funebri guidate impeccabilmente da Mons. Capoferri, il cerimoniere di papa Giovanni XXIII (1958-1963), mi soffermavo dinanzi alle tombe di Raffaello Sanzio e poi anche a quelle degli altri illustri defunti. Avrei qualche difficoltà a sostare dinanzi alla tomba di un re che ha amato se stesso e non il suo popolo e sul quale il giudizio della storia è pesante come un macigno.


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