Inaugurata la mostra, occupiamoci dell'archeologia
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- Pubblicato Lunedì, 30 Gennaio 2017 09:50
- Scritto da La redazione
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di Gianni Nicastro
La mostra è stata inaugurata, il museo ha aperto le sue porte al pubblico. Tranne il lunedì, in tutti gli altri giorni della settimana, dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 18:00 alle 20:00, sarà possibile visitare “Restituzioni-Collezioni private riconsegnate ai rutiglianesi”. Una mostra basata sulle collezioni di quattro famiglie di Rutigliano, Pippo Catamo, Giuseppe Colamussi, Nicola Didonna e Saverio Dioguardi.
Si tratta di circa duecento reperti tra anfore, crateri a figure rosse, antefisse, statuine e oggetti in ferro come fibule e orecchini, databili dal V al IV secolo a. C. Reperti che vengono dalle aree archeologiche di Azetium (contrada Castiello), Purgatorio (Bigetti) e Britto (lama San Giorgio). Le sole quattro collezioni hanno riempito l’intero primo piano del museo e questo, forse, è il problema di quella struttura, certamente interessante e posizionata nella città come meglio non si poteva. Il poco spazio a disposizione potrebbe rappresentare, appunto, un problema nel caso di un ritorno in “patria” dell’enorme numero di reperti che sono soprattutto a Taranto, ma anche a Gioia del Colle. Si parla di decine di migliaia di pezzi, parte dei quali di grande, inestimabile, valore archeologico.
Lunedì scorso, quindi, si è svolta l’inaugurazione alla presenza di importanti e qualificati relatori. C’era il direttore della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Bari Luigi Larocca, il direttore del Polo Museale della Puglia Fabrizio Vona, il delegato dell’assessore regionale Loredana Capone (che non ha potuto partecipare) Antonio Lombardo, il direttore scientifico della stessa mostra Elena Saponaro.
A presentare e a porre domande introduttive a tutti gli ospiti è stata Viriana Redavid della Pro Loco. Ha fatto gli onori di casa il sindaco, c’era anche l’on. Nuccio Altieri. La piccola saletta antistante la mostra era gremita di pubblico, in gran parte addetti ai lavori ed esponenti delle quattro famiglie donatrici. Il pubblico visitatore non c’era e, forse, è meglio come è andata: l’esiguità dello spazio a disposizione avrebbe tenuto, nell’eventualità, molta gente fuori dalla sala.
La cronaca, puntuale, dell’evento l’ha fatta Teresa Gallone sul portale web di Rutiglianoonline. Qui ci concentriamo su alcuni, interessantissimi, input venuti dal soprintendente Larocca in modo particolare, ma anche da Vona e Lombardo.
Il museo è un momento importante, mette a disposizione del pubblico l’enorme patrimonio di reperti, carichi di storia e identità culturale del territorio e della sua comunità, scavato a Rutigliano dagli anni settanta agli anni ottanta. Ma c’è un altro ambito che aspetta, e merita, l’attenzione di tutti: i luoghi dell’archeologia, luoghi sui quali da anni vige il vincolo archeologico diretto.
La necropoli di contrada Purgatorio, che ha restituito, grazie alla passione e alla tenacia di Pippo Catamo, figura centrale dell’archeologia di Rutigliano non ancora adeguatamente -oseremmo dire degnamente- valorizzata, importanti e preziosi corredi funerari e la probabile città che quella contrada cela ai nostri occhi. L’area di Castiello, a ridosso di lama Giotta, che ospita una delle più antiche città della Peucetia cinta da grandi mura, visibili ancorché attaccate dal degrado del tempo, dalle pratiche agricole invasive e dallo scempio dei rifiuti, fattori che la stanno consumando, distruggendo, anno dopo anno. Per non parlare dei “villaggi iapigi” di contrada Casiglia, Tomegna, Madonna delle Grazie e del “promontorio dell’Annunziata”, dove sono stati ritrovati “reperti, uniti a frammenti di intonaco, pertinenti all’alzato di capanne”, si legge nelle schede relative alle zone archeologiche presenti nel “PRG variante PUTT” del comune di Rutigliano. E ancora, Madonna delle Grazie-San Lorenzo e Torre delle Monache con i loro ritrovamenti neolitici e altre contrade come Petruso, Cipierno, Pappalepore, le Rene e luoghi come Parco San Nicola e San Martino.
Insomma, un patrimonio di siti archeologici caratterizzati da insediamenti abitativi veri e propri e da piccole testimonianze di vita che avrebbe bisogno di essere esplorato, tutelato e valorizzato magari con l’istituzione -in prospettiva- di un articolato parco archeologico. Cosa sia un parco archeologico, ce lo spiega il Codice dei beni culturali (D. Lgs. n. 42/2004) all’art. 101: “e) ‘parco archeologico’, un ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, attrezzato come museo all’aperto”. Definizione che calza perfettamente con gran parte dei siti che Rutigliano ha la fortuna di avere.
Dal Museo Civico Archeologico “Grazia e Pietro Didonna”, luogo ben definito e chiuso, dunque, al “museo all’aperto” di un parco archeologico che comprenda almeno i siti più importanti come Azetium e Purgatorio. E’ utopia? E’ fantascienza considerando le capacità economiche -e non solo quelle- a disposizione dell’amministrazione comunale?
Certo, potrebbe rimane utopia e fantascienza se non si comincia a discutere sin da ora (avremmo dovuto farlo da sempre...), se non si comincia a ragionare su cose serie come l’acquisizione al pubblico delle aree sulle quali risiede il patrimonio archeologico di cui parliamo. Perché il problema principale è proprio questo, come lo stesso soprintendente Larocca ha detto tre anni fa a Rutiglianoonline rispondendo al giornalista che gli chiedeva se, oltre all’apertura del museo, fosse importante anche puntare alla valorizzazione dei luoghi dell’archeologia trasformandoli in parchi archeologici.
«Sarebbe possibile ipotizzarlo se noi enti pubblici avessimo la disponibilità di questi luoghi anche molto estesi -ha argomentato il soprintendente- in cui sappiamo ricadere la città antica e molto presumibilmente anche resti che dovrebbero essere tirati fuori in seguito a scavi archeologici sistematici». «Questa -ha aggiunto- è una delle difficoltà di realizzazione dei parchi archeologici in situazioni urbanistiche architettoniche molto diffuse come erano quelle delle comunità peucete e che, purtroppo, ricadono su aree piuttosto estese in gran parte private».
Infine il soprintendente ci ha detto una cosa molto interessante: «L’amministrazione ha espropriato in passato alcuni terreni all’interno di Azetium, vediamo se su quelli si può ragionare per organizzare qualcosa del genere». Cose dette da Luigi Larocca in una videointervista pubblicata su Rutiglianoonline il 6 febbraio 2014, sulle quali è tornato -in qualche modo- lunedì scorso nel suo intervento all’inaugurazione della mostra “Restituzioni”. «Non ci dimentichiamo il patrimonio archeologico vero, reale, che ancora a Rutigliano esiste e del quale insieme dovremo occuparci, oltre che pensare agli allestimenti museali» ha detto il 23 gennaio scorso. «La Soprintendenza -ha aggiunto- in passato ha fatto molti sforzi anche economici non solo per effettuare campagne di scavo, di restauro importanti, ma anche, soprattutto, nell’acquisizione dei terreni a fondo Castiello che dovevano costituire i prodromi per la realizzazione di un parco archeologico. Spero sia ancora in piedi questa idea».
Dunque, in passato sia il comune che la soprintendenza dovrebbero aver acquisito delle aree in contrada Castiello, aree che potrebbero rappresentare un primo nucleo intorno al quale ipotizzare l’istituzione di un parco archeologico. L’area di Azetium si presta molto bene ad una simile operazione anche per la presenza della Muraglia che si dice sia lunga tre chilometri, in alcuni tratti di grandi dimensioni e ben conservata. Ma la condizione imprescindibile è la proprietà pubblica delle aree che le mette immediatamente nelle disponibilità del comune e della soprintendenza.
Sappiamo che negli anni ottanta il comune di Rutigliano, in collaborazione con la stessa soprintendenza, ha pianificato una campagna di espropri nell’area archeologica di Castiello, espropri che, ci risulta, non sono mai stati portati a termine, forse non solo per questioni di bilancio.
Da risorsa culturale a risorsa economica, dunque. Ma questo dipende dalla capacità di valorizzare il grande patrimonio archeologico presente sul nostro territorio, a partire dal museo -o dai musei, come si è detto quella sera- fino ad arrivare alla necropoli di contrada Purgatorio con la sua millenaria chiesa dedicata a Sant’Apollinare e all’antica città di Azetium, seguendo un percorso storico lungo 2500 anni e oltre. Un passaggio capace di sviluppare l’indotto di cui ha parlato Antonio Lombardo all’inaugurazione dell’altro giorno, capace di stimolare la nascita di attività legate al turismo culturale con importanti e qualificate ricadute sull’occupazione.
Di fronte a queste potenzialità è necessario uno sforzo di progettazione che punti ad intercettare ogni tipo di finanziamento come ha fatto, ad esempio, il comune di Conversano in relazione al suo museo e all’area archeologica di Torre Castiglione. La Citta Metropolitana di Bari, infatti, gli ha finanziato un progetto per 1,4 milioni di euro. «La maggior parte di questo finanziamento (1,2 milioni di euro, n. d. r.) servirà per il castello e il museo archeologico, 200mila euro serviranno a rendere fruibile al pubblico l’area archeologica di Torre Castiglione così da integrarla nel progetto museale avendo noi un museo archeologico», ci ha detto l’altro ieri Giuseppe Lovascio, sindaco di Conversano. Il progetto che metterà in comunicazione una importante area archeologica al museo archeologico si chiama “Allestimento polimuseale ‘Mus & co’ presso il Castello aragonese e le aree archeologiche”, l’ex provincia a Conversano lo ha già finanziato nell’ambito del “Patto per la Città Metropolitana di Bari - Progetto Terra di Bari Guest Card” finalizzato alla “messa in rete e valorizzazione dei beni culturali e degli attrattori culturali metropolitani”.
Nell’ambito dello stesso strumento finanziario, anche il comune di Rutigliano ha presentato un progetto che, però, non riguarda il museo o le aree archeologiche, riguarda il solito “Museo del Fischietto e sistemazione aree limitrofe” intercettando solo 230mila euro. Con tutto il patrimonio archeologico che abbiamo -il più importante della Puglia centrale-, con le tante aree archeologiche che aspettano di evolversi in parchi archeologici, la priorità dell’amministrazione Romagno è il museo del fischietto, già destinatario di finanziamenti, già egregiamente ristrutturato e in funzione da diversi anni, mentre Conversano mette in campo una proposta che parte dal museo archeologico e arriva all’area archeologica di Torre Castiglione offrendo, a visitatori e turisti, un interessante e ampio pacchetto culturale.
Questo è il problema, atavico, di Rutigliano: non aver mai avuto una classe dirigente all’altezza del suo immenso patrimonio culturale (archeologico, storico e architettonico). Un deficit che, di fronte al patrimonio di reperti archeologici inediti, mai visti, inscatolati nei depositi della soprintendenza a Taranto, ha portato l’amministrazione a riproporre collezioni già esposte in una mostra dieci anni fa, come si legge in un articolo de “la Repubblica” pubblicato il 10 gennaio 2006 dal titolo “I mecenati della Puglia mai visti”. "Dalle collezioni al museo. Le donazioni Catamo, Colamussi, Didonna, Dioguardi’ è il titolo della mostra che si inaugura oggi al museo civico ‘Didonna’ di Rutigliano”, si legge in quell’articolo. “Duecento preziosi reperti archeologici -continua “la Repubblica”- risalenti al periodo fra il VII secolo a. C e il VI secolo d.C., appartenuti a quattro personaggi di rilievo nel panorama culturale e imprenditoriale di Rutigliano e della Puglia, sono stati donati al museo e vengono esposti tutti insieme per la prima volta”.
Quindi, il 23 gennaio scorso è stata la seconda volta di quelle collezioni in mostra (collezioni che, importanti e preziose, ovviamente non c’entrano nulla con qualsiasi tipo di polemica).
Le foto storiche sono state gentilmente
date da Maria Antonietta Catamo e Franco Valenzano